Stefano Biagioli ci risponde, “la stampa ha il ruolo di cane da guardia e non da riporto e sulle nomine alla CRO è mancato un raccordo istituzionale

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo del candidato sindaco Stefano Biagioli. E’ la risposta a un nostro editoriale sulla situazione reale della città, senza ottimismo e senza disfattismo, ma solamente concreta; sulla banca del territorio, sui nuovi equilibri nel suo cda, sul ruolo del credito per il rilancio dell’economia. Come sempre saremo altrettanto disponibili ad ospitare i contributi di tutti.

Al direttore di Orvieto-life

Sollecitato da quanto scritto da te, direttore, e da alcuni editoriali, volevo affrontare due temi. Sì, condivido. Ci sono temi sollecitati dalla stampa che non devono essere visti come una sorta di attacchi alle amministrazioni. La stampa deve fare il suo dovere, cane da guardia e non cane da riporto, sempre ed in ogni modo, affrontando questioni vere e con le proprie analisi, inchieste, critiche oggettive, sollecitare chi ha l’onore e l’onere di amministrare, nel nostro caso, una Città. Fatelo, in ogni caso. Sta a noi amministratori trasformare quelle critiche in suggerimenti, farne tesoro. E serve per fare meglio. Quindi sollecitato dal tuo intervento e quello di Marco Fratini dico sì, è mancata una regia istituzionale rispetto alle nomine della nostra banca. Me ne dolgo, ma sono un candidato e ancora non sono sindaco. Con la banca, in modo particolare la CRO ma con tutte le banche che sono presenti sul territorio e sono i custodi delle nostre ricchezze o dei nostri investimenti o ancora luogo di acquisizione finanziamenti per le nostre imprese e le nostre aziende, le nostre giovani coppie, deve aprirsi un dialogo. E va posto in essere un ragionamento: come il sistema del credito può aiutare il sistema Orvieto, raggiungendo ipotesi di collaborazione che intanto mettano i nostri risparmi al riparo. Non accada mai più quel che è accaduto nella vicenda Banca Popolare di Bari. Una vicenda ancora aperta che deve vedere l’amministrazione comunale sempre ed in ogni caso a fianco dei cittadini e delle imprese truffate. Abbiamo sofferto quel che Antonio Albanese ha sofferto, permettetemi la citazione cinematografica, in “Cento domeniche”. Quei nostri risparmi, piuttosto che in forsennate e improduttive speculazioni finanziarie, rappresentano invece il patrimonio che attraverso lavoro, fatiche, sudore sono la forza di quelle banche che deve essere valorizzata e costituire leva di investimenti produttivi sul territorio.

Il sistema del credito è essenziale per il futuro della nostra città La Fondazione ha il suo ruolo che però è essenzialmente diverso da quello della Banca.

E vengo all’altro capitolo, quello delle aziende, dell’altro sistema, quello delle imprese. Bisogna compiere passi da giganti. Ripeto come ho fatto in questa campagna elettorale: servono infrastrutture, il completamento della complanare, il casello nord, migliori collegamenti ferroviari nell’asse Roma Firenze, formazione che si leghi ai bisogni del tessuto imprenditoriale, tornare sull’ipotesi ancora non tramontata dello scalo merci a Baschi, sistemare e riqualificare le nostre aree produttive. E tutto questo si può fare perché i soldi ci sono, e non sono quelli di un bilancio comunale: sono quelli a disposizione dei bandi regionali, nazionali, europei. Ma per intercettarli servono quelle capacità che questa amministrazione uscente non ha avuto, rischiando di perdere il ricco treno del PNRR. Ho letto: “Investiti 100 milioni”. Solo slogan: come, dove e più che altro con quali obiettivi, con quale strategia comune ad un territorio che ovviamente va oltre i confini comunali, provinciali e regionali.

L’ho detto, nelle interviste. Serve una cabina di regia unitaria per monitorare ogni opportunità che la finanza pubblica e privata mette a disposizione per lo sviluppo del territorio. Lo faremo non appena insediati.

