Il Comitato Orvietano per la Salute Pubblica lancia una petizione popolare contro la chiusura del Distretto sanitario di Orvieto

Fonte: Comitato Orvietano per la Salute Pubblica

Il tema protagonista dell’incontro del Comitato Orvietano per la Salute Pubblica di lunedì 2 settembre è stato quello del mantenimento del Distretto Sanitario di Orvieto. E’ stata organizzata infatti una raccolta firme, che impegnerà la cittadinanza orvietana per l’intero mese di settembre, a difesa del Distretto Sanitario di Orvieto, che la Regione intende eliminare, accorpandolo con quelli di Terni e Narni-Amelia.

Il Comitato per la Salute Pubblica, a poche settimane di distanza dalla sua costituzione, chiama a raccolta tutti i cittadini, le associazioni, le organizzazioni, i partiti e i sindacati a difesa di un presidio essenziale per garantire la necessaria qualità delle prestazioni sanitarie e dei servizi socio-assistenziali. La petizione si svolgerà sia attraverso banchetti per la raccolta delle firme che on-line, tramite la piattaforma change.org all’indirizzo https://chng.it/WLyNSS4KH8.

“Il Distretto sanitario è un’articolazione che assicura sul territorio di competenza i servizi di assistenza relativi alle attività sanitarie e socio-sanitarie e garantisce dunque – dicono i responsabili del Comitato – un servizio essenziale. Il Piano Sanitario Regionale 2022-2026 prevede, di fatto, la riduzione da 12 a 4 Distretti al fine. L’unica logica che secondo noi viene assecondata è quella del profitto, che comporterà ulteriori riduzioni della qualità dei servizi erogati dal Distretto di Orvieto, ed un’inaccettabile penalizzazione per il nostro territorio. Invitiamo dunque le cittadine ed i cittadini a firmare la petizione per scongiurare tutto questo” concludono.

La raccolta firme in cartaceo coi banchetti fisici ad Orvieto partirà mercoledì 4 settembre dalle ore 8:30 alle 10:30 in piazza Monte Rosa, presso il centro commerciale “Il Borgo”, per tutti i mercoledì di settembre; poi seguirà nello spazio antistante il supermercato Conad a Ciconia, al momento solo per il 4 settembre dalle ore 10:30; sabato 7 settembre dalle ore 10 alle 13 i banchetti si troveranno invece in piazza della Repubblica, mentre presso il centro commerciale “La Porta di Orvieto” si potrà firmare sabato 21 settembre per tutto il giorno dalle ore 9 alle 20; infine nei giorni di sabato 14, 21 e 28 settembre, i moduli potranno essere firmati all’ingresso dell’atrio del Palazzo dei Sette al piano terra, lungo Corso Cavour, dalle ore 10 alle 13.

All’incontro hanno partecipato numerosi Sindaci dei Comuni dell’Orvietano tra cui quello di Baschi (D. Bernardini), Parrano (V. Filippetti), Castel Viscardo (D. Longaroni), Montecchio (F. Gori), Fabro (S. Barbanera), Montegabbione (S. Caravaggi), ed altri consiglieri delle amministrazioni comunali di Allerona e Civitella d’Agliano (VT). Tra le istanze dei Sindaci, quella di cui si è fatto portavoce Damiano Bernardini, riguarda la proposta di accorpamento della Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero di Orvieto con quella del Distretto Sanitario, come soluzione all’incombente scadenza dell’incarico di direzione del Dott. Massimo Marchino al prossimo 30 settembre; la proposta viene avanzata al fine di evitare quanto accaduto al Distretto Sanitario di Narni-Amelia che si è visto sfilare la direzione del Distretto a favore di quello di Terni. Come già evidenziato nei precedenti incontri, i Sindaci presenti hanno chiesto ancora una volta la convocazione della Conferenza dei Sindaci della zona sociale n. 12 per un incontro che abbia come tema le intenzioni della Direzione Strategica della USL Umbria 2 per il “dopo-Marchino” ed evitare quanto già accaduto al Distretto di Narni-Amelia: tale scenario potrebbe costituire il malcelato preludio all’accorpamento dei Distretti, secondo quanto definito dal Piano Sanitario Regionale. Quindi aderiranno con propri banchetti per la raccolta firme, ognuno nel proprio Comune, tutti i rappresentanti dei comuni dell’Orvietano presenti ieri in assemblea.

