Roberta: divisiva o civica?

Di solito quando si apre la campagna elettorale, come sta accadendo qui da noi ad Orvieto, non si fa che parlare di candidati, alleanze e programmi. Insomma tutto e tutti proiettati in avanti senza risparmiarsi. Questa frenesia non mi appassiona particolarmente fosse anche perché troppo aderente alle necessarie strategie del consenso. Al piano terra di Piazza del popolo siamo soliti guardare a questi riti con più distacco in attesa di poter intravedere magari qualcuno o meglio ancora qualcosa degno di nota. Mi appassiona invece molto di più riannodare quei fili che hanno reso possibile il presente politico e che inevitabilmente devono essere ripresi in seria considerazione per le necessarie valutazioni sul futuro della nostra amata Orvieto.

E allora per un attimo abbandoniamo il futuro e il presente, spostiamo idealmente indietro le lancette del tempo e torniamo al febbraio 2019. Germani, sindaco uscente, con non pochi mal di pancia nella sua coalizione, si ricandidava, mentre nel centrodestra? La questione lì non era semplice: Forza Italia era spaccata tra Meffi e Tardani, la base di Lega e Fratelli d’Italia mal digerivano la candidata Tardani che nel frattempo si era già spinta in avanti con una sua lista civica, ponendosi così apparentemente fuori dal perimetro dei partiti, per rappresentare il candidato unitario e unificante del centro destra. In quel momento però c’era già una candidatura realmente civica. Quella di Andrea Mazza, stimato primario e orvietano di adozione, pronto a spendersi per guidare una coalizione alternativa a quella di Germani. Poi però qualche strano cortocircuito politico ha fatto sfumare il tutto, Mazza si è misteriosamente sciolto come neve al sole e Roberta Tardani, nonostante a livello regionale Catia Polidori non la sostenesse, fu individuata come la candidata civica e vincente.

Mi sono dilungato nella ricostruzione ma non è tutto. Qualche ora prima che ciò accadesse, qualcuno, nel backstage della politica orvietana, aveva già allora fatto presente a Roma che quella candidata, seppur vincente, di civico avrebbe avuto ben poco e che il tratto distintivo del politico Tardani non era certo l’unità, quanto invece quello divisivo e che questo aspetto avrebbe pesato non poco sul valore del futuro governo cittadino. Insomma qualcuno guardò un po’ più in là del naso, considerando che la vittoria non sarebbe dipesa dal candidato vista la crisi endemica del centrosinistra regionale e orvietano, mentre la tenuta e il tenore del governo della città quelli sì che sarebbero dipesi dal candidato. Quindi meglio puntare ad un profilo realmente civico e capace di unire le forze verso obiettivi e azioni di governo qualificanti.

Così a cinque anni di distanza nel centrodestra orvietano e non solo, è ora chiaro come il sole come la cifra politica della sindaca uscente Tardani sia stata improntata ad un tattico e sconsolato divide et impera e soprattutto come non vi sia stata alcuna visione strategica. Insomma come si dice: molta ambizione e pochi contenuti. Lo sanno bene tutti quelli che, trascinati dall’iniziale entusiasmo, hanno toccato con mano l’esercizio di un potere sterile perché alimentato da un esuberante protagonismo e clamorosamente assente dai veri nodi politici che riguardano Orvieto: ospedale, discarica, caserma e via discorrendo. Per il resto invece è tutto un tripudio di concertini, parate storiche e non, sagre più o meno stellate happening da apericena con l’immancabile visibilità social. Una politica dell’apparire, un brindisi infinito proteso chissà dove?! Anche nei piani alti nella politica regionale qualcuno se n’è accorto così la Tardani divisiva ha perso il grip e anche le ipotesi di promozione sono via via sfumate, lasciando la sindaca intrappolata nella sua “vetrina dorata” magari concepita ad arte per traguardi politici ben più ambiziosi e adeguati.

L’incedere divisivo della sindaca Tardani nel migliore dei casi ha umiliato le componenti politiche della sua stessa maggioranza, mentre nel peggiore le ha letteralmente appiattite svuotandole di ogni contenuto. Così lo schianto era inevitabile con un colpo di frusta di cui già si intravedono i primi scomposti effetti. Orvieto 2025 capitale della cultura doveva essere la proclamazione e l’ennesimo pugno in faccia ai partiti di coalizione che andavano zittiti con la forza dei “successi” di una delega, quella turistica, gelosamente trattenuta e brandita in prima persona dalla sindaca in carriera. In politica però non vincono sempre e solo proclami e slogan su cui surfare saltando da un’onda all’altra e lasciando ad altri l’onere del fare. Ogni tanto in politica si è chiamati a saltare un giro e a testimoniare quanto si proclama traducendo le parole in azioni e soprattutto risultati tangibili.

