Nomi, ipotesi e possibili sorprese in attesa della prima seduta del consiglio comunale

In attesa che venga ufficializzata la data del primo consiglio comunale cerchiamo di mettere ordine e speculare su nomi e cariche.  Sono tutte ipotesi e tali restano fino all’eventuale ufficialità ma il toto-assessori, sembra interessare tanti cittadini.

Partiamo, come sempre, dalle certezze.  Roberta Tardani ha vinto di meno di 200 voti, ma ha vinto e in democrazia si rispetta sempre la scelta dell’elettorato.  In tempi non sospetti, esattamente alla conferenza stampa di fine/inizio anno, la stessa sindaca aveva indicato la squadra di assessori come vincente e da non cambiare.  Le urne hanno riportato l’esclusione di quasi tutti gli assessori candidati a parte Mazzi, tecnico, e Luciani che, invece, ha avuto un successo personale forse anche oltre le sue personali attese. 

La seconda certezza riguarda Stefano Spagnoli che, convertitosi sulla via di Damasco, ha ottenuto 221 preferenze con Fratelli d’Italia che è cresciuto ma non come preventivato.  Rimangono scolpite le dichiarazioni non proprio delicate del candidato sindaco Spagnoli sull’incapacità di Roberta Tardani nel governare la città e del successivo duello scritto tra Olimpieri e lo stesso Spagnoli.  Le dichiarazioni, tra l’altro, mai smentite, salvo la candidatura con Fratelli d’Italia da parte di Spagnoli.

Fin qui le certezze, ora passiamo alle ipotesi. 

La squadra è in realtà tutta da costruire visti i risultati delle urne.  Gli emissari del primo partito dell’alleanza hanno avanzato la richiesta di tre assessorati, ma a vincere la “gara” è stata la lista “civica” di Tardani con poco più del 22%. E allora?  L’unica promessa è quella del vice-sindaco a Spagnoli anche se qualche avances arriva anche da altri considerati fedelissimi della sindaca.  Nomi? Il recordman delle preferenze potrebbe essere uno dei papabili, anche per accontentare la Lega.  Un altro fedelissimo però scalpita, Gionni Moscetti, sempre accanto a Tardani anche ai tempi dei dissapori con la Lega.  C’è poi da leggere bene le preferenze per capire chi entra nel caso in cui si dovesse pescare tra gli eletti per la giunta.  Per lo sport potrebbe essere una bella sfida tra l’ultimo degli eletti della lista Tardani e il primo degli esclusi, assessore uscente.   

Anche per le quote rosa la lista è lunga.  Potrebbe esserci la conferma di Alda Coppola che però si è fermata a 71 preferenze.  Potrebbe entrare Beatrice Casasole oppure una new entry, sempre accanto alla sindaca durante la campagna elettorale, docente di scuola media e impegnata in varie associazioni cittadine.  In stand-by c’è Andrea Scopetti con le sue 92 preferenze che incrocia le dita e spera nella chiamata di due tra Casasole, Moscetti, Panzetta e Moscatelli per entrare in consiglio.

Il capitolo Forza Italia è apparentemente semplice.  Ancora una volta il fedelissimo Pizzo dovrebbe essere ripescato nonostante le poche preferenze ottenute.  Rimane in bilico l’usato sicuro Gialletti che, in alternativa sarebbe pronto alla “sua poltrona” di presidente del consiglio comunale, ma di questo ne parleremo più avanti.  Alla finestra Roberto Meffi, nel 2019 sconfitto nella guerra fratricida dentro Forza Italia proprio da Tardani e ora pronto all’ingresso nel caso in cui l’ex-compagno Gialletti scelga di entrare in giunta. 

Molto complessa la situazione dentro Fratelli d’Italia.  A parte Spagnoli in corsa ci sarebbero un ex-consigliere votatissimo la volta scorsa e la prima delle non-elette, Sabrina Mandolini.  Il punto di caduta potrebbe arrivare con due assessori a Fratelli d’Italia ma con una rosa di nomi più ampia all’interno della quale possa scegliere liberamente Tardani.

Infine c’è la presidenza del consiglio che tutti danno per sicura per Gialletti, ma non sono da escludere sorprese o per la Lega o per il consigliere di lungo corso Olimpieri, magari in cambio di un assessorato da sacrificare per la lista civica e accontentare FDI.

Appuntamento alla prima seduta di consiglio con tutte le cariche ufficiali.




A proposito di “Soloni” e “Armata Brancaleone”

Alcune considerazioni su quanto espresso pubblicamente da alcuni  “BIG” della politica locale, i quali si dichiarano fieri di essere stati rieletti e usano termini nei confronti di simpatizzanti del movimento trasversale che ha lottato ,spinto da un vento di passione e nuove visioni amministrative, affinchè a Orvieto l’aria potesse cambiare(sfiorando la riuscita dell’impresa), quali “Solone” o “Armata Brancaleone”. Occorre una necessaria e dovuta premessa. Chi sta scrivendo si ritiene una persona assolutamente ignorante, sia nel campo politico (per questo ne sto “beatamente” alla larga godendomi alla grande la mia vita) che nell’operare quotidiano. In parole povere la premessa necessaria da fare è che ammetto la mia umile “nullità” e “piccolezza” rispetto alla ciclopica levatura di certi “BIG” della politica nostrana.

Prima considerazione. Grottesco che componenti della  maggioranza rieletta apostrofino l’opposizione come popolo di “soloni”o armata Brancaleone”. Pur di rimanere incollati a “quelle dorate poltrone (ci sono riusciti con miseri 160 voti di margine, il che la dice lunga su quanto sia stata apprezzata nel quinquennio trascorso la riconfermata amministrazione), pur di accaparrarsi qualche voto in più, questa maggioranza ha “imbarcato” con spregiudicatezza e senza mostrare il minimo senso di vergogna ex socialisti accoppiati a sostenitori di Casapound. Ha imbarcato personaggi che prima dell’arruolamento hanno dipinto su tutte le testate locali quella uscente come “amministrazione inadatta e assolutamente inappropriata per la rupe”. Sono stati imbarcati ex dell’altra sponda politica, e qui un tocco di vivido rossore sarebbe stato dovuto sia dai richiedenti che dagli offerenti. Sarà la mia già accennata alta dose di ignoranza, ma risulta difficile da comprendere come personaggi ex big del PD locale possano candidarsi con il centro destra. Come invitare a pranzo gatti e topi insieme e dire che sarà un pranzo costruttivo e tranquillo.