Lavoriamo insieme, con queste idee capaci davvero di cambiare i parametri attraverso cui immaginare il nostro futuro. E guardate alle squadre. Guardate a chi siederà in Consiglio Comunale con me. Alle capacità, all’orizzonte di futuro che ogni donna e uomo che hanno affrontato con me questa sfida può mettere a disposizione della città. Noi ci siamo messi a disposizione, ma la scheda nell’urna ce la deve mettere ciascun elettore.

Stefano Biagioli, candidato sindaco di Orvieto




Roberta Tardani, “è il momento di proseguire sulla strada giusta, il cambiamento non può essere il passato”

È arrivato il momento della scelta, quella più importante, quella decisiva. È  stata una campagna elettorale infinita nella quale abbiamo subito attacchi e offese di ogni tipo che proseguono anche in queste ore che ci separano dal voto e che hanno reso ancora più evidente la mancanza di idee e di proposte di chi si propone come alternativa.  nnHanno tentato in ogni modo e con ogni mezzo di toglierci quel sorriso che da loro tanto fastidio ma che rappresenta l’ottimismo con cui guardiamo al futuro e la fiducia che riponiamo nelle grandi potenzialità della nostra città.

Abbiamo risposto con l’unica cosa che conta, i fatti, parlando direttamente con i cittadini, raggiungendoli in ogni angolo di Orvieto e delle sue frazioni per raccontare loro quello che è stato fatto e quello che faremo per proiettare la città verso il futuro. Abbiamo ascoltato i problemi e abbiamo condiviso le soluzioni per risolverli, vi abbiamo fatto vedere i tanti progetti che sono stati avviati e che devono proseguire senza tentennamenti. Abbiamo dimostrato che la nostra è l’unica proposta seria, credibile, inclusiva, l’unica squadra compatta e trasparente che crede realmente che l’unità della città sia un valore da difendere. Perché solo una città unita diventa più forte.

Come può parlare di cambiamento chi rappresenta il passato e coloro che hanno mortificato una città e un territorio e che hanno dichiarato che cancelleranno quanto di buono fatto in questi anni vanificando il nostro e il vostro impegno?

Come può essere credibile chi in ogni occasione pubblica non è stato in grado di esprimere nemmeno una proposta per la città ma solo critiche e lamentele?

C’è una strada che è stata tracciata e sulla quale siamo già in tanti, c’è una strada che attraverso la continuità e la stabilità che manca da 20 anni porta a fare di Orvieto il luogo migliore dove vivere.

Il 23 e 24 giugno vi chiediamo responsabilità e coraggio per continuare questo viaggio insieme e proseguire con noi sulla strada giusta.




Il cero votivo del Comune al Corteso Storico, le curiosità note agli addetti ai lavori

La struttura, opera come tante altre di raffinato irripetibile artigianato artistico, è concepita e realizzata per contenere un cero largo una trentina di centimetri e alto un paio di metri; questo è composto da circoli concentrici di vere candele a lunghezza progressivamente decrescente, ad iniziare da quella centrale. E’ notevole pertanto la differenza di peso con i ceri dei quartieri all’interno vuoti, portati a mano da un singolo valletto. La struttura è fisicamente composta da una parte superiore in metallo pieno, non tubolare, inserita su una barella in legno massello rivestita in velluto guarnito da borchie. La struttura superiore è opera dell’artigiano/artista Marcello Conticelli, autore peraltro di gran parte dei lavori in metallo del corteo storico ideati e diretti dalla storica indimenticabile “regista” per decenni prof. Lea Pacini. Il circolo metallico più basso riporta discretamente nella parte posteriore la data 1969 nonché il nome di Conticelli, ma con una singolare umilissima particolarità. Vengono infatti esplicitamente citati gli allievi INAPLI dove l’artista probabilmente insegnava e che avranno di sicuro in qualche modo collaborato alla esecuzione materiale. Ogni stanga per il trasporto è provvista di una piccola spalliera semicurva sempre in legno ma ulteriormente imbottita per attutire il peso. Anche i costumi blu e rossi presentano tuttavia un cuscinetto imbottito poco visibile ma prezioso, cucito su ogni spalla. La spalliera semicurva lunga una ventina di cm. consente una leggera mobilità in avanti o all’indietro per adattarsi alla spalla e soprattutto alle proprie necessità del momento.

