Non usate quella “Caserma”…

Mancano sette settimane alla tanto attesa data del voto, voto che sancirà chi dovrà amministrare la città sulla rupe nel prossimo quinquennio e, come in ogni tornata elettorale che si rispetti, fioccano quotidianamente promesse e impegni a fare di tutto e di più da parte dei candidati in caso di elezione.
Una delle ultime voci messe in campo è stata quella relativa alla allocazione della caserma Piave.
Secondo questa voce la caserma sarebbe destinata a diventare una delle sedi della Scuola di Polizia.
Notizia pubblicata a titoli cubitali su tutte le testate locali e che, per tempistica e soggetto di chi l’ha messa in campo, ha fatto storcere il naso a una buona fetta dell’elettorato locale, destando dubbi e sospetti sulla sua effettiva realizzazione. Per tanti cittadini ha avuto il sapore della beffa il fatto che non si è mossa una foglia a riguardo negli ultimi cinque anni e che questa novità sia stata tirata fuori dal cilindro a sette settimane dal voto. I cittadini più arguti, e dall’intelletto abbastanza sveglio, parlano apertamente di una “trovata” elettorale tesa a “accalappiare” un po’ di voti. Infatti tutti a Orvieto sanno benissimo in quali condizioni assolutamente deficitarie, sotto ogni punto di vista, versa l’edificio che ospitava la caserma e, di conseguenza, sanno che diventa assolutamente complicato, visto gli esorbitanti costi che si dovrebbero sostenere, ricollocarla attuando una simile soluzione.
Inoltre i cittadini della rupe sanno benissimo che anche in questo settore, sempre per un discorso di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, sono state chiuse in questi ultimi anni le sedi che ospitavano la Scuola di Polizia in importanti realtà cittadine come Foggia, Bolzano e Vicenza. E altre sedi sono previste in chiusura per rispettare i target imposti in questo settore dal risanamento dei conti pubblici.
Inoltre, sempre questi cittadini arguti che non si lasciano facilmente ingannare da propositi concepiti in periodo elettorale, sanno benissimo che esiste già una sede che ospita la Scuola di Polizia a Spoleto, che tanto distante da Orvieto non è. Quindi risulta più che lecito il pensare che, già dal giorno seguente la data del voto, più nessuno parlerà di Scuola di Polizia sulla rupe da allocare nella caserma Piave.




Spunti: nuovi outfit per Orvieto contemporanea

Primo cittadino o prima cittadina, sindaco biondo, moro, calvo o riccettino, giunta rossa, verde, nera o bigia… nuove soluzioni si dovranno trovare anche a Orvieto. Parliamone ora, non in funzione di questa o altre campagne elettorali, ma con chi le campagne elettorali le subisce. Viviamo un quotidiano privo di “visione”, le difficoltà non guadagnano respiro, le parole non producono senso. Richiamo alcuni punti, chissà che non diventino S-punti, piccole sollecitazioni a maturare scelte.

Spunto 1 – Efficientamento energetico.

Orvieto è città d’arte. Gli impianti fotovoltaici non appaiono compatibili col fascino della storica Rupe. Comunque sia, anche l’urbe etrusca non potrà a lungo respingere il “confronto” con le nuove tecnologie: questo matrimonio s’ha da fare. Vediamo un po’. Il parcheggio sul retro della stazione ferroviaria occupa circa un ettaro e mezzo di pianura. Se collochiamo le pensiline fotovoltaiche su appena la metà della superficie, non andiamo a consumare terreno agricolo; otterremmo di fatto una porzione di parcheggio coperto e guadagneremmo una potenza elettrica corrispondente al fabbisogno del centro storico. A Ciconia si potrebbe analogamente intervenire sui gradoni dell’ex discarica e nell’area attorno all’ospedale. A Sferracavallo, sarebbe interessante recuperare allo scopo i capannoni dismessi nella zona industriale. E ancora: i supermercati hanno un elevato fabbisogno energetico; illuminazione, celle frigorifere, congelatori, trattamento dell’aria, tutto richiede alte forniture di elettricità. Perché non emanare un bando, un invito, una qualche “ordinanza” che invogli i titolari dei centri commerciali del suburbio a realizzare impianti fotovoltaici sul tetto dell’immobile che occupano? La domanda straordinaria di approvvigionamento sarebbe soddisfatta in autonomia, nel punto stesso in cui nasce. Il panorama non ne uscirebbe ulteriormente “sfregiato”. L’espansione ai piedi del masso tufaceo risente di piani regolatori-sregolati, dagli esiti disfunzionali e disarmonici; la presenza d’impianti, distribuiti e mimetizzati, non aggiungerebbe e non toglierebbe nulla alle distonie già esistenti. Del resto, il nuovo deve sempre necessariamente integrarsi col vecchio. Come abbiamo imparato ad affiancare lo stile hi-tech agli arredi classici delle nostre case, così dovremmo imparare a valorizzare l’essenzialità di moderne strutture-impianto, inserendole in contesti compatibili. Certo non sarebbe come piazzare un parcheggio ai giardini di San Giovenale, zona medievale per eccellenza. Altri dettagli d’eccezione: alimentare i festoni natalizi con micro fotovoltaici che restituiscano di notte l’energia cumulata di giorno, sarebbe un segno di qualità, un’opzione originale ad alto gradiente simbolico e a impatto pubblicitario; convertire a Led il parco luci del centro storico, conservando la calda atmosfera dei lampioni, consentirebbe un risparmio di gestione pari a un 20- 50% della spesa attuale, con rapido rientro dei costi di allestimento.

