Il 25 aprile è la festa degli italiani

È un 25 Aprile molto particolare quello che ci apprestiamo a vivere. E’ il primo 25 Aprile della storia repubblicana con un governo di destra (e non di centrodestra come invece già accaduto) al potere ed è questo un elemento che lo rende unico nel suo genere. I segnali che arrivano in queste ore che precedono la festa di noi italiani, liberati dal nazismo e dal fascismo, grazie alle forze alleate ed ai partigiani, non sono sicuramente edificanti ed incoraggianti.
Da parte della presidente del consiglio Giorgia Meloni è sincera la richiesta di una vera pacificazione nazionale, ma perché questa avvenga dovrebbe tenere a freno le dichiarazioni dei suoi ministri e dei suoi colleghi di partito. In questi mesi di governo siamo passati dai festeggiamenti e dalle celebrazioni  per la nascita del Movimento Sociale Italiano nel 1946, erede anche nel nome di quella Repubblica Sociale Italiana alleati dei nazisti, alle polemiche su via Rasella, dove a venire uccisi, secondo il presidente del Senato La Russa, furono soltanto dei semi- pensionati di una banda musicale, con goffa rettifica dello stesso nelle ore successive e con la premier costretta a definire l’uscita una “sgrammaticatura istituzionale”. Sgrammaticatura però nella quale è ricaduto il ministro Lollobrigida con la sua “sostituzione etnica” riguardo la questione migranti e con l’ultima perla di nuovo del presidente del Senato che pensa bene di festeggiare a Praga la festa degli italiani, rendendo omaggio ad una vittima del comunismo, Jan Palach, ed allo stesso tempo di “indorare la pillola” recandosi nel campo di sterminio nazista di Theresienstadt, in una sorta di comunanza tra i due temi che scontenta tutti ed invocando un “pareggio” che non fa onore alla sua carica e alla Storia.
Agli italiani democratici non serve poi sapere se nella costituzione sia citato o meno il termine “antifascismo”, perché l’antifascismo è un valore fondativo ed indispensabile per la vita di chi ha a cuore la libertà di ogni individuo.
Nel campo avverso, quello della sinistra, rimane ancora il vizio di forma di considerare il 25 Aprile non la festa della libertà per gli italiani ma una data in cui includere altre cause e altre bandiere, se non quelle dei paesi alleati e della Brigata Ebraica che liberarono assieme ai partigiani democratici  comunisti, laici, ebrei, cattolici, l’Italia dall’invasore nazista e dai suoi accoliti fascisti. Allo stesso tempo qualcuno, nel loro campo politico, dovrebbe ricordare ad esponenti del PD come il sindaco di Bologna Matteo Lepore, che i partigiani sono stati profondamente patrioti e che avere il “senso della patria” non è un valore negativo. Il termine “patriota” non può e non deve essere un appellativo ritenuto di esclusiva proprietà delle destre e tantomeno non deve avere una accezione criticabile. Tutto questo crea motivi di grande confusione attorno ad un giorno che dovrebbe rimanere sacro per tutte le generazioni.
La relativizzazione di una data simbolica ed importante come quella del giorno della Liberazione rischia di diventare una babele, dove si perde il significato profondo della giornata. Un segnale positivo arriva dalle dichiarazioni del presidente della Camera Lorenzo Fontana il quale dice che 25 Aprile e Resistenza sono patrimonio nazionale di tutti. Non può esserci pacificazione senza che finalmente non vengano fatti definitivamente i conti con la storia nazionale e con le responsabilità del fascismo, bieco alleato del nazismo e la speranza è che sia proprio il governo di destra, con una presa di coscienza netta, consapevole ed inequivocabile, a chiudere questo triste capitolo della Storia.
Ma per far sì che ciò avvenga basta con le sgrammaticature, basta con le uscite folkloristiche e fuori dal tempo, basta con il mettere sullo stesso piano fascismo e comunismo in una gara sterile, equivoca ed inutile che non porta a nessuna soluzione e soprattutto consente di poter dire, a chi è fieramente democratico, che “non tutti gli antifascisti erano democratici ma sicuramente tutti i democratici erano antifascisti” come ricordato giustamente dal collega Antonio Polito in un editoriale di sabato scorso.