Insomma, è stato arruolato di tutto e di più. Ne consegue che apostrofare gli altri come “armata Brancaleone” rende come minimo ridicoli e assolutamente ancora meno credibili questi “big” della politica locale, big con  credibilità già ridotta al lumicino (come evidenziano i numeri di una vittoria cosi risicata).

Seconda considerazione. Io se fossi stato un amministratore di maggioranza dell’ultimo quinquennio prima di ricandidarmi avrei umilmente chinato la testa e chiesto pubblicamente scusa al popolo orvietano. Avrei chiesto scusa alle centinaia di pendolari per averli “poco seguiti e assistiti” nel loro infausto destino. Avrei chiesto scusa ai tanti cittadini orvietani, quelli più fragili e deboli, che in questi ultimi anni non hanno potuto curarsi con dignità per le ragioni che tutti sappiamo. Avrei chiesto scusa per lo stato di abbandono delle voci “Cultura”e “Sociale”, trascurate, in maniera colpevole e imbarazzante non so se per incapacità o negligenza. Avrei chiesto scusa per le molte infrastrutture completamente abbandonate all’incuria e al degrado per tutto il quinquennio, e deperite in maniera irreversibile. E soprattutto avrei chiesto scusa perché dei tanti punti elencati nel  programma del 2019 non ne è stato completato  neanche uno. Ma voi scusa non l’avete chiesta e mai la chiederete.

Mica siete persone ignoranti . Voi siete persone intelligenti. Siete dei “BIG”. Avete raccontato per cinque anni di lustrini e paillette, postando quotidianamente sui social, a tamburo battente, scene di film inesistenti. Scena di una Orvieto da bere mentre il popolo sempre più faticosamente arrancava. E arranca. E purtroppo dovrà ancora arrancare per i prossimi cinque anni. Perché su quelle poltrone ci sarete sempre voi.

Detto da una persona del popolo semplice e con un intelletto molto limitatamente sviluppato, i veri “soloni” per la mia amata Orvieto, ovviamente a mio modesto parere e veduta, siete stati e continuerete a essere voi. Credetemi, da ignorante sapendo di esserlo, credo di poter enunciare che Orvieto meriti molto ma molto di più di questi “vecchi” soliti “BIG” della politica.




Orvieto e la politica al cucchiaio, concava e convessa

L’appuntamento è chez Pontremoli, un bar & food a Sferracavallo dove, unico a Orvieto, puoi gustare un Campari Rab, il cocktail preferito da Pollicino sia nella versione winter che summer. Le petit Poucet nasce francese sul finire del ‘600, viaggia molto e, nel corso dei secoli, ne ha viste di tutti i colori, ne sa una più del diavolo. Ormai è un bambino agée, che ha imparato l’astuzia dell’intelligenza per sopravvivere alle avversità della vita. Da circa un anno vive a Orvieto, in un piccolo casolare da fiaba, perso nel verde delle colline.

Credo tu abbia seguito le vicende elettorali e conosca tutti i retroscena. Cosa ne pensi?

Parafrasando Mao Zedong, “Grande è la confusione sotto il cielo di Orvieto”, ma la situazione non è eccellente, al più può divenire promettente.

Sembri la Sibilla Cumana, spiegati meglio, aiutami a capire.

La campagna elettorale è stata combattuta e incerta fino all’ultimo, sono piombati a Orvieto i big della politica nazionale da Antonio Tajani a Elly Schlein, fino a Stefania Craxi. Vince il centrodestra e Roberta Tardani è di nuovo il Sindaco legittimamente eletto.

Ma a ben guardare, voi orvietani avete indicato tre sindaci: il primo è il “sindaco dell’Astensione” con 6000 voti (40% degli aventi diritto); l’altro è Stefano Biagioli, sindaco nel centro storico e scalo, Fossatello-Corbara, Tamburino (4715, il 29% dei votanti); il terzo è Roberta Tardani, sindaco a Ciconia, a Sferracavallo, nelle frazioni (4879, 30%). Ecco spiegata la confusione!

40%

30%

29%

La situazione invece è promettente perché queste elezioni hanno evidenziato una possibile nuova classe dirigente, a destra e a sinistra: sono giovani dai venti ai quarant’anni, puliti nella testa e vitali nel cuore, non importa se già eletti, non importa se alcuni affascinati ancora da qualche pifferaio magico. Solo loro potranno riportare alla politica cittadina una parte dei 6mila astenuti.

Qualche nome?

Vado a memoria e in ordine sparso: Matteo Panzetta, Sabrina Mandolini, Federico Fontanieri,  Lorenzo Turreni, Rebecca Animobono, Giulia Frizza, Leonardo Pimpolari, Maurizio Talanti, Valentina Carli, Giordano Conticelli e i ragazzi di Nova

Mi parli di tutti, ma niente su Roberta Palazzetti, il Dottor Spin e Proposta civica. Perché?

Se fossi credente, raccomanderei la Manager e la sua Proposta civica alla Misericordia divina! Dante Alighieri, li vorrebbe sepolti nel ghiaccio fino al collo e con la testa all’ingiù; non solo hanno tradito i parenti – e sì che le hanno dato una bella mano – ma se stessi. Nascono per “abbattere” Roberta Tardani (lo hai scritto tu nell’ articolo del 2 ottobre ’23) e finiscono per farla vincere al ballottaggio.

Ti riferisci al mancato accordo o apparentamento con il PD?

Certo che sì, l’accordo era fatto, stabilite perfino le caselle degli assessori, chi fa e che cosa. L’eventuale sindaco Biagioli si sarebbe occupato di attività minori, la “ciccia” a Roberta Palazzetti e al suo seguito. Il PD aveva accettato, del resto ritiene di essere come l’AVIS, donatore di consensi.

Non ti credo!

Vuoi vedere l’accordo, eccolo qua, redatto di suo pugno da Roberta Palazzetti (scarica il documento). Nel tardo pomeriggio del 14 giugno era tutto già organizzato per presentarlo alla stampa il giorno successivo.

E allora cosa è successo nella tarda serata e nelle prime ore della notte?