Spunto 2 – Raccolta differenziata.

Incredibile, ma vero: l’Italia ha già raggiungo un livello di raccolta differenziata superiore a Inghilterra, Francia, Olanda e anche Danimarca. L’impegno “dal basso” di molte associazioni ha portato ben 276 comuni italiani al modello Zero Waste, Rifiuti Zero. Si tratta di una strategia-movimento civico – filosofia e stile di vita -, guidato in Italia da Rossano Ercolini, che nel 2013 ha ricevuto il Goldman Prize, una sorta di “Nobel per l’ambiente”. Rifiuti Zero significa spingere la raccolta differenziata porta a porta e, attraverso vari passaggi, affermare un diverso concetto di discarica: non più cumulo tombale di rifiuti, ma luogo di “stoccaggio provvisorio”: tutti i tipi di rifiuto potranno assumere nuova vita. Finita la storia degli inceneritori. Il modello è complesso, gli approfondimenti richiedono altri spazi. Ma è questa la via per ripulisce l’ambiente, creare nuove produzioni e ridurre le bollette. E poi ci sono i dettagli. A Orvieto, i furgoncini della raccolta percorrono, a velocità minima, tratti giornalieri inferiori ai quaranta chilometri; significa che si possono adottare mezzi elettrici che non inquinano l’aria. Inserire Orvieto tra le città virtuose significa esaltarne la cultura e lo spirito innovativo. E allora potremmo spingerci fino alla cura del dettaglio sottile. Pensiamo per un attimo all’impegno della colonna vertebrale degli operatori ecologici, costretti a una sosta ogni venti o trenta metri: devono sollevarsi dalla posizione seduta, scendere e rimontare sul mezzo un’infinità di volte. Perché non optare, collaudare e immettere sul mercato, una cabina semiaperta con sedile ergonomico girevole e adattabile alla postura eretta dell’operatore? Non sono sfizi, è il futuro possibile, tecnologia applicabile!

Spunto 3 – Spazi e verde pubblico.

L’incuria della città è sotto gli occhi di tutti: disordine, erbacce e seccume affliggono vie e aree giardino; i cestoni sono pochi e mal distribuiti, così lattine e plastiche, carta e vetro sono abbandonati a destra e a manca; graziosi sacchetti multicolore per deiezioni animali fioriscono sui muretti e davanti ai portoni … Niente di compatibile con la dignità dei cittadini, le tasse che sono chiamati a corrispondere, l’aspirazione di Orvieto a città turistica. Ci vuole immaginazione prima di subito. E’ possibile pensare d’investire in forza lavoro i proventi di tassa soggiorno e parcheggi cittadini. Si può ipotizzare una qualche associazione, cooperativa o società mista, che oltre a gestire i parcheggi si occupi ogni giorno della manutenzione di piazze e giardini.

Spunto 4 – Riqualificazione del sistema sanitario locale.

