La sanità orvietana è malata

Con grande rammarico e preoccupazione, ma anche con molta rabbia, devo far presente all’assessore alla sanità, nonché sindaco di Orvieto, Dott.ssa Roberta Tardani, che la situazione del nostro ospedale è drammatica. Nonostante i Suoi appelli alla Presidente Tesei e le Sue recenti ottimistiche previsioni sul futuro della sanità locale, persistono criticità intollerabili.

Faccio degli esempi per rimanere sul concreto. Ad Orvieto abbiamo un day hospital oncologico che lavora con grandissimo impegno, con personale preparato e sempre disponibile. Ma un day hospital non è un reparto vero e proprio. Ciò significa che ha delle limitazioni enormi in termini di operatività e di risorse. Per esempio, nei festivi (sabato e domenica, e durante le feste) rimane chiuso. Questo significa che chi si deve curare, chi deve far le chemioterapie deve sottostare ad interruzioni del protocollo. I tumori purtroppo non rispettano le chiusure nei festivi, vanno avanti. Come possiamo fare per risolvere la situazione? Di quali risorse abbiamo bisogno per far si che i malati oncologici possano ricevere le cure di cui hanno bisogno 365 giorni all’anno?

Secondo problema: i protocolli covid. Mi chiedo: come si fa, a distanza di due anni, a non aver ancora previsto dei protocolli di accesso alternativi per i malati oncologici? Se un malato oncologico ha il covid (anche in forma lieve, asintomatica) non può accedere alle cure. Ma siamo matti? Capisco che la pandemia ha sottratto attenzione e risorse a tutte le altre patologie, ma qui si rischia la pelle. Il day hospital oncologico non cura le dermatiti (ammesso e non concesso che le dermatiti possano attendere). Allora mi chiedo: quali soluzioni possono essere trovate per far si che chi deve curarsi possa farlo senza interruzioni assurde dovute ad ottusi protocolli?

Esiste un direttore del presidio sanitario di Orvieto? L’assessore è a conoscenza dei problemi sopra evidenziati? La prossima volta che leggeremo che va tutto bene e che a breve risolveremo tutti i problemi, chiediamoci come. Iniziamo dalle cose concrete, non dalla propaganda. Non parlo di altre questioni perché altrimenti dovrei scrivere un libro. Mi dispiace per gli operatori sanitari che devono lavorare in condizioni assurde, ma mi dispiace ancora di più per i pazienti, che non ricevono le cure che meritano. I pazienti che hanno avuto esperienze negative dovrebbero unirsi e fare presente quello che non va. Intanto, attendo risposte sulle due questioni da me sollevate.