Ancora sulla banca locale: ciò che si sa… si può dire in tre parole

Sono grato all’Associazione Praesidium che ha voluto considerare meritevoli di attenzione le mie argomentazioni sulla banca locale. Il lavoro che è stato proposto alla lettura della collettività, nella forma di una lettera aperta, tocca molti aspetti rilevanti: l’impatto dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale in finanza, le economie di scala e anche di scopo (credo sia statiche sia dinamiche), fino ad arrivare all’articolazione del sistema europeo delle banche centrali e dell’euro digitale; una congerie di proposizioni che richiedono, almeno da parte mia, ulteriori ri-letture e riflessioni che mi prometto di esperire nei prossimi giorni.

Ma queste importanti considerazioni non giocano assolutamente nessun ruolo nel supportare le mie tesi!

Per convincersene, provo a ripetere il ragionamento questa volta con un esempio: in una data zona opera la filiale di una banca nazionale N e un’impresa locale I che vuole finanziare un progetto d’investimento, come cambiano le sue probabilità di ottenere i fondi se anziché N sul territorio è attiva la banca locale L?

Proviamo a descrivere i vari casi, che si riducono a quattro:

  1. Sia N che L finanzierebbero I
  2. Sia N che L non finanzierebbero I
  3. N finanzierebbe I e L no
  4. N non finanzierebbe I e L sì.

La differenza delle probabilità di ottenere i fondi tra i due scenari, – banca N e banca L –  si riduce, quindi, alla differenza tra le frequenze del caso 4) e quelle del caso 3). A sua volta tale differenza dipende dalla circostanza che L trovi meritevole I e N no, e viceversa; cosa può indurre questa casistica? Per motivi di sana e lodevole pigrizia, anziché scrivere ex novo faccio copia e incolla dal mio precedente contributo: ecco le motivazioni, già proposte,

… gli unici casi in cui, probabilmente, la banca locale avrebbe ragione d’essere sono, in primo luogo, quando vi sia una forma di informazione (molto) asimmetrica: l’istituzione specializzata sul territorio è in grado di meglio valutare le aziende del comprensorio e di non commettere errori di selezione nelle quali cadrebbero, invece, le banche nazionali. In secondo luogo, nei casi in cui la banca nazionale, per qualche motivazione, non effettui gli investimenti locali, anche se ottimali. Infine, quando la banca locale abbia una minore avversione al rischio e quindi si spinga a finanziare anche attività aleatorie che la banca nazionale scarterebbe…

Il punto che sembra sottolineare l’Associazione è quello della asimmetria informativa, citato da me al primo posto, ma nel periodo dell’inflazione dell’informazione che N abbia un deficit informativo non è realistico, e in ogni caso non è scontato che L sia meglio informata, perché dovrebbe esserlo? Ma soprattutto la (presunta) distorsione di cui sarebbe afflitta N dovrebbe essere sistematicamente di sottostimare il potenziale di I, mentre più realisticamente l’errore sarebbe anche di tipo opposto, nella cui casistica N finanzierebbe e L no (caso 3). Siccome dai casi ricadenti in 4) si devono sottrarre quelli rientranti nel 3), cioè le casistiche in cui N finanzierebbe e L no, le (eventuali) distorsioni tendono a compensarsi.  

Come detto nella precedente nota, questo mi sembra conclusivo, senza contare gli aspetti legati al rischio di L, dovuto all’atto di finanziare progetti con un rendimento/rischio non ottimale. Tutto qua. Come ci rammenta Wittgenstein in esergo al Trattato “…e tutto ciò che si sa, ciò che non si è sentito solamente brontolare e mugghiare, si può dire in tre parole”.