La sanità che soffre. Le mille difficoltà dei medici di famiglia, pochi e con tante regole da rispettare

I medici di base e le prestazioni specialistiche, gli esami diagnostici ei costi delle medicine sono i nuovi fronti aperti nella più grande crisi della sanità umbra, ma non solo.  Per quanto riguarda i medici di famiglia in tutta Italia c’è sofferenza perché manca il ricambio generazionale, mancano nuovi medici e questo si trasforma poi, per il cittadino, in una forte penalizzazione e in un gap socio-economico che evidenzia sempre più chi è in una oggettiva situazione di difficoltà finanziaria. 

Ma quali sono i problemi?  Tanti e i medici di famiglia lo hanno più volte evidenziato sia in occasioni pubbliche che in conversazioni private magari con i propri assistiti che chiedevano spiegazioni sulle tante disfunzioni della sanità pubblica.  L’ultima grana riguarda le prescrizioni di farmaci messe sotto stretta osservazioni in nome del risparmio.  Troppo sotto osservazione e spesso con evidenti contraddizioni.  Cosa dicono i medici?  E’ difficile districarsi nelle tante circolari e indicazioni tassative e si rischia in prima persona perché la Regione ha spiegato in maniera lapidaria che c’è la possibilità di essere messi sotto accusa per “danno erariale” per una prescrizioni non in linea con le indicazioni ufficiali.  Eppure un professionista formato per quasi 10 anni e poi a lavoro sul campo dovrebbe ben conoscere le esigenze del proprio assistito, sicuramente meglio di chi da lontano scrive spesso cervellotiche indicazioni e prescrizioni.  Ci spiegano alcuni medici che “ogni paziente ha una sua storia personale e poi conta anche l’età.  In alcuni casi anche la sola variazione del packaging dello stesso farmaco crea difficoltà.  Ora siamo obbligati a prescrivere per una data patologia il farmaco a più basso costo in assoluto”.  In pratica il medico diagnostica la patologia ma poi la cura è uguale per tutti, non solo non viene presa in alcuna considerazione il rapporto costo/beneficio, l’unico vero e reale in termini curativi.  Poi ci sono i tetti prescrittivi dei farmaci che sono a parziale o totale carico della sanità pubblica e anche qui il discrimine è il costo e non il beneficio.

Ci svelano poi un arcano che riguarda l’abbattimento delle liste d’attesa che in Umbria è stato raggiunto in quota parte anche dalla decisione, sempre presa dall’alto, di tagliare coloro che erano in attesa per un esame diagnostico di prevenzione quindi con tempi stabiliti.  In pratica se il medico prescrive un esame diagnostico perché c’è il sospetto di una patologia anche grave o si accetta la prenotazione in giro per l’Umbria oppure si viene “dimenticati”.  C’è poi l’altra stranezza delle categorie di prenotazione per cui può capitare che effettivamente in ospedale ci sia posto ma non si è nella categoria giusta. Con questi “giochini” le liste d’attesa hanno avuto una prima decisa sfoltita ma solo perché chi ha potuto ha scelto il privato e gli altri sono stati obbligati a rinunciare o attendere in silenzio.  L’unica via d’uscita che può utilizzare il cittadino è il D.L. del 29 aprile 1998 n.124 che prevede nel caso in cui non venga erogato il servizio entro i 60 giorni di usufruire del privato per poi chiedere il rimborso alla USL defalcando l’eventuale costo del ticket dovuto, magra consolazione ma almeno si ha il servizio nei tempi previsti e al costo della sanità pubblica.

Ultimo capitolo, ma non per importanza, la qualità del lavoro per i medici di famiglia.  In questi anni la mancanza di professionisti nel settore si è andata aggravando e tutto questo si sapeva, molto bene, fin dal 2010.  Causa il numero chiuso ma nessuno è intervenuto per cambiare e oggi le conseguenze sono visibili, concrete.  In alcune aree non è assicurata l’assistenza medica, in altre sono i medici sottoposti a ritmi di lavoro insostenibili perché comunque devono fare i conti anche con la burocrazia asfissiante, con le esigenze di una popolazione sempre più anziana e quindi spesso con più patologie da gestire muovendosi a zig zag fra prescrizioni, direttive USL o regionali, circolari AIFA evitando conseguenze anche giudiziarie piuttosto gravi. La sanità soffre, i professionisti soffrono, i cittadini soffrono e le istituzioni non riescono a dare risposte in tempi brevi, sostenibili, anzi complicano, vietano in nome del risparmio cieco e senza prospettive, solo per ottenere il risultato finanziario e magari ottenere il premio ovviamente in denaro.