Simbologie araldiche

Il cero è guarnito anteriormente dallo stemma comunale a colori dipinto a mano su supporto semicircolare. Viene fissato con un fiocco rosso sul gruppo di candele. Le raffinate decorazioni in ferro battuto della parte superiore sostengono a ogni angolo un tondo raffigurante uno dei quattro simboli comunali metallici disposti obliquamente. I medesimi simboli comunali, croce, aquila, leone, oca, guarniscono in linea ortogonale la barella in legno con piccoli 4 drappi ricamati. Il drappo con la croce è quello posizionato avanti.

Offerta in Duomo

A similitudine peraltro di quanto avveniva in analoghe città medioevali, la tradizione ricorda l’offerta da parte del Comune di candele in Duomo. Fino a qualche anno fa si è tentato a fasi alterne di perpetuare la tradizione dell’offerta materiale del cero al Duomo. Però entrare in Duomo ed estrarre il cero inserendolo poi dentro un supporto in ferro battuto era suggestivo ma molto difficoltoso. Il cero andava pressochè materialmente “smontato” eliminando tutti i supporti non visibili di gommapiuma che bloccano con fermezza le candele senza danneggiarle nel contatto con i due circoli di metallo. L’operazione descritta sopra di “smontaggio” da effettuare in fondo al Duomo nei pressi dell’altare, oltre che non semplice andava compiuta peraltro in tempi relativamente brevi. Dovevamo rientrare nel corteo possibilmente prima che sulla piazza sfilasse la milizia, e in ogni caso prima che terminasse il corteo storico. Quasi ogni anno si rischiava per la fretta di rigare lo stemma di Orvieto dipinto. Qualche volta è successo, con la conseguenza poi di dover restaurare con difficoltà l’oca o il leone. Trovare inoltre le candele di quella lunghezza e dimensione per ricostruire tutto era ogni anno più difficile. Senza contare che infine, vedendo la barella vuota e non conoscendo la tradizione, tanti ti chiedevano ironicamente che fine avesse fatto il cero.

Valletti del Comune

Il cero viene portato a spalla, salvo alcune soste prolungate in cui viene poggiato su un supporto centrale o tenuto abbassato. La lunghezza del percorso, soprattutto aggravata negli ultimi anni con l’uscita e il rientro dalla lontana ex caserma Piave, rende molto utile cambiare spalla ad ogni turno. E’ previsto però l’anno prossimo il trasferimento dei costumi finalmente nel centralissimo Palazzo dei Sette. Al di là di ogni ovvia considerazione igienica, espositiva e di sicurezza, l’abbandono di una sede fatiscente quanto decentrata renderà molto meno gravoso l’impegno soprattutto per figuranti più soggetti a fatica. 8 sono i valletti del Comune con spalla alta circa 150 centimetri da terra divisi in due squadre di 4 che si alternano, in genere in occasione di soste con massima libertà e senza necessità prefissate. Forse solo in una occasione, una festa dell’Assunta, il cero è stato portato da 7 valletti anziché 8. L’impossibilità improvvisa di reperire l’ottavo valletto unita al percorso molto più breve rese l’esperimento possibile. I 3 valletti di scorta vennero posizionati avanti al centro in una originale quanto gradevole formazione. Solo in questa occasione venne abbandonata la tradizionale uscita con 2 avanti e 2 dietro a distanza e simmetricamente più larghi rispetto al cero centrale.

Costumi

Gli attuali costumi blu e rossi con l’aquila hanno sostituito da decenni quelli gialli e rossi con i 4 simboli comunali, molto più pregiati. Fu proprio la Sig.ra Pacini a rimarcare spesso la necessità per preservare “opere che non si rifaranno più”. Gli attuali costumi con l’aquila invece, “pur dignitosi” hanno consentito l’usura legata a fatica e sfregamenti. Le taglie sono approssimativamente le stesse. Alle calzemaglie rosse vanno abbinate scarpe sempre rosse; è però indispensabile per ovvi motivi estetici che tutti gli 8 valletti indossino scarpe con la medesima tonalità di rosso tra le due disponibili. Per motivi di ulteriore sicurezza invece la scarpa va scelta soltanto tra quelle provviste di suola antiscivolo zigrinata, difficilmente presente per ruoli meno “impegnativi”. Appena qualche anno fa si è vista l’utilità quando dopo un improvviso acquazzone diversi tratti stradali soprattutto in forte pendio erano diventati a rischio. I vecchi stupendi costumi tutt’ora in uso con i simboli comunali sostenevano invece il cero ai tempi dell’uscita dal palazzo del Popolo.