Durante la campagna elettorale, Roberta Palazzetti aveva parlato di Orvieto città ideale, di trasparenza, di ascolto e tante volte, forse troppe, di Visione. Sembra che sia entrata in una sorta di trance onirica, ha “sognato” Roberta Tardani con il suo tutor politico Raffaele Nevi, il capo dei civici umbri Andrea Fora, già consigliere regionale del centrosinistra, ora di centrodestra, e il capo dei civici X di Orvieto: le si avvicinano con fare minaccioso, come i Bravi di Don Rodrigo: lei Signora è Donna di mondo, e sa benissimo come vanno queste faccende, “questo matrimonio non s’ha da fare né domani né mai”.  E la poverina ha risposto Sì.   Risultato, Roberta Tardani, pur con qualche patema d’animo, si conferma Sindaco, Roberta Palazzetti, da brava manager, come un cuiller à soupe è concava e convessa secondo le convenienze, e i CiviciX guadagnano un credito da spendere in occasione delle prossime candidature regionali.

E Daniele Di Loreto, il dottor Spin?

Spero tu sappia distinguere il valore amicale dal giudizio politico. Parafrasando il Macchiavelli, “Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi”, il dottor Spin ha l’astuzia della Volpe, ma difetta nel coraggio del Leone. Qualora la realtà non corrisponda ai suoi desideri, lui sceglie di abbandonare. E’ successo così nel matrimonio con Germani, dopo un anno ha divorziato; poi con Tardani, breve luna di miele e ancora divorzio. Questa volta si è superato, ha divorziato dalla Palazzetti prima ancora di sposarsi: è fantastico, il tuo amico! Daniele può essere una risorsa per la città per formazione e cultura, un cattolico praticante ascrivibile all’area del centrosinistra dove, credo, sarebbe accolto con favore; così l’opposizione in Consiglio Comunale, oltre al Pd, potrebbe contare su un gruppo di tre valenti civici: Biagioli, Caiello e Di Loreto. Ma cosa farà, non so dire.

Alcuni parlano di Evasio Gialletti, capogruppo di tutta la maggioranza.

E’ una sonora sciocchezza. Gialletti è solo il risultato di un accrocco politichese, mutuato da Rovero.Ermini (ex PSI) e da Roberto Meffi (FI), con il conforto compiaciuto – così sembrerebbe – di Stefano Fatale (ex-PSI) e di Roberto Moroni (FI), e forse il sorriso benevole di Raffaele Nevi. A Roberta Tardani sono più i voti che le ha fatto perdere, di quei pochi che le ha portato in dote. E poi, è una mina vagante perché da politico navigato sa essere anch’esso concavo e convesso alla bisogna.
Non vale il nostro tempo! Finiamo di bere questo CampariRab e poi ci salutiamo.




Lettera aperta a Franco Raimondo Barbabella e ai cittadini orvietani

Caro Franco, inutile rispondere punto su punto a quel che scrivi adesso. Lo farò compiutamente tra qualche mese, quando le acque si saranno calmate e certi elementi emergeranno con maggiore chiarezza dai polveroni post-elettorali, contribuendo ad analisi più lucide. Però due o tre cose devo dirtele. Anzi devo dirle a chi ci legge (a questo punto saranno pochi, stanchi, e annoiati) cercando di destreggiarmi nel groviglio di aspetti politici, personali, umani (passati e presenti) che emergono dal tuo ragionamento.

Cominciamo dalla vicenda del mancato apparentamento, o meglio dell’accordo sfumato fra Proposta Civica ed il PD. Tu hai partecipato soltanto alla prima delle due riunioni online di Proposta Civica (12 e 13 giugno). Non eri presente alla seconda, o almeno non ricordo che tu abbia preso la parola, quando la questione NOVA è entrata in scena (ma ti pare serio che la leader di due liste civiche si dimentichi durante la prima riunione un dettaglio tanto determinante come il possibile ingresso di NOVA in giunta? Vogliamo far ridere i polli?). È facile ma anche puerile scaricare la responsabilità del mancato apparentamento sulle decisioni altrui. La tua intelligenza è troppo grande per non considerare questioni di responsabilità politica che prescindono dall’esito elettorale. Ma si può pensare che un comitato elettorale che sostiene una candidata a sindaco decida di non apparentarsi per paura di perdere e di “far perdere la faccia” (sic!!) alla candidata stessa? Abbiamo ascoltato anche questa argomentazione, oltre a previsioni elettorali fatte come si fa la formazione della nazionale di calcio al bar dello sport. Avere la responsabilità di discutere del futuro della città presuppone anche un certo grado di informazione e discernimento, altrimenti non è confronto democratico ma superficialità imperdonabile. La democrazia non è soltanto discutere, le regole e il metodo con i quali si discute sono altrettanto importanti.

Permettimi di dire che sei tu a dimostrare di essere un complottista e di perderti in ragionamenti contorti prefigurando trappole e tentativi di fagocitazione che forse vivi come incubi del passato. Mi pare improbabile scorgere reali possibilità di cannibalismo politico da parte di un partito come il PD che semmai ha il problema di ricostituirsi dopo cinque anni di vuoto, per vicende a tutti note. La verità è che il PD non era in grado di imporre niente a nessuno, e al di là di questo non mi pare che alla prova dei fatti abbiano mai dimostrato di volerlo. Sai benissimo che l’eventuale esclusione di Roberta Palazzetti dal consiglio comunale in caso di sconfitta al ballottaggio è uno scenario senza precedenti, e tutti gli esperti interpellati al momento l’hanno esclusa categoricamente. Ma ti ostini ad usare questo argomento sapendo che non ha fondamento. Perché?

Affermi che il PD avrebbe subdolamente fatto passare il messaggio che votare per Proposta Civica o per loro era la stessa cosa perché poi tanto ci saremmo alleati al ballottaggio. Beh, curiosa davvero questa ricostruzione. Basata su cosa, su quali dati? Roberta Palazzetti ha preso molti voti che altrimenti sarebbero andati al PD, inclusi i voti di Bella Orvieto, che di fatto ha ottenuto meno della metà dei consensi rispetto alle ultime elezioni. Di fatto il travaso è avvenuto a vantaggio di Proposta Civica. L’unico appello agli elettori delusi di sinistra fatto da alcuni membri di Proposta Civica, incluso il sottoscritto, che ora vengono maldestramente definiti la costola ideologizzata, è stato subito rintuzzato da Roberta Palazzetti con un comunicato che ribadiva la neutralità politica delle liste civiche. Una roba da circo, che però doveva rassicurare i destri nostrani. Così in questo sterile equilibrismo ostentato per non scontentare nessuno, alla fine ci siamo ritrovati a non sapere dove andare a parare. O meglio, qualcuno lo sapeva già: mai col PD!