Oggi, ironia della sorte toccata alla sindaca Tardani, c’è tra i candidati un’altra Roberta e così a quella divisiva si aggiunge una Roberta civica, non più Tardani bensì Palazzetti. A quest’ultima il mio ben tornata, ricordando ad entrambe invece che Orvieto non ha più tempo e risorse da investire in fantomatici Progetti. Orvieto ha un disperato bisogno del fare. Cosa? La differenza, ma di questo ne riparliamo.

ENGLISH VERSION

Roberta: divisive or civic?

Usually, when the election campaign begins, as it is happening here in Orvieto, all people talk about are candidates, alliances, and programs. Everything and everyone is projected forward without holding back. I’m not particularly thrilled about this frenzy, perhaps because it aligns too closely with the necessary strategies for garnering consensus. On the ground floor of Piazza del Popolo, we usually observe these rituals with more detachment, waiting to glimpse someone or, even better, something noteworthy. What truly fascinates me is reconnecting the threads that made the current political landscape possible, and these threads inevitably need to be taken into serious consideration when assessing the future of our beloved Orvieto.

So, for a moment, let’s set aside the future and the present, ideally shift back the hands of time to February 2019. Germani, the incumbent mayor, was running for re-election with some unease within his coalition. In the center-right camp, things were more complicated. Forza Italia was divided between Meffi and Tardani, the Lega and Fratelli d’Italia’s base didn’t seem to like Tardani, who had already launched her own civic list, seemingly positioning herself outside the party framework to represent a unifying center-right candidate. However, at that time, there was already a genuinely civic candidate, Andrea Mazza, a respected physician and an adoptive Orvietan, ready to lead an alternative coalition to Germani’s. Then, for some strange political short-circuit, everything fell apart. Mazza mysteriously disappeared, and Roberta Tardani, despite not having the support of Catia Polidori at the regional level, emerged as the civic and victorious candidate.

I’ve gone into detail with this reconstruction, but there’s more to it. Some hours before this happened, in the backstage of Orvieto’s political scene, someone had already noted to Rome that this civic candidate, despite winning, would have very little that was truly civic about her. They recognized that Tardani’s political trademark wasn’t unity but divisiveness, and this aspect would heavily affect the quality of the city’s future government. So, it was better to aim for a truly civic profile capable of uniting forces toward defining governance goals and actions.

Now, five years later, it is clear in the Orvieto and broader center-right context that Tardani’s political style has been divisive and that there was no strategic vision. The predominant characteristics are ambition with few contents, as proven by those who, driven by initial enthusiasm, got a taste of a sterile exercise of power. They realized that Orvieto’s hospital, landfill, barracks, and other crucial issues were absent from her political focus. Meanwhile, the rest of the political stage saw a plethora of concerts, historical parades, starred food festivals, and never-ending aperitivo events, with mandatory social visibility. It’s a politics of appearance and an endless toast aimed somewhere unknown. Even in higher regional politics, someone noticed, and Tardani’s divisive approach lost its grip. As a result, her chances for promotion faded, leaving her trapped in her golden showcase, perhaps meticulously designed for more ambitious and suitable political achievements.

In the best-case scenario, Tardani’s divisive course humiliated the political components of her own majority, while, in the worst case, it flattened them of any content. So, the crash was inevitable, and its effects are already visible. Orvieto 2025, the capital of culture, was supposed to be the proclamation and another blow to coalition parties, which were meant to be silenced by the “successes” of a delegation, the tourism one, jealously held and wielded personally by the career-driven mayor. However, in politics, it’s not only slogans and proclamations that lead to victory. Every now and then, politicians are called to back their words with actions and, more importantly, tangible results.

Today, in a twist of fate, we have another Roberta among the candidates. So, the divisive Roberta is joined by a civic Roberta, no longer Tardani but Palazzetti. To the latter, I say welcome back. To both, I remind them that Orvieto doesn’t have more time and resources to invest in fanciful projects. Orvieto urgently needs action. What kind of action? The difference, but we can talk about that later.