Estradato il padre della povera Saman e ora la giustizia faccia il suo corso

Tra le tante notizie apparse in questi giorni nelle cronache italiane, ce ne è una che forse è passata un po’ inosservata ed invece è una grande notizia per quanto riguarda il tema dei femminicidi e delle violenze di genere.

Estradato dal Pakistan, grazie alla cooperazione internazionale delle forze di polizia, lo Scip, Direzione Centrale della Polizia Criminale, è ora nel carcere romano di Rebibbia Shabbar Abbas, padre della povera Saman, uccisa dai propri familiari nella notte tra il 30 aprile ed il 1° maggio del 2021 in maniera barbara e crudele.

La colpa di questa ragazza era di aver rifiutato le nozze combinate dalla famiglia con un suo cugino in Pakistan e per questo la ragazza fu picchiata e sottoposta a ripetuti maltrattamenti e violenze, fino allo strangolamento finale per poi essere sepolta e abbandonata in un casolare vicino la casa di famiglia a Novellara, in provincia di Reggio Emilia.  I protagonisti di questo assassinio, padre, madre ed altri parenti della giovane si dileguarono in fretta facendo perdere le proprie tracce, trovando rifugio nel paese asiatico di provenienza. È questa una grande vittoria diplomatica e della giustizia per l’Italia perché non era così scontato che si riuscisse ad ottenere quello che il ministro Nordio ha giudicato un grande risultato per il nostro Paese.

Ottenere l’estradizione da un paese estremamente fondamentalista, dove nelle madrasse islamiste vigono i dettami della Sharia e dell’Islam più rigido, non deve essere stato semplice.

Va ricordato che il Pakistan è il paese nel quale avvenne il primo assassinio per sgozzamento e la decapitazione di un occidentale da parte degli estremisti islamisti di Al Qaeda ed Isis. Era il 1° febbraio del 2002 quando il corpo senza vita del giornalista americano Daniel Pearl fu ritrovato a Karachi, dopo un drammatico rapimento che portò a questo delitto così truce per il quale inizialmente l’artefice principale, Ahmed Omar Saeed Sheik, cittadino britannico di origine pakistana, fu inizialmente condannato a morte per impiccagione, ma grazie alla complicità dei tribunali pakistani e dell’Isi, I temibili servizi segreti pakistani che coprirono e depistarono le indagini, l’assassino ed i suoi accoliti ricevettero la grazia.

La colpa di Daniel Pearl era quella di essere giornalista, di essere americano e quindi un simbolo forte dell’Occidente, di essere ebreo.  Una miscela che in un paese che risulta essere uno dei più fieri nemici dell’Occidente (anche se subdolamente lasciano credere il contrario per curare i propri interessi nazionali), irrispettosi dei diritti umani, che da anni mantiene un contenzioso causa di ciclici conflitti armati con l’India per le zone contese del Kashmir, dove l’Islam radicale ha il sopravvento su tutto ed i suoi celeberrimi servizi segreti sono temibili per l’operato spietato, dotato di armi atomiche, essere riusciti a riportare in Italia il padre despota che si è macchiato, assieme alla moglie ancora latitante, di un assassinio così efferato va considerato un momento molto importante,.

Tutto ciò perché si renda giustizia alla povera Saman colpevole solamente di amare il suo fidanzato italiano e di voler vivere una vita libera e priva di condizionamenti come la famiglia autoritaria e dispotica le avrebbero imposto.

La speranza è che gli assassini paghino e la pena sia esemplare perché non vi siano più altre Saman da piangere.