Successivamente alcuni soci del Comitato hanno brevemente relazionato sull’incontro avuto lo scorso 26 agosto a Perugia, con altri rappresentanti dei territori umbri, per la costituzione di una rete regionale dei Comitati per la tutela dei servizi sanitari pubblici; in tale sede è stata discussa la proposta di un’eventuale lista civica per la Salute Pubblica in vista delle prossime elezioni regionali umbre, quale sintesi di un percorso virtuoso delle reti territoriali, che per loro stessa natura possono andare al di là delle dinamiche di partito e focalizzarsi sui bisogni delle comunità; prendendo atto dell’importanza di fare rete con le altre associazioni del territorio, il Comitato ha ribadito la necessità di evitare qualsiasi coinvolgimento diretto alle prossime elezioni regionali, lasciando alla libertà individuale di ognuno di scegliere, se partecipare oppure no, a progetti politici legati alle prossima tornata elettorale, con l’intento soprattutto che sulla Sanità Pubblica si arrivi presto ad un nuovo patto sociale tra tutti i partiti, in quanto “interesse comune” di tutti gli italiani. Inoltre è stato fatto presente che il Comitato organizzerà due eventi pubblici di divulgazione ed informazione, previsti per i prossimi 14 e 28 settembre, entrambi alle ore 18:00, presso il Teatro del Carmine di Orvieto, aperti a tutti i cittadini: nei prossimi giorni verranno comunicati i dettagli, i cui temi principali saranno la tutela della Salute Pubblica e l’importanza del Distretto Sanitario territoriale.

Infine sabato 14 settembre, alle ore 10:30 al Community Hub di Orvieto Scalo (in via Sette Martiri 45-51) si terrà una Conferenza Stampa per presentare ufficialmente il Comitato Orvietano per la Salute Pubblica ed i membri del suo Direttivo. Si rivolge quindi, ancora una volta, un appello pubblico a tutti i cittadini interessati a partecipare al Comitato, secondo i propri interessi, capacità e competenze, scrivendo un’email a comitato.orvietanosp@gmail.com per ricevere il relativo modulo di iscrizione all’associazione. Il prossimo incontro pubblico viene fissato per lunedì prossimo, 10 settembre 2024, alle ore 21 presso lo spazio Bi.Pop. a Sferracavallo (in Via Po n. 4) per chi vorrà partecipare in presenza o con un collegamento online per chi potrà solo a distanza.

Link alla petizione: https://chng.it/WLyNSS4KH8.




La nuova (e vecchia) metafisica della “banca locale”

Nel pieno furore della lunga estate calda, è divampata sulla stampa locale la vexata quaestio della banca locale; le narrazioni sulla questione – che si dividono nell’attribuzioni di meriti (pochi) e colpe (tante) – concordano, invece, sulla profittabilità per il territorio della presenza di un istituto di credito a vocazione locale.

In questo contributo vorrei sottoporre a verifica quest’ultimo aspetto; per fare ciò è necessario condividere una rappresentazione stilizzata del funzionamento di una banca: il modello che propongo è di una istituzione che ha una “funzione di utilità”, cioè una relazione tra posizioni assunte sul mercato dei titoli e dei prestiti e “grado di benessere della banca”. L’idea è che l’istituzione debba massimizzare tale benessere, cioè tale funzione di utilità, e per farlo scelga tra i vari investimenti tenendo conto del rendimento atteso e del rischio: ad elevati profitti si associa molta alea e viceversa. Tenendo conto dell’avversione al rischio, soggettiva, la banca assemblerà il portafoglio in grado di massimizzare la sua utilità.

Prima osservazione: almeno in linea di principio e salvo per esempio eventuali restrizioni normative, la dislocazione geografica degli investimenti conta se e solo se impatta sui rendimenti per unità di rischio, per cui è già implicita nel meccanismo descritto. Ad esempio, è empiricamente rilevato che a parità di altre condizioni le imprese del meridione hanno una maggiore probabilità di insolvenza.

