Gli appelli alla guerra santa di Hamas

“Israele esiste e continuerà ad esistere finché l’Islam non lo distruggerà” questo è l’articolo 1 della carta fondativa di Hamas che ebbe una leggera revisione nel 2017 nella forma ma non di certo nella sostanza, che nell’articolo 7 prosegue “Il giorno del giudizio non arriverà finché ì musulmani combatteranno ed uccideranno gli ebrei” e con loro gli “infedeli” ovunque essi si trovino.
È questo il vero tema in discussione in questi giorni drammatici, la sopravvivenza dell’unica democrazia esistente in una ampia porzione di mondo che parte dall’Africa e si spinge fino all’Asia profonda, ai confini della Russia europea.
Chi, in queste ore, sta manifestando per la “causa palestinese” deve essere consapevole che Hamas è una organizzazione terroristica che governa nel terrore il proprio popolo, usato come scudo umano e carne da macello.
Hamas non ha alcun interesse perché si realizzi l’aspirazione del popolo palestinese a creare un proprio stato indipendente e libero, ma quello che cerca e persegue, con odio profondo e disprezzo per ogni codice etico e morale, è la morte degli infedeli, la creazione di un califfato come quella voluta da Isis ed Al Qaeda e con lo scopo di far saltare quello che sarebbe stato l’accordo di pace più importante, quello tra Israele ed Arabia Saudita, tra gli Accordi di Abramo.
Dialogo sabotato dai burattinai infidi di questa situazione esplosiva per il mondo, libero, Iran, Russia, Qatar e Cina, nazioni governate da tiranni dispotici, sistemi teocratici e fanatici che vogliono realizzare un nuovo ordine mondiale, contrario ai valori etici, culturali e morali dell’Occidente.
In tutto questo le prese di posizione nelle università sono forse l’aspetto più preoccupante ed il fenomeno difficilmente spiegabile con razionalità. Negli atenei italiani giovani ventenni organizzano cortei e manifestazioni dove si inneggia “all’intifada” e alla “liberazione della Palestina”, non capendo che non è assolutamente questo lo scopo della guerra di Hamas.
Ad essere tagliata fuori è proprio quella Autorità Nazionale Palestinese, che seppur corrotta e guidata da un leader anziano e debole politicamente come Abu Mazen, laureatosi in Giordania dopo aver studiato a Mosca con una tesi negazionista della Shoah, rappresenterebbe ancora, se ne avesse la forza, quella “Palestina libera” alla quale aspirano i manifestanti. Ma anche lui, Abu Mazen, per propri errori marchiani di valutazione è sotto scacco di una organizzazione terroristica, la Jhiad islamica che ha fatto di Jenin, nei territori amministrati dalla Autorità, una piccola Gaza integralista islamista.
Ed il quadro del terrore si chiude con le milizie di Hezbollah, l’organizzazione in assoluto di emanazione più diretta filoiraniana e teologicamente più vicina agli ayatollah di Tehran, posizionati a nord di Israele con le proprie enclavi in Libano e forse ancora più temibile di Hamas in questo network del terrore.
Grande ingenuità dei nostri giovani universitari, della nostra futura classe dirigente nello schierarsi con Hamas ed ancora di più quella degli atenei americani come Berkley o Harvard, l’università con un record di premi Nobel e presidenti USA, ben otto sfornati nella sua lunga e prestigiosa storia e che ha visto trenta associazioni studentesche firmare un documento farneticante di legittimazione del terrorismo di Hamas, senza spendere una parola per i bambini israeliani sgozzati, per le donne stuprate e rapite, per gli anziani e per le famiglie uccise a bruciapelo nell’attacco di sabato scorso.
Giovani che non provano nessuna forma di empatia, pietà e sconforto per i ragazzi e le ragazze del Rave del Nova Music Festival sterminati nel deserto, loro coetanei con la loro stessa voglia di ballare assieme e godersi momenti di vita e che scelgono di sposare invece la causa di una banda di fanatici assassini, integralisti lucidi nella loro follia nichilista.
E’ una miopia preoccupante, ed ancora più grave che arrivi da atenei cosi prestigiosi e dai quali proverranno i prossimi presidenti, senatori, congressisti degli Stati Uniti.
Facendo proprie le parole delle grande Golda Meir ”Preferiamo il vostro biasimo alle vostre condoglianze” questa sarà, purtroppo, la motivazione per la lotta della propria esistenza che spingerà Israele a difendersi con tutti i mezzi possibili e affinché quella porzione di terra che ora si chiama Gaza non diventi “Hamastan” come vorrebbero le forze dell’odio. Una lotta legittima alla quale non potrà sottrarsi per non soccombere e non vedere realizzato il sogno hitleriano di un mondo senza ebrei, come quello al quale aspira Hamas, emulo dell’esercito nazista.
Nubi nere all’orizzonte per l’intero Occidente e per il mondo libero.