In tutta la tua argomentazione poi manca la descrizione della proposta fatta dal PD a Proposta Civica. Ne vogliamo parlare o imbarazza troppo? Pur di non fare l’apparentamento avete imbastito tre o quattro narrazioni che non si reggono in piedi, sono contraddittorie, e contraddette dai fatti. Ancora ad oggi non si capisce cosa sia accaduto fra la sera di venerdì 14 giugno (con l’accordo siglato) ed il sabato mattina. Non lo sappiamo. È interessante notare che nell’ultimo comunicato di Roberta Palazzetti non si parla più di NOVA, mentre si adducono ragioni non meglio precisate che avrebbero indotto la candidata di Proposta Civica a rifiutare l’accordo in extremis. Possiamo sapere anche noi o è osare troppo chiedere i motivi?

Siccome questi sono aspetti determinanti nella narrazione che state offrendo alla città, credo che meritino un approfondimento serio. Ci scriverò un libretto, a futura memoria. I cittadini di Orvieto meritano la verità. Ma sono sicuro che gli eventi o i protagonisti stessi mi precederanno. Anzi, me lo auguro. Innanzi tutto bisogna partire dalla genesi della candidatura Palazzetti, su cui avremo tempo di illustrare antefatti che pochi di noi conoscevano fino a una settimana fa. Insomma, caro Franco, con la retorica te la sei sempre cavata molto bene, ma questa volta non sarà sufficiente. Sono troppi i buchi in questo racconto che vorreste propinare agli elettori per salvare le apparenze. Come troppi sono i personalismi; troppi IO e pochi NOI, troppi protagonismi, rimpianti, e voglie di rivincita che si perdono in un passato di conflitti mai risolti, soprattutto dentro di te. Credo che potresti fare il bene della città, oltre quello che hai già procurato come uno dei sindaci migliori della storia di Orvieto, se per una volta ti limitassi a dire “ho sbagliato”. Come ben sai, perché ce lo siamo detti, io volevo che tu ti candidassi per una delle due liste. Almeno adesso, forse, non avresti rimpianti da far pesare sulla collettività, che ha già tanti problemi e non si merita di attraversare altri conflitti per sterili ripicche o ambizioni personali legittime, che non hanno bisogno di essere mascherate con futili arzigogoli retorici.

Con affetto e stima. Davide




Opinionisti e supporters cercasi!

Sono passati diversi giorni dalla riconferma a Primo cittadino di Orvieto di Roberta Tardani, e di tutti i grandi “maitre a penser” che in questi ultimi due mesi si sono dilettati a dare giudizi (spesso inqualificabili), a fare endorsement, a scrivere corsivi firmati con pseudonimi (a dimostrazione della nullità di certi personaggi), a riempire pagine di giornali al solo fine di screditare il Sindaco uscente, bene, di tutti questi signori (sic!) se ne sono improvvisamente perse le tracce. La vittoria della Tardani ha frantumato i piani di tutta questa variegata ammucchiata di soloni, assolutamente autoreferenziale e priva di radicamento: per sostenere il candidato del PD si sono riviste “vecchie” conoscenze del giornalismo e della politica, nonché personaggi fuori contesto che ormai la città aveva da tempo dimenticato. Un’armata Brancaleone molto livorosa ma anche molto ininfluente nell’indirizzare le intenzioni di voto degli elettori: e si, perché gli elettori sono molto più avanti di chi, da troppi decenni, cerca di imbonirli con sistematici e ciclici lavaggi del cervello.

Un tempo, per farsi vedere dai grandi capi-bastone della sinistra locale e per poi essere considerati, bastava andare a mangiare (meglio ancora cuocere) due fegatelli alla festa dell’Unità; oggi serve molto meno, basta un post o un articoletto per mettersi in luce e per dire attraverso la tastiera “ci sono anche io”. Ne abbiamo lette e viste di ogni, ma quella della grande star televisiva Barlozzetti le supera tutte. Infatti, il presentatore, prima ha fatto l’anfitrione ad un incontro elettorale della candidata civica, sostenendo la bontà del progetto e, quindi, abbracciandone la terzietà rispetto ai due blocchi di cdx e csx, poi, appena la realtà civica non ha avuto il successo sperato e si è destrutturata anche a causa delle liti al proprio interno (così riportano le notizie di “radio Corso” e gli articoli di alcuni sue prime donne), lo stesso Guido ha sostenuto che il tempo degli alibi fosse finito e risultasse necessario l’apparentamento con il dottore. Un cambio di prospettiva partorita a pochissimi giorni dal ballottaggio, tanto da far apparire chiaramente e senza possibilità di smentita che il tutto fosse già abilmente preconfezionato.

Il solito giochetto fatto di sotterfugi, di conventicole, di regie occulte, al solo fine di costruire un teorema finalizzato a far ritornare il vecchio e ormai tramontato “moloch” di potere. Ed invece, gli endorsment e le presentazioni alla sala dei 400 non sono bastati a far vincere il dottore e, come i pifferi di montagna, questi soloni sono tornati a casa pesantemente suonati. E si perché alla fine “vince chi ha i numeri che sono il fondamento della democrazia”, così ha giustamente sentenziato Guido Barlozzetti.

Ma state pur tranquilli che tra cinque anni, in prossimità delle lezioni del 2029, tutti questi soloni sbucheranno di nuovo dalla madre terra, come i fagiolini secondi del piano.




Elezioni, racconto pro veritate con riflessioni necessarie e spero anche utili

A risultato elettorale fissato dal volere popolare e a bagarre post-risultato già smorzata, un racconto argomentato e qualche riflessione può essere utile proporli all’attenzione di chi vuole capire con mente sgombra anche da parte mia. Il racconto è lungo e richiede pazienza, ed è scritto per me, per mettere ordine nei miei pensieri, poi per gli amici che me lo hanno chiesto e naturalmente per chiunque voglia sentire la mia versione, senza riproporre polemiche, alle quali in ogni caso eviterò di dare spago. Abbiamo bisogno di altro.