Se ne parla ogni giorno: la città è in grave apprensione per la progressiva perdita dei servizi, e ora esposta al rischio di veder trasformare l’ospedale in una struttura di facciata. Non aggiungo lamenti. Mi piace immaginare una rivolta, un colpo di coda dei cittadini, tanto utopistico quanto auspicabile. Vista la politica mortifera della Regione, l’indifferenza di fatto delle istituzioni di rappresentanza, perché non mobilitarci? Una volta tanto, tassiamoci spontaneamente per qualche mese e creiamo un fondo autonomo per il rinnovo di attrezzature e sale mediche. L’ipotesi è impopolare, ma lo scatto d’orgoglio sarebbe inequivocabile e trascinante. La notizia rimbalzerebbe sulle reti nazionali, sulla stampa e sui social. Dunque: si può sperare che la prossima amministrazione, rossa, verde, nera o bigia che sia, si faccia carico di una riscossa civile? Sarebbe difficile per qualsiasi sindaco – biondo, moro, calvo o riccettino – ritrarsi nel piccolo steccato partitico, neutralizzare l’energia mobilitata e disperdere la cospicua raccolta. Non riesco a immaginare la faccia di un primo cittadino o cittadina che se ne lavi ancora le mani, rimandando gli impegni per l’adeguamento dei servizi di tac e risonanza, il centro di rianimazione, le sale operatorie. Non credo si potrebbe continuare a nicchiare sulla realizzazione del servizio di emodinamica, deliberato da anni in Consiglio regionale per l’Ospedale di Orvieto.




Il Comune ha fatto poco o nulla per i disagi del Liceo Classico. Ha forse paura ad aprire un tavolo di confronto con la Provincia di Terni?

Chi ha frequentato o conosciuto il Liceo Classico F.A. Gualterio sa quanto questa sia sempre stata un’istituzione ad Orvieto, un pilastro della cultura e dell’istruzione orvietana e dei comuni limitrofi. Studenti, collaboratori scolastici e professori ricorderanno senza dubbio l’efficiente organizzazione nella distribuzione degli spazi per una migliore didattica: laboratori di lingue forniti di cuffie per ogni computer, laboratorio d’informatica con tanti pc quanti i posti disponibili, un’aula magna “storica” con un impianto audio-video professionale, un’aula professori bella e funzionale. Purtroppo di tutto questo resta solo un vago ricordo.

Grazie alla prestigiosa fama del liceo il numero di studenti è cresciuto di anno in anno, al punto che negli ultimi due anni tutti quegli ampi gli spazi non sono più esistiti perché convertiti in aule.  Questo ha inciso fortemente se quelle capacità e possibilità didattiche che nel tempo ne hanno fatto un liceo prestigioso. Nonostante la riconversione di quegli spazi in aule, la capienza non è bastata a contenere il numero degli studenti che ormai sono costretti, a cadenza trimestrale, a spostarsi nella sede dell’attuale Liceo Artistico, sottraendo aule anche a quest’ultimo e quindi provocando disagi anche a quell’Istituto. Tutto ciò rende  estremamente complessa l’organizzazione della didattica che, seppur nelle molteplici difficoltà, ancora viene gestita nel miglior modo possibile dal corpo docente e dal personale scolastico, proprio per tenere alta la qualità dell’istruzione. Infatti, nonostante i disagi, anche quest’anno, ed è la quarta volta per il “nostro” liceo, una studentessa del Gualterio, Giada Ciuchi, è stata ammessa alla finale dei campionati delle Lingue e Civiltà Classiche, fase conclusiva della competizione italiana inserita nel programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze del ministero dell’Istruzione.

Sappiamo che il Comune non ha competenza sui Licei perché questa spetta alla Provincia, la quale non ha mai però dato ascolto agli studenti, tantomeno ai professori o alla Dirigente scolastica che più volte ha chiesto aiuto in tal senso. Tuttavia, non possiamo dimenticare invece che Palazzo Clementini, sede del Liceo Classico F. A. Gualterio, è proprietà del Comune di Orvieto. Ed allora perché non si è fatto nulla e poco? L’attuale amministrazione Tardani e l’assessora Alda Coppola, proprio in funzione di questa peculiarità potevano e dovevano fare di più. E se qualcosa nel caso fosse stata fatta non ha prodotto nulla di rilevante tantomeno di risolutorio. Ci chiediamo dunque, è mai stato avviato un dialogo con la Provincia perché il sacrosanto diritto allo studio, attraverso una didattica agevole e una logistica consona, potesse risolvere un problema che si ormai si trascina da oltre due anni? Siamo sicuri che siccome il problema non riguarda direttamente l’Amministrazione comunale lo si possa derubricare alla semplice retorica del come Comune non possiamo fare nulla?

Ad oggi, per quello che riguarda la disagiata situazione che si è creata nel Liceo classico di Orvieto e in cui versano studenti, docenti, personale scolastico e di riflesso anche le famiglie, non sembra proprio che il Comune, a guida Tardani, abbia fatto sentire la sua voce forte e chiara contro il grave disservizio e per garantire quel diritto allo studio. La Giunta Tardani ha forse timore di dar fastidio agli amici che governano in Provincia di Terni? Insomma, ancora una volta tante parole ma nessun fatto.