ENGLISH VERSION

The calls for a holy war by Hamas

“Israel exists and will continue to exist until Islam destroys it.” This is Article 1 of Hamas’s founding charter, which underwent a minor revision in 2017 in form but not in substance. In Article 7, it goes on to state, “The Day of Judgment will not come until the Muslims fight the Jews and kill them,” along with the “infidels” wherever they may be.

This is the real issue under discussion during these dramatic days: the survival of the only democracy in a vast region extending from Africa to deep Asia, all the way to the borders of European Russia.

Those who are currently demonstrating for the “Palestinian cause” must be aware that Hamas is a terrorist organization that governs its people through terror, using them as human shields and cannon fodder. Hamas has no interest in fulfilling the Palestinian people’s aspiration for an independent and free state. Instead, it pursues, with deep hatred and disregard for any ethical and moral code, the death of infidels and the creation of a caliphate, much like the goals of ISIS and Al-Qaeda, with the aim of undermining one of the most significant peace agreements – the one between Israel and Saudi Arabia, part of the Abraham Accords.

The dialogue is sabotaged by the sinister puppeteers of this explosive global situation, including Iran, Russia, Qatar, and China, nations governed by despotic tyrants, theocratic systems, and fanatics who seek to create a new world order that contradicts the ethical, cultural, and moral values of the West.

In all of this, the positions taken by universities are perhaps the most concerning aspect, and this phenomenon is difficult to explain rationally. In Italian universities, young people in their twenties organize marches and rallies in which they hail the “intifada” and the “liberation of Palestine,” without realizing that this is by no means the purpose of Hamas’s war.

The National Palestinian Authority is the one being isolated, despite its corruption and the political weakness of its leader, Abu Mazen. If he had the strength, he would still represent the “free Palestine” that the protesters aspire to. However, even he, Abu Mazen, due to his serious misjudgments, is under the influence of a terrorist organization, the Islamic Jihad, which has turned Jenin, an area under the authority, into a small Islamic extremist stronghold.

The circle of terror is completed by Hezbollah militias, the organization that is most directly tied to Iran and ideologically closest to the ayatollahs of Tehran, positioned to the north of Israel with its enclaves in Lebanon and perhaps even more formidable than Hamas in this network of terror.

There is great naivety among our young university students, our future leaders, who side with Hamas. Even more concerning are the positions taken by American universities like Berkeley or Harvard, the latter known for its record of Nobel laureates and U.S. presidents, and where thirty student associations signed a document legitimizing Hamas terrorism without a word for the Israeli children who were slaughtered, the women raped and kidnapped, the elderly, and the families killed in the Saturday attack.

These young people show no empathy, pity, or distress for the boys and girls of the Nova Music Festival who were exterminated in the desert – their contemporaries, with the same desire to dance and enjoy moments of life. Instead, they choose to support a group of fanatical murderers, lucid extremists in their nihilistic madness.

It’s a worrisome shortsightedness, made even graver by its origin in such prestigious universities, from which the future U.S. presidents, senators, and congress members will emerge.