Partirei dal dato consolidato: ha vinto Roberta Tardani con poco margine (c’è un messaggio), ha perso Stefano Biagioli con poco margine (anche qui c’è un messaggio); Nova con Giordano Conticelli ha ottenuto un discreto successo al primo turno, ma al ballottaggio ha deciso di non entrare in partita; le liste costruite intorno alla candidatura di Roberta Palazzetti, checché strumentalmente ne dicano alcuni, hanno giocato fino in fondo la partita: sono riuscite, per la qualità e la forza innovativa della candidata sindaco, per la serietà e la lungimiranza delle proposte programmatiche, per l’impegno profuso da tutti, per la qualità e la credibilità del progetto, prima a mandare la coalizione Tardani al ballottaggio e poi a rischiare di portare al ballottaggio proprio Palazzetti se la reazione del PD, soprattutto degli ultimi giorni del primo turno, non avesse determinato uno spostamento di molti elettori con l’abile argomento “Poiché tra Biagioli e Palazzetti c’è un accordo, votate Biagioli, tanto è uguale”. Palazzetti al ballottaggio, questa era partita da giocare sul serio. Non si è capito, o meglio, non si è voluto capire, come si è visto dopo.

Palazzetti ha ottenuto però quasi il 20%, più del quasi 18% ottenuto da me, anche allora con due liste civiche, nel 2019. E questo già dovrebbe far riflettere qualcuno, sia a destra che a sinistra. C’è infatti una parte dell’elettorato che, con il rispettabile risultato di quasi il 7% ottenuto da Nova, sfiora il 27% (dopo l’astensionismo, il primo partito orvietano) e che non si riconosce nei due principali schieramenti ritenuti per diverse ragioni entrambi incapaci di interpretare i bisogni di rinnovamento di una società che vuole guardare avanti e rinnovare il progetto e la modalità di governo. Una situazione che dura da almeno dieci anni e che con tutta evidenza si accentua. L’essenza del problema sta qui, il resto francamente è miseria. A chi ha vinto e a chi ha perso sta il compito di non mandare sprecato il messaggio: rinnovatevi, pensate al bene della città, collaborate per progetti lungimiranti, fermate il declino!

Poi è venuto il ballottaggio, su cui, seppure si sia già detto perfino troppo, spendo qualche parola per chiarire qualcosa a chi volesse ascoltare. Ha già detto Roberta Palazzetti, con la limpidezza che le è propria, come è andato il secondo turno sul versante Proposta civica – Nova – Biagioli sindaco. Aggiungo dunque solo qualche considerazione a margine sulla differenza tra apparentamento e sostegno politico e sulle conseguenze strategiche che vi sono connesse.

Apparentamento vuol dire che le liste, non il candidato sindaco cui sono collegate, possono decidere di appunto “apparentarsi” con un altro candidato sindaco, cioè di entrare nella sua coalizione anche se sono nate proprio per non starci e anzi hanno fatto le loro campagne rigorosamente distinte, ciascuna con l’obiettivo di portare al ballottaggio il proprio candidato. L’apparentamento è dunque, per definizione e per esplicita norma, una operazione di inclusione per prendere i voti di altre liste. Nulla può garantire che chi ha votato al primo turno per liste collegate ad un determinato candidato sindaco (in questo caso Palazzetti) voterà al ballottaggio il nuovo candidato sindaco apparentato (in questo caso Biagioli): i voti, contrariamente a ciò che pensa qualcuno, non si trasferiscono dall’uno all’altro semplicemente perché ciascun voto è deciso da una persona che fa le sue valutazioni e ha le sue passioni. Perciò l’apparentamento è un rischio che difficilmente si corre, come peraltro dimostra la storia dello stesso PD in tantissime situazioni italiane compresa la nostra Orvieto.

Il sostegno politico ha tutt’altra logica. È un patto politico tra soggetti diversi che si concretizza, in presenza di un impegno da mantenere in caso di vittoria, in una dichiarazione di invito ai propri elettori a votare uno dei due candidati andati al ballottaggio. Non comporta assoggettamento a logiche non condivise, ognuno mantiene le proprie ragioni ma le mette in gioco insieme agli altri che ritiene più affini cercando di creare uno schieramento non solo vincente ma capace poi di rappresentare un vero progetto di governo del cambiamento. Se ci sono i termini dell’accordo allora ci sono anche le volontà e le possibilità reali di governo innovativo in caso di vittoria.

Io non ho partecipato a questa fase della vicenda, ma si è detto che il PD ha chiesto solo a Proposta civica di Palazzetti di apparentarsi, non anche a Nova, stranamente perché non risulta esatta la ragione addotta, ossia che lo statuto di Nova vieterebbe esplicitamente l’apparentamento. Se questa era la condizione, per proposta civica, seppure a fronte di una offerta di assessorati e di deleghe addirittura eccessiva, era evidente che apparentarsi senza Nova poteva risultare scelta azzardata per la consapevolezza di un elettorato di riferimento estremamente variegato, confluito in un progetto di cambiamento proprio perché estraneo allo scontro tra poli contrapposti.

Ma in caso di perdita, peraltro molto probabile, poteva significare per Proposta civica anche una scelta suicida: oltre a tradire il progetto di cambiamento fondato sulla rottura delle contrapposizioni frontali, ci sarebbe stato, come è stato autorevolmente sostenuto, il bel risultato della probabile esclusione dal Consiglio della sua candidata sindaco, e naturalmente la riduzione di Proposta civica a semplice appendice del PD. Di fronte a ciò la maggioranza degli aderenti a Proposta civica, dopo una lunga e molto approfondita valutazione, ha deciso che era molto meglio puntare sull’altra opzione, ossia una proposta di sostegno politico a Biagioli che coinvolgesse anche Nova. E io com’è noto ero d’accordo. Insomma, un progetto unitario delle forze di cambiamento, che a quel punto non sarebbe stato percepito né solo come un accordo numerico e di potere di per sé superficiale e improduttivo, ma come accordo politico serio, progettuale, programmatico e di metodo, sia per la composizione che per la futura azione di governo. Questo progetto è stato condiviso con la coalizione di Biagioli e con il PD. Tutta Proposta civica era d’accordo e Roberta Palazzetti ci ha lavorato con tutta la determinazione possibile.

