La manutenzione dei giardini della Colonnetta di Prodo saranno curati dai volontari della Comunità Lahuen

I ragazzi della Comunità Lahuen supporteranno il personale del Comune di Orvieto nella manutenzione dei giardini di Colonnetta di Prodo. E’ stato infatti siglato l’accordo di volontariato civico tra l’amministrazione comunale e alcuni ragazzi che hanno deciso di mettere a disposizione le loro competenze, acquisite nel percorso di recupero e reinserimento, per prendersi cura dell’area verde della frazione di Orvieto che ospita da tanti anni la struttura in cui vivono. Nei giorni scorsi il primo intervento.  In base all’accordo, ai sensi del Regolamento per l’istituzione dell’albo di volontariato civico, i volontari potranno affiancare gli operatori comunale nella cura, mantenimento e conservazione dell’area verde inclusa la manutenzione delle attrezzature ludiche presenti.




La Tardani “pigliotutto” e Giordano figlio d’arte, il più furbo del cucuzzaro

C’è una campagna elettorale ufficiale e una sotterranea. La prima si svolge alla luce del sole, la seconda si sta definendo nell’ombra, tra incontri riservati fuori città e intensi scambi whattsapp. Nella seconda, si muovono da protagonisti una signora per la quale le elezioni di giugno rappresentano una questione di vita e di morte, in cui sono in ballo prospettive personali e di carriera di importanza centrale e un giovin signore figlio d’arte che ha capito tutto delle logiche della politica ed è intenzionato a massimizzare personalmente l’attivismo movimentista nel quale sono coinvolte menti brillanti di quella generazione di trentenni che per fortuna esiste ed è vitale. Resta da capire se in quel gruppo tutti, qualcuno o nessuno abbiano ben chiaro e condividano il lucidissimo progetto di potere personale che il leader-figlio d’arte-americano del Kansas sta perseguendo con lucida determinazione. Pianificato con largo anticipo e dissimulato dietro il polverone emotivo dei “giovani che finalmente si interessano di politica”, il piano prevede di valorizzare il movimento per arrivare prima o poi (meglio prima) a ricoprire qualche prestigioso incarico ai vertici di istituzioni culturali, partendo dall’Opera del duomo (il cui debolissimo presidente targato Pd mantiene pro tempore la poltrona in virtù di un accordo spartitorio suggellato dalla signora in questione), ma puntando ad enti culturali molto più importanti.

Un ambizioso e legittimo piano di ascesa personale che, per essere portato a termine, necessita del supporto di un movimento politico capillare, meglio se presente nelle istituzioni. Da qui la scelta di partecipare alle elezioni senza stringere alleanze elettorali pur sapendo di non aver alcuna possibilità di vittoria, ma con l’obiettivo anzi di diventare un soggetto politico con cui tutti dovranno fare i conti da giugno in poi, essendo alimentato da tanti ragazzi di talento e valore. Anche motivati dalla stessa intelligente spregiudicatezza? Chissà. Una sorta di “partito personale” le cui velleità di carriera individuale sono state subito accolte dalla signora i cui tailleur potrebbero tra pochi giorni non abbinarsi più alla fascia tricolore. Ai due è bastato pochissimo per intendersi in funzione del secondo turno elettorale. Lei del resto, la signora-asfalatrice, ha imbarcato tutti: socialisti di vecchio corso con qualche reticolo di consenso ancora in funzione, ex segretari del Pd con utili ramificazioni familiar-politiche, ex dissidenti rampanti di Forza Italia, ex militanti di estrema destra, desperate housewives e altri campioni di varia umanità. Tutti dentro senza andare per il sottile. L’importante è non essere costrette a cambiare vita proprio a luglio, con quel caldo che farà. Anche l’accordo fatto recentemente col sindaco di Terni Bandecchi per evitare una candidatura autonoma del suo movimento, con la promessa di sostenere alle regionali un loro uomo (pare vero) rientra in questa visione del non farsi sfuggire niente e nessuno, compresi gli accordi con le due o tre famiglie che qui contano sul serio.
La signora “pigliotutto” e il giovin signore temono ovviamente poco o niente un Pd più bollito che vivo, hanno paura solo del vero Ufo di questa campagna elettorale. Quella Roberta Palazzetti che ha rotto le uova nel paniere ad un centrodestra che già si sentiva la vittoria in tasca e che è l’unica ad avere il potenziale per sparigliare le carte, mandare per aria le cineserie interessate e semi clandestine di chi deve soprattutto trovare (o evitare di dover cercare) un lavoro. L’unica candidata capace di voltare pagina nella storia di una città indirizzata sul piano inclinato del declino e che rischia di finire governata e da giovin signori dall’ambizione sconfinata e in cerca d’autore e da signore pronte a tutto pur di non dover tornare nell’anonimato.