Il cero veniva portato sulla piazza già affollata poco prima dell’uscita del Corteo da personale “in borghese”; pur necessaria non era però esteticamente una soluzione oculata far scendere una struttura medioevale da gente vestita in giacca e cravatta. Il cero veniva poi collocato  dentro uno spazio transennato subito a destra della scalea. I valletti con i simboli comunali venivano invece impiegati nella discesa dalla scalea per tenere alto il mantello bianchissimo del Gonfaloniere di Giustizia che altrimenti si sarebbe sporcato. Nonostante l’autorità indiscutibile quanto temibile della Sig.ra Pacini, si narra che qualche valletto dell’epoca mugugnasse pesantemente ma solo in separata sede per questo incarico ritenendolo penalizzante se non servile/umiliante.

Compenso

Si, è vero. Il Comune paga 15,00 euro a figurante. Qualcuno che “sa” ci sfotte bonariamente per questo. E’ un importo chiaramente simbolico e legato solo ad un’antica tradizione. Fino a qualche decennio fa, terminato il corteo storico un impiegato si faceva trovare dentro al Palazzo del Popolo e pagava direttamente questo compenso agli 8 valletti che firmavano un foglio per ricevuta. Terminata l’epoca di questo pagamento diretto, solo pochissimi oggi ritirano i soldi dall’economo comunale. Non lo fanno magari per l’esiguità della somma. Oppure perché il pagamento implica sempre un procedimento amministrativo complesso e i 15,00 euro sono disponibili solo dopo diverso tempo per motivi burocratici facilmente immaginabili. Magari ti sei definitivamente dimenticato. Oppure, se capiti in Comune per caso e ti ricordi,  è ormai troppo tardi per ritirare. E nessun assegno viene spedito a casa. Ma la tradizione secondo me dovrebbe restare. Anche se al Corteo siamo in tanti a faticare. Ricordo la Sig.ra Pacini negli anni ’70 regalare un buono ai Pavesari per una consumazione al bar di Piazza del Popolo “perché questi faticano”.

Altre curiosità

Molti anni fa era consuetudine per tutta la processione fare soste molto prolungate che fermavano il corteo storico almeno nei due punti del cordone e fontanasecca. Anche per questi motivi veniva predisposto in queste zone un banchetto in ferro dove poter appoggiare il cero. Pochissimi lo sanno, ma qualche anno il bloccaggio tra metallo e candele venne effettuato in maniera maldestra. La gommapiuma dopo solo un breve tratto di strada veniva persa permettendo piccole oscillazioni del cero. Erano anzitutto antiestetiche ma soprattutto si riflettevano con molto fastidio sulla spalla. Fu indispensabile strappare qualche pezzo di carta da manifesti funebri e inserirlo a forte pressione in modo invisibile tra i ferri e le candele. Prevedendo possibili problemi ogni anno inserisco pertanto a scopo precauzionale almeno un paio di pezzi di carta piegati tra calzamaglia e cintura. Una delle ultime uscite dal Palazzo del Popolo, forse ai primi anni ‘80, fu teatro di un “siparietto” comico e surreale. Lo spazio transennato per il cero tra la folla già in attesa fu invaso “abusivamente” da un trio napoletano molto folcloristico che ballando suonava con insolito fragore fisarmonica, piffero e tamburello chiedendo a voce alta un’offerta. Lo spettacolo del tutto fuori contesto quanto inaspettato richiamò la curiosità di tanti figuranti già vestiti ed affacciati al balcone del palazzo. Seguirono di lì a poco le urla della Sig.ra Pacini che immediatamente mandò la Polizia Locale a sgomberare lo spazio riservato al cero del Comune.

Fausto Ermini