Adopting the words of the great Golda Meir, “We prefer your condemnation to your condolences.” This will unfortunately be the motivation for Israel’s fight for its existence, to defend itself with all possible means, so that the portion of land now called Gaza does not become “Hamastan” as the forces of hatred would desire. It is a legitimate struggle from which Israel cannot escape to avoid succumbing and seeing Hitler’s dream of a world without Jews, a dream shared by Hamas, come to fruition. Dark clouds are on the horizon for the entire Western world and the free world.




Verso le elezioni senza la città: ha senso vincere sulle rovine?

Il clima elettorale è quasi caldo come questo autunno che sembra estate. Si evince dai primi candidati spuntati come funghi, e dai lavori pubblici che con sospetta puntualità anche questa amministrazione si affretta a svolgere dopo quattro anni di nulla.

In questo piccolo mondo di Orvieto dove i cittadini (come nel resto d’Italia e d’Europa) hanno perduto la speranza di cambiare le cose grazie alla partecipazione e all’impegno pubblico, l’amministrazione Tardani ha dato una sferzata di ottimismo, fornendo a molti l’impressione che la città in fondo è viva. Se siamo qui a parlare, parafrasando Lucio Dalla, significa che siamo vivi, ma non è che godiamo di ottima salute (il riferimento a fatti reali è quasi voluto). Intendiamoci subito, io non sono fra quelli che ingenuamente si scagliano contro l’attuale sindaca perché di colore politico opposto al loro. Ormai non saprei nemmeno dire di che colore è la maggioranza, se non riconoscessi volti noti e meno noti che ogni tanto fanno professione di fede in consiglio comunale oppure dicono le stesse cose che dicevano trent’anni fa: le stagioni non sono più quelle di una volta, non sono razzista ma penso che siamo diversi, comunisti cattivi, gli aiuti solo agli orvietani con accento marcato rupestre, viva l’unità d’Italia ma voto ciccio che vuole l’autonomia differenziata. Non parlo dell’opposizione perché…ah, dimenticavo, non esiste.

Riconosco a Roberta Tardani di essere molto dinamica, di aver cambiato la comunicazione del Comune (più aperta e diretta, più social, certamente più mondana), e di aver puntato molto, praticamente tutto sull’immagine di Orvieto, veicolata attraverso campagne promozionali su tantissime piattaforme. A volte penso che abbia il dono dell’ubiquità. La Tardani ha avuto il coraggio di candidare Orvieto a città della cultura, anche senza avere un progetto suo. Ha sfidato la sua stessa maggioranza, o pezzi importanti di essa, sganciandosi dalle logiche di coalizione per diventare imprenditrice di sé stessa. E a qualcuno dentro l’attuale maggioranza questo piace poco. Non piace certamente alla Lega, e non piace a Fratelli d’Italia. E però la trasversalità del messaggio dell’attuale sindaca è proprio ciò che la tiene a galla, e che le fa sperare in un secondo mandato, magari con una lista tutta sua. In molti si chiedono da dove provenga il gradimento personale di cui indiscutibilmente gode la Tardani. Secondo il mio modesto parere ciò è dovuto al fatto che la sindaca ha saputo essere al contempo dura ed aggressiva con l’opposizione istituzionale (per la serie piove sul bagnato) quanto aperta e disponibile nelle occasioni di tutti i giorni. Ma attenzione, la sindaca ha degli alleati formidabili fuori dal palazzo comunale. In un sistema politico in cui ormai gli indirizzi più importanti sfuggono ai decisori locali, le filiere economiche che ancora tengono e quelle emergenti, il settore del volontariato, gli imprenditori con tanto di fondazioni alle spalle, svolgono un ruolo importante, innanzitutto perché hanno risorse materiali e offrono una potenziale base elettorale che segue non più le grandi idee, ma i progetti di breve e medio periodo. Nulla di male, ma può il Comune limitarsi a fare da sparring partner ai pochi attori economici della zona, e a fungere da sportello di ascolto di questo o quel settore o iniziativa culturale/artistica, senza uno straccio di indirizzo che riguardi il futuro?