Come è stato già abbondantemente spiegato, questa strategia è saltata perché nella notte di venerdi Nova a maggioranza ha deciso di ritirarsi da un accordo che fino alla sera sembrava fatto. Tutti i protagonisti sanno che le cose sono andate così. Tutti, credo, si renderanno conto che ogni soggetto non ha solo il diritto ma il dovere di fare ragionamenti politici e scelte di senso e di coerenza. Ora qualcuno dovrebbe perciò spiegarmi dove stanno i minimi fondamenti delle accuse di ogni tipo che dagli ambienti PD sono venuti a Proposta civica, alla sua candidata sindaco, ad altri esponenti e in particolare a me.

Io so naturalmente che cosa muove l’astio di alcuni/e che popolano la fauna politica orvietana e sono dispiaciuto che li disturbi la mia sola presenza e qualunque cosa io faccia, ma questi sono problemi loro, che io non posso risolvere. Insomma, da tempo ci provano, ma finché potrò cercherò di non accontentarli. Però anche a loro dico, oltre soprattutto a chi fosse disposto a farsi da loro influenzare, che il malanimo li rende perfino ridicoli. Come si fa, infatti, a pensare che una mia opinione (ripeto, una mia opinione), di uno che non era nemmeno in lista, possa essere stata la causa determinante di una decisione necessariamente collettiva!? Mi si attribuisce un potere di convincimento che francamente, se fosse vero, lungi dal rendermene orgoglioso mi spaventerebbe. Ovviamente è una scemenza.

Però c’è di più. È stata messa in giro la favola che io avrei impedito (sic!) l’apparentamento (che qualche mente ha elevato a mito, come assimilato alla via dei miracoli) perché dalla destra mi sarebbe stata promessa la candidatura alle prossime regionali. Ovvia la genialità della trovata: Perché Barbabella si è detto contrario all’apparentamento? Ma perché lo hanno allettato con quella promessa, suvvia!. Geniali davvero, avranno pensato: noi sappiamo come sono andate le cose, una serie di errori dall’inizio alla fine (forse il più grave, il reiterato tentativo di far ritirare Palazzetti), come facciamo a salvarci e passare da vittime di un complotto? Come sempre, attribuire ad altri le proprie responsabilità. Solo che per la smania di strafare hanno esagerato. Basta infatti farsi una domanda: ammesso che qualcuno ci abbia pensato, possibile che abbia ritenuto Barbabella talmente tonto da fidarsi di una promessa così lontana, aleatoria e improbabile? Questo mi disturba davvero: pensare che qualcuno mi abbia potuto ritenere così tonto.

Naturalmente è stata tirata in ballo anche la favola che sarebbe proprio del civismo ballare, nel senso di passare da una parte all’altra a seconda delle convenienze. Qui per amore di precisione si potrebbe ricordare che normalmente chi rimprovera agli altri di ballare è qualcuno che ha ballato così tanto che alla fine dovrebbe essersi perfino stancato. Ma non ne vale nemmeno la pena. Il civismo serio, moto diverso dalle liste civiche di comodo, quelle che mascherano formazioni di partito, è quello che mette al primo posto gli interessi di comunità e si allea, quando appunto lo ritiene utile, con chi ritiene essere più affidabile per tutelare tali interessi sulla base di precisi accordi e scelte programmatiche e di metodi di governo. Non dunque formazioni antipartito, ma solo antiideologiche, ossia rifiuto di schierarsi in modo aprioristico, non essendoci evidentemente un diritto divino di comando. Se non basta Orvieto, ci sono elaborazioni, esperienze, documentazioni che testimoniano che cos’è il civismo serio a tutti i livelli. Se uno poi trova che l’unica dimensione della politica sia il partito tradizionale, comunque e dovunque, ed è contento, noi tutti siamo contenti per lui.

Ma torniamo alla favola dell’apparentamento. Io non mi dispiaccio tanto per la mascalzonata in sé, diffusa da persone tutte interessate per qualche motivo, tanto meno delle ricostruzioni in stile servizi segreti sovietici o DDR, quanto piuttosto di persone perbene che ci possono cascare in un clima politico in cui si cerca il consenso con le insinuazioni gratuite, le falsificazioni di realtà più smaccate, fino alle sparate demenziali. Forse perché memori del diffuso gesuitismo con il motto “calunniate, calunniate, qualcosa resterà”. Mi permetto di invitare i professionisti della falsificazione e del complottismo a dismettere le ostilità che, per l’illusione di fare danni agli altri, fanno soprattutto danni a loro stessi e purtroppo alla vita della città. Siamo purtroppo ancora piuttosto lontani dall’accettazione e dalla pratica dei principi e delle regole della democrazia liberale. Un guaio che inibisce il progresso.

Dunque penso che il compito delle persone responsabili oggi sia proprio lavorare per un’inversione di clima. Spetta a tutti noi, e io, come ho sempre fatto, mi adopererò per quello che posso perché questa inversione ci sia. Ma spetta soprattutto ai protagonisti. Non ho dubbi che lo farà Roberta Palazzetti. Voglio sperare che vi si dedichi Stefano Biagioli. Lo deve fare per il suo ruolo istituzionale Roberta Tardani. In particolare a lei, sindaco rieletto, spetta dimostrare di aver capito che la città è resa debole proprio dalle chiusure e dalle lotte intestine di breve e lungo periodo, e che i problemi gravi di cui soffrono la città e il territorio non richiedono arroccamenti ma collaborazioni, lotte comuni, dedizione al bene di tutti, qualità e lungimiranza, e non culto degli interessi particolari, così allettanti al momento e così deleteri per il futuro. Poi come sempre, a ognuno le sue scelte libere.




