L’artista orvietano Maurizio Rosella presenta il suo “circus” dove realtà e anarchia si intrecciano

Tanto affascinante quanto misterioso, il circo ha da sempre costituito una dimensione in cui realtà e anarchia si intrecciano in un filo sottilissimo, quasi invisibile, non dissimile da quello sul quale gli equilibristi compiono le loro acrobazie. È incredibile pensare come un piccolo spazio, delimitato da tende triangolari e dal colore sgargiante, possa nascondere al suo interno un mondo completamente a sé stante, in grado di suscitare quella sensazione di euforico stordimento che ci scombussola e ci lascia appagati, sognanti, meravigliati.

È proprio questa la sensazione che l’artista Maurizio Rosella ripropone nella sua collezione Circus, allestita nella chiesa di San Giacomo nella monumentale piazza del Duomo, ad Orvieto. Oltrepassando la soglia della chiesa, l’occhio è attratto da teli di plastica trasparente che, grazie ai fasci di luce, contribuiscono a rendere l’atmosfera fumosa delle luci da palco. A seguire, quadri di grandi dimensioni in bianco e nero, posti su cavalletti, ci accompagnano verso l’altare dove, alzando lo sguardo, erge il busto imponente di un’antica statua colossale e dalle tinte rosso fuoco che, tuttavia, sembra quasi potersi librare in aria, con una leggerezza tipica di una ballerina (1). Al circo, infatti, la realtà lascia il posto alla fantasia ed è in base a questa consapevolezza che l’artista, in Futura (2), dipinge il mondo secondo i propri desideri, offrendo alla sua nipotina, nata da poco, una manciata di colori affinché anche lei possa fare lo stesso.

Molto diversa è invece l’atmosfera onirica nell’opera Nocturn (3), nella quale regna l’ambiguità dell’immagine ibrida: una mano alzata che impugna una spada dalla punta animalesca. Le forme contorte incutono un senso di disagio e punteggiano uno scenario distorto e angosciante, quasi a trovarsi all’interno di una gabbia di leoni.

L’opera Achtung Baby (4) è invece introspettiva e irriverente: due volti molto vicini si guardano intensamente, del tutto assorti l’uno dall’altro, con labbra che sono sul punto di sfiorarsi. Tuttavia essi non si toccano mai, ma rimangono bloccati in un attimo di attesa infinito, che sembra scioglierli e raggrumarli. Del resto, il titolo è ripreso dall’album musicale del gruppo irlandese U2 che parla di separazioni e inadeguatezze che consumano il corpo e lo spirito.

A seguire Seduzione ionica (5), che parte da un mito classico – il ratto di Proserpina – e si traduce in una composizione nella quale immagini e combinazioni di colori offrono prospettive sempre nuove e inesplorate: da una nuvola di particelle si arriva a scorgere uno sciame, tramutatosi poi in un abbraccio soffocante. La scomposizione in forze contrarie rende bene l’anarchia del circo, una dimensione caotica in cui anche le leggi della fisica vengono sfidate. A tal proposito, nell’opera Spazio di Hilbert (6), l’artista cerca di trasporre in arte il concetto di spazio e di coordinate cartesiane acquisendo svariate interpretazioni a seconda della distanza, dell’angolo, della traslazione e della rotazione dei movimenti, come ad accentuare il fatto che tutto sia ambiguo e ingannevole. La particolarità del lavoro d Rosella risiede nel suo modo di creare perché, dipingendo sul retro del vetro, sembra quasi mettere l’opera al riparo, renderla inafferrabile. Come dice lui stesso: “Tutti abbiamo un’anima privata e irraggiungibile. Io ho afferrato quest’irraggiungibilità e l’ho applicata all’arte”.




L’Isao presenta Guido Barlozzetti che racconta “Pasolini, l’ultimo pirata” il 4 marzo al Teatro del Carmine

Venerdì 4 marzo alle 17,30 al Teatro del Carmine, Guido Barlozzetti, giornalista e scrittore, presenterà un racconto multimediale – parole, immagini, musica – per ricordare Pier Pasolini. Il centenario dalla nascita è solo un’occasione per ricordare una figura che ha segnato la storia  del Paese con un interpretazione appassionata dell’impegno dell’intellettuale, approfondendo in se stresso le contraddizioni di tutta una società.

“Pasolini, l’ultimo pirata” si articola in quattro atti e un epilogo:

– l’Inizio, quando il poeta arriva a Roma da Bologna e passa dalle difficoltà quotidiane al successo di Ragazzi di vita;

– La Testa e il Cuore, l’elaborazione poetica de Le Ceneri di Gramsci in cui l’impegno civile si intreccia con il versante doloroso della passione e della contraddizione personale;

– Il sogno, la felicità del popolo napoletano del Decameron e lui che si mette in scena da assistente di Giotto;

– Il profeta, il tempo degli Scritti corsari e delle Lettere Luterane, la mutazione antropologica degli italiani e il consumismo;

– L’epilogo di Ostia, la fine di Pasolini, un assassinio con tante ombre, la chiusura senza speranza di un impegno in solitudine.

Il racconto è accompagnato dagli interventi visivi di Massimo Achilli.

“Definire pirata Pasolini – dice Barlozzetti – significa sottolineare l’alterità di un impegno che fa tutt’uno con la vita e una lotta solitaria che lo scrittore, poeta e regista ha condotto alla ricerca di una purezza inevitabilmente intrisa nelle sue radicali contraddizioni. L’ultimo pirata, perché nessuno, dopo di lui, ha avuto il coraggio,  la forza e l’intensità della sua voce, fino al nichilismo finale. Un’esperienza scandalosa capace di entrare nel corpo vivo di se stesso e di una società di cui visse la trasformazione profonda, dal vagheggiato mondo contadino e dei giovani delle borgate al conformismo indotto dal nuovo, totalitario, potere dei consumi”.”.

“Pasolini fu sempre uno scrittore – dice Raffaele Davanzo, Presidente dell’Isaolo stesso della prima struggente tenerezza che accompagnava i ragazzi di borgata, piccoli esseri umani affamati. Nella sua ultima  intervista, qualche giorno prima di quello fatidico, disse: “Nel mio passaporto c’è scritto scrittore. Il mio dovere di scrittore è continuo, e resta sempre quello di fondare ex-novo la mia scrittura”. Perché Pasolini si mostra e si fa percepire sempre come scrittore, anche quando affida alle immagini il suo essere pensiero. Al massimo, come pittore: non a caso volle interpretare nel suo Decameron il pittore in cerca di ispirazione. È Giotto che sta rinnovando sempre, come lui, la sua poetica? Per questo l’ISAO ha scelto proprio quell’immagine: Pasolini pirata, ma sempre e solo creatore di sé stesso”.