Tesei e Tardani alla ricerca di una via d’uscita per la CRO ma forse è tardi

La corsa alla Cassa di Risparmio si arricchisce di un nuovo capitolo piuttosto gustoso. Sindaca e presidente della Regione incontreranno i sindacati per ribadire che “il mantenimento di una banca di territorio, capace di sostenere le imprese, le famiglie, i giovani, e la salvaguardia i livelli occupazionali sono le condizioni che chiederemo a qualsiasi interlocutore che ci troveremo di fronte”. Per farlo hanno in programma anche un incontro con il presidente della Fondazione. E poi?

Nel post pubblicato sui social c’è una ricostruzione piuttosto interessante. “Ho avuto contatti anche con il presidente della Fondazione Cro che incontrerò a breve per costruire insieme una strategia comune”, riferisce il primo cittadino. “Come ho avuto modo di ribadire in consiglio comunale – aggiunge – l’Amministrazione farà quello che ha fatto nel momento in cui si era paventata la fusione con la Banca Popolare di Bari e si pensava di perdere la banca del territorio”. La storia è diversa, anche perché intervenire nelle dinamiche di due enti privati, due società private tra l’altro con tre enti regolatori pesanti come Bce, Bankitalia e Consob, è almeno complicato. Con una mossa azzardata, all’epoca furono l’allora presidente della Fondazione, Gioacchino Messina e Marco Fratini, allora rappresentante del Comune nella Fondazione stessa a rilanciare con il colpo di teatro sintetizzato così, “la Cro la compriamo noi”. Così fu bloccata la fusione, già messa all’ordine del giorno, di Cro in Popolare di Bari.

Oggi la Fondazione non ha possibilità di bloccare operazioni straordinarie perché scesa sotto la quota di blocco come socio di minoranza. Il socio di maggioranza è MCC, cioè lo Stato. Forse si poteva intervenire prima, discutendo confrontandosi, offrendo soluzioni e proposte. Ecco nuovamente la parolina magica che ricorre come per la sanità. Con il sindacato si parlerà di livelli occupazionali e più genericamente di territorio. Di più è proprio difficile.

Ricordiamo cosa scrisse proprio su Orvietolife Marco Fratini, “non si può definire territorio l’orvietano in termini economico-finanziari” perché mancano i fondamentali. Nel frattempo le banche oggi devono rispettare tali vincoli così cogenti che senza intervento di un istituto terzo come un Confidi non può sostenere imprese, professionisti, artigiani e privati senza garanzie e scantonando dal famoso e rigidissimo “semaforo del rating”.

Ultima domanda, e ora? Forse si potrebbe iniziare a ripensare la politica economica di territorio geografico per trasformarlo in territorio economico, vero. Trovare soluzioni potenziali per bloccare l’emorragia demografica soprattutto nella fascia produttiva della popolazione; aprire una fase di confronto franco con Regione e governo nazionale per attrarre imprese nel territorio capaci di creare una rete vera; potenziare i trasporti su ferro (nonostante la scelta di Creti per l’AV a circa un’ora di macchina dall’orvietano) e altre eventuali proposte interessanti…




Sanità e commissione consiliare, basta che non sia “passata l’elezione gabbato lo cittadino”

Si avvicina una nuova importante scadenza elettorale e la sanità torna protagonista assoluta.  Il problema reale è che rimanga occasione di proclami e non si risolvano i problemi che vengono da lontano, molto lontano e che non si attenuano.  Il rischio è alto, molto alto.

In consiglio comunale viene modificato addirittura lo statuto per creare la Commissione sanità e sociale.  Subito polemiche e zero soluzioni o meglio proposte.  Sarà sicuramente dirimente capire la composizione e la presidenza della commissione ma soprattutto il perimetro d’azione.  I sindaci hanno già uno strumento per confrontarsi e dialogare con la Usl Umbria2 e la nostra fa parte della task force.  In altre regioni hanno anche poteri ispettivi.  In Umbria i sindaci possono confrontarsi con la Usl e proporre, altra parolina magica che sembra ormai essere passata totalmente di moda nel dibattito politico locale e non solo.  Si va alla ricerca del colpevole nel passato, ovviamente della parte avversa, e si spara a zero.  Forse bisognerebbe riprendere in mano la situazione e tornare con forza alla fase della proposta e della condivisione degli interessi dei cittadini, oltre gli schieramenti politici.  Sui grandi temi si possono creare alleanze trasversali; non è peccato mortale.

Seconda questione riguarda la presidenza della commissione.  Dovrebbe essere considerata una commissione di garanzia e dunque avere la presidenza di opposizione.  La maggioranza, sempre, ha un assessore, ecco perché dovrebbero essere le opposizioni a guidarla.

E’ altresì vero che la politica sanitaria si fa in Regione ma la voce dei cittadini va ascoltata, soprattutto a livello locale e non denigrata o combattuta.  C’è un evidente malessere, tangibile e allora perché non confrontarsi, non ascoltare, non comprendere le ragioni.

Una commissione può risultare un’arma di distrazione di massa se utilizzata strumentalmente per fini politico-elettorali.  Altrimenti potrebbe essere un valido strumento per presentarsi poi in Regione con proposte e richieste certe e condivise.  Un sindaco che si presenta in Regione ha una forza diversa se ha una città compatta nonostante le diversità politiche.

I temi dirimenti non finiscono qui.  Sul tappeto abbiamo già criticità evidenti e altre più nascoste come i prossimi lavori annunciati per il Pronto soccorso e la terapia intensiva, l’urologia, il distretto sanitario, la casa e l’ospedale di comunità con il sistema di viabilità ancora tutto da scoprire.  Il ruolo dell’ospedale di Orvieto nella Regione e all’interno della USL Umbria2.  Usiamo gli strumenti a disposizione e le associazioni per avere uno sguardo d’insieme e poi confrontarsi con le istituzioni preposte da posizioni almeno di forza.

Non vorremmo che “passata l’elezione gabbato lo cittadino” come troppo spesso è successo nel passato remoto e recente.. 




Treni, il 4 ottobre inizia con un guasto ad Arezzo e nuovi ritardi

Non c’è pace per i treni e i pendolari. Dopo il giorno nero del “chiodo” che ha causato il blocco totale nel nodo di Roma dello scorso 2 ottobre, anche il 3 non sono mancati ritardi anche oltre i 20 minuti. Non solo guasti, anche il maltempo ha causato disservizi.

La mattina del 4 ottobre non è iniziata diversamente. Gli annunci laconici in stazione a Orvieto riferiscono di un guasto agli impianti di circolazione nella stazione di Arezzo. Risultato, nuovi ritardi e pendolari in attesa dei loro convogli per raggiungere il posto di lavoro e di studio. Nel momento in cui scriviamo, 7,40 del 4 ottobre il regionale 4094 per Firenze previsto alle 7,24 ha un ritardo di 30 minuti mentre l’IC581 della 7,25 per Roma 12 minuti. Proprio l’IC ha dovuto dare la precedenza a un treno AV per poi ripartire alla volta di Roma.