Riflessioni sullo sviluppo economico dell’orvietano (anche) indotte dalle Considerazioni della Banca d’Italia. Il problema della migrazione del risparmio

Come da tradizione l’ultimo giorno di maggio, il Governatore della Banca d’Italia ha letto le Considerazioni Finali, uno spaccato ad ampio spettro dell’economia mondiale e dei suoi riflessi su quella italiana. Molti gli spunti di riflessione, dal completamento del mercato integrato dei capitali in Euroarea, all’emissione di titoli di debito dell’Unione con caratteristiche di contenuta alea (risk-free), alle problematiche della demografia.

Qui vorrei sottolineare un aspetto discusso circa la relazione tra risparmio generato internamente all’Euroarea e investimenti realizzati, “L’interscambio con paesi esterni all’area nel 2023 superava il 55 per cento del PIL, a fronte del 40 della Cina e del 25 degli Stati Uniti. Le esportazioni contribuiscono alla domanda complessiva molto più che negli Stati Uniti”: il modello di sviluppo è risultato trainato dalle esportazioni. Nella presentazione, riportata sul sito della Banca d’Italia, chiosando “a braccio” il Governatore esplicita il problema di tale modello di sviluppo come legato alla migrazione di parte del risparmio generato internamente all’area, per cui la conclusione è che “occorre innanzi tutto riequilibrare il modello di crescita seguito nei due decenni passati, riducendo l’eccessiva dipendenza dalla domanda estera”.

Come rilevato in alcuni spunti di discussione relativi allo sviluppo economico di Orvieto, come ovvio entrati anche a fare parte dei programmi dei candidati sindaci – indotti anche dai lavori pubblicati da “Cittadinanza, Territorio, Sviluppo, CTS” – il problema sollevato dal Governatore è isomorfo a quello relativo al modello economico dell’orvietano, questo è proprio uno dei problemi che affliggono il nostro territorio, in particolare è l’aspetto più critico del mono-settorialismo del sistema produttivo: l’ipertrofia del settore legato al turismo implica un cronico saldo positivo dei conti con l’estero di Orvieto che a sua volta si riflette un’uscita di risparmio che si dirige a finanziare gli investimenti altrove; questo ci condanna a un livello d’investimenti inferiore al potenziale e a una stasi della dimensione delle imprese, pròdromo a una bassa produttività e salari al limite della sussistenza. Il risparmio generato localmente rimane superiore all’investimento esattamente del saldo positivo maturato nel settore che opera con i non residenti: questa non è neppure un’opinione ma mera algebra! Una applicazione di quella che Wittgenstein nel Trattato chiamò “funzione di verità”.

Un ribilanciamento dello sviluppo a favore della domanda interna – soprattutto della componente investimenti, che il Governatore auspica a livello di Euroarea – che a Orvieto è ora razionata da quella dei non residenti, soprattutto nel settore immobiliare, non è auspicabile per l’economia orvietana, ma cogente, imprescindibile per cambiare l’inclinazione al vespero della nostra città!

Continuare con questo modello di sviluppo? Come mi ha insegnato mio padre Melville, io rispondo:”I would prefer not to”, preferirei di no!