“Nella riunione il Pd non c’era e nessuno ha chiesto a Palazzetti un passo indietro sulla candidatura”

Ho letto in un’intervista rilasciata da Roberta Palazzetti alcuni passaggi su cui sento il dovere di avanzare specifiche precisazioni. Dopo aver dichiarato in forma pubblica la disponibilità a candidarmi su sollecitazione di un gruppo di amici cattolici orvietani, avevo altrettanto chiaramente espresso il dubbio che servisse una semplificazione delle candidature già allora avanzate. Grazie ad alcuni politici locali di Italia Viva, è stato organizzato un incontro dei tre candidati alternativi alla Sindaca uscente, che si è svolto in modo assolutamente sereno e in cui non figurava un rappresentante ufficiale del PD. Già questa circostanza mi induce a dire che non risponde al vero che in quell’incontro il PD abbia chiesto a Palazzetti di ritirare la disponibilità alla competizione. Nel corso della riunione, e con la consueta chiarezza, la Palazzetti ha escluso di Poter fare un passo indietro perché la sua candidatura aveva già trovato una strutturata organizzazione e specifici consensi. 

Anche Stefano Biagioli ha precisato che non era in grado di rinunciare, poiché aveva già accettato di guidare una coalizione di Liste civiche e politiche. Nel corso dell’incontro peraltro è stato sottolineato che arrivare ad una candidatura unitaria era comunque auspicabile, così come è stato evidenziato dai rappresentanti delle Liste presenti l’impegno ad una campagna elettorale priva di aggressività e attacchi personali, anche in vista dell’ipotesi del ballottaggio. Un patto di non belligeranza che è stato nei fatti rispettato. In nome di questa circostanza, pochi giorni dopo, ho reso pubblica la scelta di guidare una specifica Lista civica nella coalizione Biagioli, ritirando dunque la disponibilità a correre come Sindaco. Il testo è stato pubblicato sul Corriere dell’Umbria.

Il clima di quella riunione poteva apparire un preliminare di accordo nell’eventualità di un ballottaggio, con un’auspicabile confluenza da parte di chi fosse arrivato terzo, ma su questo punto le risposte non sono state formulate in maniera incontrovertibile”. 

Mario Morcellini




L’astensione è il primo partito di Orvieto che si scopre divisa a spicchi e conservatrice

Le tossine della lunga campagna elettorale sono ancora in circolo e lo si nota dai comunicati che sono arrivati in queste ore successivamente alla vittoria in extremis di Roberta Tardani sullo sfidante Stefano Biagioli. E’ tempo però di tentare una prima analisi del voto del 23 e 24 giugno. La media dei votanti si è abbassata di circa il 10% sul primo turno ma è ben superiore alla media italiana, questa sì sconfortante. Nonostante tutto il partito vincitore è sicuramente quello dell’astensionismo che ha toccato i 6320 voti.
Abbiamo vissuto un pomeriggio al cardiopalma perché per alcune ore la vittoria non sembrava così scontata. Biagioli si avvicinava minacciosamente a Tardani ma l’ultimo seggio ha dato il via libera ai festeggiamenti in piazza e in Comune. La differenza è di decimali e di 164 voti, in realtà 84 sarebbero bastati per ribaltare il risultato.
Cosa ci insegna questa campagna?
Il PD ha nuovamente fallito l’obiettivo e, come abbiamo già detto in precedenza, sembra non essere forza aggregante ma “egocentrica” con sacrifici misurati e attenti per ottenere la vittoria. Infatti si sono costituti due raggruppamenti civici che hanno ottenuto circa 2800 preferenze sommandoli. Nova non è riuscita a entrare in consiglio mentre Palazzetti porterà 2 consiglieri ma con qualche problema interno, anzi più di qualche problema. Il PD ha provato ad attirare in fase emergenziale le forze civiche ma forse troppo tardi. Si sa, la politica è anche compromesso. Forse un po’ di coraggio in più avrebbe potuto cambiare le sorti generali. Ha ragione Palazzetti che 1300 voti sono rimasti sospesi dal blocco civico, ma probabilmente hanno voluto dare un ulteriore segnale; non ci piacciono i due candidati ma con voi come controllori avremmo potuto pure partecipare. Il vero merito dei civici e in particolare di Palazzetti, è stato quello di obbligare i due candidati politici ad affrontarsi in un ballottaggio e a non rendere il turno elettorale un referendum pro o contro. Ma una volta raggiunto il primo obiettivo si poteva osare di più e sporcarsi le mani per provare a dare l’affondo finale alla candidata più forte.
Non ci sono mai state le condizioni, questa la spiegazione in estrema sintesi di Palazzetti, e la cronistoria è reale. Fin da novembre era reale la candidatura e da allora il PD ha posto un muro insormontabile con il doppio “no” pregiudiziale su due nomi: Garbini e Barbabella. Il PD ha compiuto l’errore solito di escludere a prescindere, senza sporcarsi le mani, senza fidarsi, senza affrontare apertamente il problema arrivando a un punto d’incontro.
Altri due elementi per avviare una discussione: i votanti ci restituiscono una città tagliata a spicchi come una mela, la maggioranza degli spicchi è dei civici e degli astenuti, né di chi ha vinto né di chi ha perso. L’altro elemento riguarda Orvieto che si ritrova ad essere conservatrice, con il cuore a sinistra e la testa e il portafoglio a destra. Nel frattempo l’unica banca con sede in città perde totalmente rappresentanza locale, i trasporti continuano a peggiorare, l’economia non marcia come dovrebbe, l’unico settore in relativa crescita è quello turistico che però non fa indotto, cioè non crea nuova ricchezza, la povertà è in aumento.
I grandi temi e la realtà quotidiana tornano ora protagonisti dopo il grande show della campagna elettorale che ha distratto un po’ tutti per un tempo che potrebbe rivelarsi troppo lungo da recuperare.




Se sei fuori dal coro sei disfattista senza se e senza ma

Se provi ad analizzare con i numeri la situazione di Orvieto sei un cattivo disfattista; se provi a comprendere le ragioni di una parte politica diventi un loro supporter sfegatato, “giornalaio” o ancor peggio prezzolato.  E allora torniamoci sopra perché ci teniamo alla libertà, ci teniamo a essere liberi di pensare, comprendere, criticare, promuovere, bocciare e informare senza paura. 

Che cosa è oggi Orvieto e cosa sarà?  Oggi è una cittadina di poco più di 19 mila abitanti con un’età media alta e una popolazione over-65 più numerosa che in tutto il resto dell’Umbria che è già una Regione da record negativo in tal senso.  Di contro ha depositi bancari medi pro capite altissimi (non è un indice di ricchezza sia ben chiaro), un livello di servizi accettabile e una qualità della vita alta.

