Maravalle, “salute pubblica: l’unione fa la forza”

Ho appena letto un articolo intitolato “Sulla sanità è scontro tra sindaci”, e purtroppo non sorprende. Ci troviamo nella terra dei “Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura, color già tristi”, e tale condizione sembra riflettersi nell’articolo. Una considerazione chiave è che il territorio orvietano, così come quello ternano, pur in misura diversa, è storicamente marginale e politicamente poco influente rispetto a Perugia. Ciò detto, anziché dividersi, sarebbe più utile ricordare che “l’unione fa la forza”, specialmente se l’obiettivo è migliorare i servizi sanitari e sociali a favore dei cittadini, come peraltro promosso dal Comitato di Salute Pubblica.

Nel 2022, quando si dovevano presentare osservazioni al Piano Sanitario Regionale, tutti i sindaci firmarono un documento che chiedeva il mantenimento del Distretto socio-sanitario di Orvieto, la realizzazione di un Ospedale di Comunità presso la sede in piazza del Duomo e di un centro socio-sanitario a Ficulle. Anche nella recente riunione della Zona Sociale, i sindaci – all’unanimità- hanno confermato quanto sottoscritto nel 2022 e la richiesta di un incontro con il Direttore dell’ASL per chiarire la proposta di integrazione tra la direzione ospedaliera e quella dei servizi socio-sanitari. In quel caso, pragmaticamente, sarà bene chiedere una modifica al PSR per ricomprendere il Distretto di Orvieto e riferire la sperimentazione solo alla governance, anche predisponendo un documento ad hoc supportato dalla raccolta di firme.
Il Comune di Ficulle, con delibera di Consiglio, ha proposto la creazione di un Tavolo del Welfare Sanità e Sociale, che abbia lo scopo di esaminare le criticità dell’Ospedale e dei servizi sociali per proporre soluzioni, favorire l’integrazione tra i servizi sanitari e sociali. Questo tavolo dovrebbe coinvolgere tutti gli attori principali: istituzioni, personale medico e sanitario, realtà del no profit e, non meno importante, i comitati dei cittadini. In questo modo – insieme ed uniti – potremmo evitare di ripetere il destino dei Monaldi e dei Filippeschi, che Dante condannò all’inferno.