Rut, la fedele moabita antenata di Gesù

Alcuni mesi fa abbiamo assistito a numerose iniziative che, in modo più o meno lodevole, hanno celebrato la figura femminile. Associazioni e movimenti vari, servizi giornalistici e televisivi, politici e opinionisti sono intervenuti in difesa della donna evidenziando il fatto che ella esige rispetto e non violenza. Purtroppo recenti e agghiaccianti fatti di cronaca hanno provocato, nell’opinione pubblica italiana, una reazione emotiva che ha evidenziato una crisi profonda delle relazioni tra uomini e donne. Sulla ribalta dello scenario sociale la piaga della violenza sulle donne è stato l’argomento più ampiamente dibattuto. Si è discusso a lungo di patriarcato come modello culturale e radice profonda da curare dopo averne individuato le cause che l’alimentano, cause che trovano origini in una mancata educazione alla vita affettiva, in un deficit culturale e spirituale. Alcune cause mettono in evidenza un certo disagio giovanile la cui matrice trae origine da una povertà culturale, diffusa negli ultimi decenni, che ha accantonato parole come dignità della donna, rispetto, empatia, bon ton, per sdoganare, al contrario, volgarità, sessualità, pornografia, disorientamento e uso di droghe. Non è facile trovare un modello educativo adeguato se non si interverrà con tempestività a ripristinare alcuni valori tradizionali che sono a fondamento della famiglia e della società. A questo punto vorrei condividere alcune riflessioni maturate in questi mesi di dibattiti sulla donna. Ho pensato alle figure bibliche femminili che la Sacra Scrittura ci presenta e ho trovato un modello meritevole di considerazione ma purtroppo poco noto: Rut.

Ai nostri giorni descrivere l’esperienza di questo personaggio femminile dell’Antico Testamento è argomento tanto antico quanto attuale per i vari messaggi di saggezza e per i profondi insegnamenti che ci offre. Ma chi è Rut se non una donna discreta e forte che ha un importante ruolo nella storia della salvezza, in quanto compare tra gli antenati di Gesù? Infatti, nel Vangelo di Matteo quando leggiamo la genealogia di Cristo troviamo citati i nomi di quattro donne che, se dal punto di vista umano non sono state eccellenti, risultano importanti secondo il piano di Dio. Tra esse viene elencata Rut, che andata sposa a Booz, divenne la nonna di Davide. “Booz generò Obed da Rut; Obed generò Iesse; Iesse generò Davide” (Mt 1,5), il più grande re di Israele, dalla cui stirpe nascerà Gesù, essendo Giuseppe appartenente alla casa davidica. La storia di questa nobile antenata del Messia è presentata nel più breve libro dell’Antico Testamento, un libretto di poche pagine in cui si narra la vicenda di una famiglia – marito, moglie e due figli – che, a causa di una forte carestia, da Betlemme emigra nel paese di Moab, il cui popolo non amava tanto gli israeliti. Morto il marito, i figli sposano due donne moabite che ben presto rimangono vedove e senza figli. Noemi, la suocera, decide di ritornare al paese di origine e lascia libere le nuore di restare nella loro terra e di rifarsi una vita. Delle due una ritorna nella famiglia di origine mentre l’altra, Rut segue fedelmente la suocera israelita e da straniera e pagana, onorerà il Dio d’Israele e si integrerà a pieno titolo nel popolo eletto. È ammirevole il legame che intercorre tra la suocera Noemi e Rut che le promette “dove andrai tu andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio” (Rt 1,16), è un legame tanto forte da non separarsi neanche nei momenti della disperazione.

Rut è una giovane donna moabita, sposa e vedova di un ebreo, che intraprende un viaggio nell’oscurità, non sa quale vita l’attende in una terra sconosciuta, eppure sceglie liberamente di far parte di un popolo straniero per essere fedele agli affetti familiari. Il suo gesto è edificante. Quante nuore ai nostri giorni opterebbero per una simile scelta? Nell’attuale società, segnata tante volte dall’egoismo, prendersi carico della suocera, trasferirsi in un paese straniero con tutti gli imprevisti di adattamento da affrontare, è un atto eroico che può essere compiuto solo per amore. Rut oltre ad essere modello di fedeltà familiare lo è anche di umiltà e di onestà. Infatti, nella nuova terra di Canaan, per sopravvivere lei e la suocera, si adatta a lavorare nei campi spigolando per tutto il periodo della mietitura. Qui incontra Booz, il proprietario del campo, un lontano parente di Noemi, il quale conoscendo le sue premure nei confronti della suocera, prende a cuore la situazione delle due donne e prova per la giovane vedova un sentimento di stima che si trasformerà presto in amore, tanto da prenderla in moglie. Rut sacrifica la sua vita, ma il Dio di Israele intesse il suo piano, manifesta la sua tenerezza e fa di questa straniera un’antenata particolare: la colma di benedizioni e la destina al ruolo di nonna del Re Davide, quindi antenata del Messia. Mentre nei nostri ambienti spesso assistiamo a forme di individualismo esasperato, ad un modo sbagliato di concepire e vivere l’amore, la figura di Rut, invece, ci testimonia l’amore come dono di sé, la forte volontà di inserimento adottando usi, costumi e aderendo alla religione di un popolo che, per lei straniera e idolatra, era ben lontano dalla sua mentalità. Riflettiamo su quanto sta accadendo nel nostro Paese con l’arrivo di migranti, fuggiti da guerre e povertà, ma che una volta accolti e legalizzata la loro presenza, hanno la pretesa di mantenere le loro tradizioni denigrando le nostre. Rut è un modello da imitare come donna forte, generosa, perseverante, lavoratrice, onesta, esempio emblematico dell’importanza dell’affettività. Al bando i modelli femminili che ci vengono proposti da cattivi maestri attraverso i mass media. Rut sia il modello da seguire perché di storie umane come la sua, ai nostri giorni, ce ne sono poche, possono contarsi come le dita di una mano. Non sarà facile trovare una donna come Rut degna di essere esempio di fedeltà, generosità e umiltà. Meditiamo, dunque, su questa grande donna, antenata di Gesù e riflettiamo anche come il Signore si serve degli avvenimenti più semplici per mostrare la sua potenza e accrescere la nostra fede.