Qualcuno aiuti Roberta Tardani a recuperare il senso della realtà

Solo nella Orvieto dei nostri tempi può accadere che un sindaco si ostini a delegittimare e a criminalizzare un movimento civico e spontaneo di cittadini che hanno deciso di mettersi insieme per cercare di porre un argine allo scadimento progressivo dei servizi sanitari e sociali. Solo in una città ridotta come è ridotta oggi Orvieto può succedere che un sindaco rifiuti il dialogo con le persone preoccupate per un ospedale sempre più in crisi e che anzi decida di continuare ad offendere quei duemila cittadini che hanno firmato finora la petizione per il Distretto sanitario, lasciando intendere che sarebbero raggirati da chi “alimenta preoccupazioni agitando gli spettri dello smantellamento dei servizi”. Gli spettri e i fantasmi di nemici politici annidati ovunque in realtà li vede lei. Se avesse maggiore lucidità politica, avrebbe infatti capito che le persone stanno firmando perché hanno a cuore questioni serissime che riguardano la loro vita e che se in questa vicenda esiste un risvolto politico è solo quello che sta facendo inconsapevolmente lei di spingere a sinistra gente che non merita certo di essere trattata così dal proprio sindaco e che è comunque disinteressata ad ogni posizionamento politico.  Il gioco di attribuire agli altri quello che in realtà facciamo noi è vecchio e logoro, ma è esattamente quello che sta facendo il centrodestra con il recente annuncio da parte della Asl di voler accorpare Distretto sanitario e direzione ospedaliera. Una decisione schiettamente politica presa in fretta e furia senza nemmeno condividerla con i sindaci del territorio, né con gli operatori. Una decisione, anzi un annuncio, che serve probabilmente solo a mettere una pezza politica in una competizione elettorale che vede il centrodestra umbro terrorizzato dalla prospettiva di essere mandato a casa a causa della gestione sanitaria.  Se quella annunciata è una vera riforma e non solo il pretesto politico per arginare un malcontento ormai dilagante, sarebbe importante rispondere a qualche domanda:

A) Quale è l’atto formale che istituisce questa riforma?

B) Quante risorse vengono messe a disposizione?

C)In che cosa consiste effettivamente l’innovazione? Nel risparmio di un dirigente? Con quale criterio verrà individuato il dirigente?

D) Cosa si intende quando si parla di integrazione?  

E) Quale personale si vuole utilizzare per l’assistenza infermieristica domiciliare, quale prospettiva per gli infermieri dell’ospedale? Quale personale si intende utilizzare in pronto soccorso e per i medici di medicina generale?

F) Quali spazi verranno usati per la specialistica ambulatoriale?

G) Quale strumentazione verrà usata?

H) Si andrà verso un potenziamento dei servizi territoriali o un accentramento degli stessi sull’ospedale, che però essendo un Dea di primo livello ha già diverse peculiarità da svolgere e criticità da superare? Come sarà gestito questo doppio livello?

I) quando ed in quale sede il sindaco ha raccolto le istanze del territorio?

L) In quali sedi ha discusso del nuovo piano sanitario regionale che tra l’altro non è ancora stato approvato in Consiglio regionale, quindi esiste al momento solo una proposta ?

Se tutti questi interrogativi troveranno risposta e si capirà che oltre alle chiacchiere ci stanno anche soldi, personale e macchinari, tutti ne saremo sinceramente contenti perchè i giochi politici interessano solo ai politici. Così come lo saremo quando diventerà realtà anche la famosa promessa elettorale della scuola di polizia nell’ex caserma Piave.

L’auspicio è che questo “accorpamento”possa produrre effetti positivi e che la Giunta comunale possa rivendicarlo come un proprio merito, il timore è che si tratti di un escamotage per bloccare una petizione che sta creando grande preoccupazione. La raccolta firme invece proseguirà fino alla fine perchè tra pochi mesi ci saranno probabilmente nuovi vertici politici in Regione e nuovi manager sanitari e a tutti deve essere ben chiaro che Orvieto non è disposta a subire ulteriori penalizzazioni. Indipendentemente dal colore politico di chi potrebbe infliggerle.