La “romanizzazione” di CariOrvieto nel più assoluto mutismo della politica e con nuove nubi all’orizzonte per la città

Con poche righe di comunicato ufficiale MCC ha completato la “romanizzazione” della Cassa di Risparmio di Orvieto iniziata nel bel mezzo del periodo elettorale con il rinnovo del cda della stessa banca.  Proprio a ridosso del ballottaggio, infatti, si è tenuta l’assemblea dei soci che ha sancito il divorzio tra i due azionisti, MCC e Fondazione CariOrvieto.  E’ un processo iniziato precedentemente con l’aumento di capitale a cui la Fondazione ha deciso di non aderire scendendo al poco meno del 15% nella SpA bancaria della città.   Ma il “commissariamento” si badi bene fra virgolette perché non si tratta assolutamente di un atto ufficiale ma morale, è partito dai tempi del mancato esercizio della put option nei confronti di BPBari.  Altri tempi!  Poi, chiusa l’era Ravanelli si è aperta la strada a una presidenza non orvietana ma perugina con Farabbi e ora romana con Ferranti.  Tutto è avvenuto con la Fondazione che ha scelto di non puntare più sulla banca lasciando campo libero a MCC che senza spendere un euro è il nuovo “padrone assoluto” dei destini dell’istituto di credito.  Tutto questo è avvenuto nel mutismo assoluto della maggioranza e dell’opposizione, con qualche timida eccezione, ma molto timida. 

E’ vero il Comune non conta, anche se ha un suo rappresentante nella Fondazione che avrebbe potuto svolgere un ruolo più attivo insieme al sindaco, come è già avvenuto in passato in momenti difficili per la banca.  Ma non è stato così!  Intessere rapporti, discutere, incontrarsi con un azionista di controllo come lo Stato si poteva pianificare, invece silenzio, neanche una critica seppure minima.

Così la città ha perso un altro pezzo fondamentale nell’economia locale.  Una perdita iniziata con CariFirenze che aveva già svuotato di ogni autonomia Orvieto.  Con BPBari si è drenato denaro dal territorio per finanziare la crescita della capogruppo, in particolare con l’operazione Tercas, e poi per sostenere il bilancio sempre di Bari.  E ora?  Si poteva gestire tutto diversamente, magari senza rinunciare alla partecipazione all’aumento di capitale puntando a un ritorno all’utile e quindi al dividendo nel breve-medio periodo; negoziando azioni in favore delle imprese piccole e medie e altro.  La Fondazione ora ha una partecipazione ancora cospicua se paragonata alle sue consorelle regionali, ma è troppo piccola e allora potrebbe anche esserci qualche ulteriore sacrificio, ancora una volta a carico della città. 

Questa volta speriamo veramente di poter scrivere una storia diversa nel prossimo futuro.