C’è una campagna elettorale ufficiale e una sotterranea. La prima si svolge alla luce del sole, la seconda si sta definendo nell’ombra, tra incontri riservati fuori città e intensi scambi whattsapp. Nella seconda, si muovono da protagonisti una signora per la quale le elezioni di giugno rappresentano una questione di vita e di morte, in cui sono in ballo prospettive personali e di carriera di importanza centrale e un giovin signore figlio d’arte che ha capito tutto delle logiche della politica ed è intenzionato a massimizzare personalmente l’attivismo movimentista nel quale sono coinvolte menti brillanti di quella generazione di trentenni che per fortuna esiste ed è vitale. Resta da capire se in quel gruppo tutti, qualcuno o nessuno abbiano ben chiaro e condividano il lucidissimo progetto di potere personale che il leader-figlio d’arte-americano del Kansas sta perseguendo con lucida determinazione. Pianificato con largo anticipo e dissimulato dietro il polverone emotivo dei “giovani che finalmente si interessano di politica”, il piano prevede di valorizzare il movimento per arrivare prima o poi (meglio prima) a ricoprire qualche prestigioso incarico ai vertici di istituzioni culturali, partendo dall’Opera del duomo (il cui debolissimo presidente targato Pd mantiene pro tempore la poltrona in virtù di un accordo spartitorio suggellato dalla signora in questione), ma puntando ad enti culturali molto più importanti.
Un ambizioso e legittimo piano di ascesa personale che, per essere portato a termine, necessita del supporto di un movimento politico capillare, meglio se presente nelle istituzioni. Da qui la scelta di partecipare alle elezioni senza stringere alleanze elettorali pur sapendo di non aver alcuna possibilità di vittoria, ma con l’obiettivo anzi di diventare un soggetto politico con cui tutti dovranno fare i conti da giugno in poi, essendo alimentato da tanti ragazzi di talento e valore. Anche motivati dalla stessa intelligente spregiudicatezza? Chissà. Una sorta di “partito personale” le cui velleità di carriera individuale sono state subito accolte dalla signora i cui tailleur potrebbero tra pochi giorni non abbinarsi più alla fascia tricolore. Ai due è bastato pochissimo per intendersi in funzione del secondo turno elettorale. Lei del resto, la signora-asfalatrice, ha imbarcato tutti: socialisti di vecchio corso con qualche reticolo di consenso ancora in funzione, ex segretari del Pd con utili ramificazioni familiar-politiche, ex dissidenti rampanti di Forza Italia, ex militanti di estrema destra, desperate housewives e altri campioni di varia umanità. Tutti dentro senza andare per il sottile. L’importante è non essere costrette a cambiare vita proprio a luglio, con quel caldo che farà. Anche l’accordo fatto recentemente col sindaco di Terni Bandecchi per evitare una candidatura autonoma del suo movimento, con la promessa di sostenere alle regionali un loro uomo (pare vero) rientra in questa visione del non farsi sfuggire niente e nessuno, compresi gli accordi con le due o tre famiglie che qui contano sul serio.
La signora “pigliotutto” e il giovin signore temono ovviamente poco o niente un Pd più bollito che vivo, hanno paura solo del vero Ufo di questa campagna elettorale. Quella Roberta Palazzetti che ha rotto le uova nel paniere ad un centrodestra che già si sentiva la vittoria in tasca e che è l’unica ad avere il potenziale per sparigliare le carte, mandare per aria le cineserie interessate e semi clandestine di chi deve soprattutto trovare (o evitare di dover cercare) un lavoro. L’unica candidata capace di voltare pagina nella storia di una città indirizzata sul piano inclinato del declino e che rischia di finire governata e da giovin signori dall’ambizione sconfinata e in cerca d’autore e da signore pronte a tutto pur di non dover tornare nell’anonimato.