Abbiamo collegamenti ferroviari che vanno peggiorando anno dopo anno dai tempi di Concina, quindi da 15 anni.  Ogni volta i pendolari protestano e le amministrazioni, a prescindere dal colore rispondono, “stiamo dialogando con Ferrovie”.  Manca la seconda parte e cioè “abbiamo ottenuto questi risultati”, oppure “non siamo riusciti a trovare alcun accordo”.  E domani?  Temiamo che sia piuttosto alta la possibilità che la situazione continui a peggiorare anche perché per la Regione a malapena siamo in Umbria e per FS i treni sono puntuali e i servizi migliorano anno dopo anno.  Ma siamo disfattisti.

Abbiamo servizi sanitari in quasi totale abbandono che continuano a funzionare, al minimo sindacale, solamente grazie all’abnegazione del personale che ci lavora.  Si spendono solidi per una sala operatoria, un nuovo Pronto Soccorso e una rianimazione potenziata, una Casa e un Ospedale di Comunità che dovrebbero riportare economia quotidiana nel centro storico.  Intanto bisognerebbe chiarire le loro funzioni e non sbandierare ritorni di punti di soccorso o altro.  Sono servizi già esistenti in parte e altri tutti da costruire, non solo come struttura ma soprattutto come macchinari e personale.  Da troppi lustri i nostri rappresentanti locali hanno eseguito pedissequamente i desiderata provenienti da Perugia, poi Foligno e Terni, allineati e coperti.

Ma i disfattisti siamo noi.

Abbiamo la Caserma Piave, scusatemi, ex-caserma.  Dal 2000 è stato un disastro dietro l’altro e ogni volta che si è arrivati a un passo dal concretizzare un progetto…amen!  L’attuale sindaca ha annunciato più di un anno fa di aver un progetto pronto.  Poi il silenzio più assoluto fino a pochi mesi dalle elezioni.  E’ uscita la soluzione “spezzatino”, sempre esclusa da tutti, ma senza dare altre indicazioni sui contenuti.  L’altro progetto presentato due anni fa e in questi giorni, non è mai stato preso in considerazione seriamente, anzi è stato boicottato. 

Ma se lo scriviamo siamo disfattisti. 

Il quadro economico secondo gli indicatori ufficiali di Istat e Bankitalia anche per il turismo, qui i dati sono di AUR, è da grande freddo.  Le imprese soffrono, non c’è ricambio generazionale, i settori sviluppati non fanno rete, come spiegano sempre Istat e Bankitalia e i testi universitari più diffusi.

Ma i disfattisti siamo noi.

Demograficamente Orvieto cala per abitanti ma soprattutto vanno via giovani e popolazione in età produttiva. Il segnale reale che l’economia soffre, e tanto.  I giovani hanno bisogno di spazi per la musica, il teatro, le serate di svago ma il futuro, quello di lavoro e di vita?  Non pervenuta!

Ma i disfattisti siamo noi che leggiamo e pubblichiamo i numeri ufficiali.

L’elenco potrebbe continuare ma ci fermiamo qui.  Ottime le strade rifatte, sarebbe ordinaria amministrazione e noi non abbiamo fatto mai sconti a nessuno, così come la manutenzione generale del territorio e degli impianti sportivi.  Manca un tassello, che Orvieto avremo tra cinque anni? I numeri restituiscono una città molto più anziana, con meno abitanti, con un’economia ingessata e ora senza rappresentanti nella banca locale, nel silenzio più assordante, dei candidati sindaco.




La politica “artigianale” dell’impossibile

La politica è l’arte del possibile, come ricorda Claudio Lattanzi. Ma in una Città come la nostra ora ci si aspetta che possa trasformarsi nell’artigianato dell’impossibile. Basta immaginare per un attimo come lavorano proprio gli artigiani: creano e lo fanno spesso dal nulla. Con la volontà di fare qualcosa che non esiste, che nessuno ha tentato, perché era impensabile, impossibile.

Venga perdonato il paragone, ma si pensi al Duomo: sembra assurdo che qualcuno lo abbia realmente costruito e lo abbia fatto a Orvieto. Eppure sta lì. Insegna qualcosa laicamente. Politicamente.

Civicamente. Perché quell’invenzione (multicolore, guarda caso) sconvolge e riunisce in un simbolo, da centinaia di anni, la vita di una comunità. E ve paresse poco…. Chiunque abbia osservato da lontano la campagna elettorale, ormai agli sgoccioli, forse avrà notato la singolare coincidenza con la quale gli articoli sulla politica cittadina si alternavano con i titoli sui treni cancellati o in biblico ritardo, sulla riduzione dei collegamenti e le (fin troppo cortesi) lamentele dei pendolari avviliti. Certo, è doveroso ammettere le difficoltà che incontra un’Amministrazione nel confrontarsi con poteri centrali, regionali, società di gestione e di trasporto. Però, chi ha il privilegio di prendersi cura di una piccola Città non deve scalare l’Everest, solo la Rupe: di quante cose deve occuparsi? Due, tre? Magari quattro o cinque, certamente non centinaia come chi è primo cittadino a Roma, Milano, Palermo.

Una di queste cose dovrebbe essere chiedersi come sia possibile che una banca di Città, che ne porta il nome nelle insegne, non abbia nemmeno un-orvietano-uno nel nuovo Consiglio di Amministrazione, nonostante la Fondazione della Cassa di Risparmio ne detenga ancora un pacchetto azionario rilevante ma, evidentemente, ininfluente. Senza contare il fatto che le nomine sono arrivate a urne praticamente aperte: un atto indipendente e legittimo, ma di una superbia e di una scortesia senza precedenti. Del resto, non si riesce più nemmeno a fermare il treno giusto, tanto si può aspettare il prossimo. Che significa soltanto averne perso uno. E, a quanto pare, essersi distratti anche mentre “passava” una banca.

P.S. Anni fa, un’anziana signora che faceva due passi in Piazza del Duomo fu interpellata da un gruppo di giovani turisti: “A signo’, ma che Orvieto è tutta qui?”. E lei, indicando con fierezza la facciata, dopo una piccata pausa lunga tutti i secoli possibili, li invitò ad alzare lo sguardo: “E ve paresse poco…”.