Competenza e lavoro per invertire la rotta e coinvolgere tutti in un nuovo modello di città

Le elezioni sono il luogo del dibattito, dei programmi, dei progetti e delle promesse.  Saper leggere tra le righe è esercizio non sempre facile, soprattutto per chi non è avvezzo alla politica, quella con la “p” minuscola, quella delle occhiattacce, delle ritorsioni sciocche, dei post scomposti, delle promessine e delle squadre fortissime che però non vengono mai presentate.  Se non la pensi come il padrone della ferriera, sei un nemico da abbattere, non un avversario da sconfiggere grazie ad un programma più convincente e realistico.

Con gli slogan, gli attacchi, la “caciara” si tenta in ogni modo di distrarre città e cittadini dai problemi reali.  Non va tutto bene, nonostante i commoventi dialoghi teatrali, c’è una città reale con un tasso di povertà che è in costante aumento, un invecchiamento della popolazione che, se da una parte segnala il lavoro eccellente dei medici di famiglia, dall’altra indica che i giovani rimangono al palo e dopo l’adolescenza passata in mezzo al tufo e nelle scuole, sono costretti a partire per studiare prima e per lavorare poi.  E’ un fenomeno che fino a inizio millennio era circoscritto mentre ora è trasversale, non guarda più il censo o il peso familiare in città.  Quelli bravi sono costretti a partire per l’asfittico panorama economico locale.  Non è colpa solo dell’imprenditoria territoriale.  Manca un progetto politico dedicato agli investimenti e un dialogo costante con le principali istituzioni bancarie che hanno come riferimento il territorio: Fondazione Cro e banche che hanno un legame con Orvieto e l’Umbria. 

Ogni progetto senza la gamba finanziaria non si sostiene, non si concretizza, non ha futuro e rientra nei sogni e nella categoria elettorale del “fumo negli occhi”.  E serve poi chi progetta avendo contezza dei costi altrimenti anche i programmi che sembrano realizzabili poi rimangono tristi cattedrali nel deserto che comunque costano alla collettività per la manutenzione, così come è successo troppe volte nel passato anche recente. 

Ha ragione da vendere l’amico Marco Fratini ma per arrivarci serve competenza, conoscenza dei processi economici e finanziari, dei bandi europei, dei sistemi complessi in maniera diretta e non per interposta persona.  Soprattutto serve chi ha capacità e, ancora una volta, competenza per convocare gli attori principali con già delle idee da proporre.  Convocare e promettere tavoli, consulte senza un’idea di partenza è un modo della politica per pulirsi la coscienza e non fare nulla, scaricando la responsabilità su chi partecipa che “non è propositivo”. 

Torniamo alla povertà che è strettamente collegata a uno sviluppo economico mancante, nonostante il mantra “è tutto pieno”, e non basta un gruppo social per risolvere il problema e ripetere all’ossessione “siamo tra la gente”. E’ necessario supportare fattivamente le istituzioni che si occupano di povertà e dei bisogni, quelle riconosciute legalmente, trasparenti e non presenti solo sui social e senza un controllo da parte di organi terzi. 

Per supportare l’economia e aiutare i cittadini in difficoltà il Comune da solo non può e allora ecco che si torna alla proposta dell’amico Marco Fratini (la Fondazione preferisce l’elicottero al treno).  Serve un primo cittadino che abbia la competenza e la capacità di convocare un gruppo concreto di supporto e aiuto con gli strumenti finanziari possibili, con tecnici ad hoc e senza perdite di tempo e selfie di rito.