Seconda osservazione: investimenti meritevoli, cioè che massimizzano la funzione di utilità, ovunque territorialmente dislocati, verranno sempre posti in essere sia da una banca nazionale sia da una locale. Stante così le cose, dove si annida il nocumento dell’assenza di una banca a vocazione locale, che le varie narrazioni danno per scontato?

Necessariamente nel fatto che una banca locale dovrebbe/potrebbe finanziare investimenti sub-ottimali, cioè che non dovrebbe effettuare, anzi non effettuerebbe, se seguisse una logica economica.

Per “forzare” la banca a non massimizzare la propria funzione di utilità, nel contesto della rappresentazione che ho proposto, si dovrebbe ammettere l’esistenza o di un vincolo – che in ogni caso “imponga” di investire un certo ammontare minimo a livello locale – o l’introduzione nella funzione di utilità, a fianco del rendimento e del rischio, di una ulteriore variabile che faccia dipendere il benessere della banca anche dal fatto che si sia investito in attività locali, indipendentemente dal loro profilo di rischio/rendimento.

Quindi, terza osservazione, il punto economico, nascosto tra le pieghe della narrazione sulla banca locale, riguarda la possibilità che iniziative che non sarebbero considerate degne di essere finanziate in assenza di un istituto a vocazione territoriale, invece lo siano in sua presenza.

Quali sono le conseguenze di questa conclusione? A livello nazionale una situazione sub-ottimale, con alcuni investimenti ottimali spiazzati da quelli sub-ottimali, a livello locale un livello ceteris paribus più elevato di investimenti industriali e una maggiore rischiosità della banca derivante dal fatto di aver assecondato progetti con un rendimento per unità di rischio non ottimale; questo ultimo aspetto è cruciale: tale alea si ripercuote sui detentori sia delle quote di capitale della banca – fondazioni, investitori istituzionali e singoli risparmiatori – sia degli strumenti di debito – obbligazioni, certificati di deposito e conti correnti – ma soprattutto assorbendo patrimonio di vigilanza, il maggior rischio erode, nel lungo periodo, le possibilità della banca di sostenere investimenti più meritevoli.

In sostanza, quarta osservazione, in virtù della politica descritta, la banca sarà meno redditiva, più rischiosa e meno in grado di finanziare in futuro gli investimenti ottimali.

Come si vede non necessariamente spingere l’investimento oltre le colonne d’Ercole dell’ottimalità è una buona prassi per il territorio, ove si valutino nel lungo periodo tutte le implicazioni. Gli unici casi in cui, probabilmente, la banca locale avrebbe ragione d’essere sono, in primo luogo, quando vi sia una forma di informazione (molto) asimmetrica: l’istituzione specializzata sul territorio è in grado di meglio valutare le aziende del comprensorio e di non commettere errori di selezione nelle quali cadrebbero, invece, le banche nazionali. In secondo luogo, nei casi in cui la banca nazionale, per qualche motivazione, non effettui gli investimenti locali, anche se ottimali. Infine, quando la banca locale abbia una minore avversione al rischio e quindi si spinga a finanziare anche attività aleatorie che la banca nazionale scarterebbe.

Sembrano veramente casi molto particolari, per cui, ahimè, si può concludere che nel lungo periodo non vi sono scorciatoie per la crescita! Neppure si può confidare nel metadone monetario prodotto da una categoria, ormai metafisica, come “la banca locale”; si tratta, invece, per i policy maker, di settare un habitat favorevole all’investimento, per le imprese, di ricomporre la filiera di produzione nella direzione della rete e nel suscitare economie di scala da integrazione orizzontale – cioè realizzare una certa fase di produzione per un gran numero di aziende – e per le banche, finanziare chi merita, cioè quegli investimenti il cui  profitto riportato a oggi, il così detto valore attuale ottenuto tramite il tasso di preferenza intertemporale di una popolazione (tasso di sconto), superi il costo dell’impianto. Gli altri investimenti? Io “preferirei di no”!