Orvieto è cambiata moltissimo negli ultimi tre decenni, da quando io facevo il liceo e mi avviavo agli studi universitari. Il lavoro, l’artigianato, la socialità di un tempo, si sono trasformati ed in parte sono scomparsi, le famiglie si sono impoverite (come in molta parte d’Italia). Chi fa economia ad Orvieto? Per anni un’azienda che operava nel settore digitale è diventata il simbolo di questa trasformazione che sembrava dovesse spazzare via il vecchio modo di fare impresa ad Orvieto. Purtroppo, non ha fatto una bella fine. Nel frattempo, le botteghe artigiane storiche hanno chiuso i battenti, quelle in periferia si sono ridotte o sopravvivono, e per il Corso non possiamo fare altro che acquistare prodotti, spesso scadenti e molto costosi, che vengono da fuori e nulla hanno a che fare con l’identità di Orvieto. Già l’identità del territorio (persino richiamata dal nome di alcuni gruppi consigliari) è diventata un marchio da vendere sul mercato turistico. Nulla di male in questo, se non fosse che l’immagine che viene offerta è l’idealizzazione di un passato che non esiste più. Ripsetto a Roma però da noi si sta una pacchia! Oggi molti da fuori città scelgono Orvieto per venirci a vivere, anzi spesso soltanto per passarci le vacanze, mentre le giovani coppie faticano a trovare case a prezzi abbordabili per le loro tasche. Importanti istituzioni cittadine si sono indebolite. Vedi la Cassa di Risparmio, l’ospedale, lo stesso comune, che ormai non ha più peso in nessuna questione vitale per i cittadini: dalla salute, appunto, ai trasporti, alle frazioni abbandonate a sé stesse, al caro affitti, alla scuola ridotta a diplomificio senza aule, al destino della Caserma Piave, alle politiche ambientali. Su tutto ciò ci si è rassegnati a dire che non ci si può fare più di tanto, una versione più onesta di dire “stiamo facendo tutto il possibile ed a breve le cose cambieranno”. “Ma quanno?” si sente spesso ribattere nelle case. Il concetto in realtà è semplice. Puntare tutto sul turismo e far finta di niente sul resto non può essere una strategia sostenibile per una cittadina di diciannovemila abitanti. Già, dimenticavo di dire che anche il saldo della popolazione è in negativo (i residenti del comune erano 21mila più di dieci anni fa), e per fortuna che prima e dopo la pandemia c’è stato un afflusso di nuovi residenti “stranieri” a rimpolpare le fila degli Orvietani. Non è un caso che i primi kamikaze che si sono lanciati nell’agone politico in vista delle prossime amministrative hanno messo in rilievo proprio questo: questa amministrazione fa felici i commercianti e gli affittacamere ma il resto dei cittadini che vivono nel comune 365 giorni all’anno (inclusi tanti pendolari) stanno peggio di prima ed all’orizzonte non si vede lo straccio non dico di una soluzione ma di un’idea, di una discussione su come affrontare i problemi. La cosa che più mi amareggia vedere è che il dibattito cittadino è preso in ostaggio da chi dice che va tutto bene madama la marchesa, e chi lancia strali contro chi amministra la città senza però munirsi di un progetto alternativo. Stiamo sempre a parlare di fontanelle per l’acqua, strade dissestate, canili, cacche di animali, sampietrini messi male, ombrelloni e tavolini per il Corso (magari si risolvessero almeno questi problemi!), oppure di fantasmagorici Progetto Orvieto 2, 3, la vendetta. Quando qualcuno si azzarda a portare in consiglio comunale problemi più grandi come la sanità, il disagio economico, i trasporti, etc., viene zittito con frasi del tipo “e allora voi, che avete fatto voi prima di noi?” Se questa è la qualità della discussione che avverrà da qui alle prossime amministrative meglio consegnare le chiavi ad un Estate Realtor, un immobiliarista insomma, e mettere il cartello vendesi a Porta Romana, mettere su un bell’albergo a cinque stelle, costruire una spiaggetta nel ripiano aperto di Foro Boario, e distribuire un casco sensoriale per ogni bed and breakfast (regolare e abusivo), magari per far incontrare il turista di turno con l’ologramma di Manno di Corrado, esperienza autentica (chissà come appariva a suo tempo). Ecco, a me Orvieto sembra messa così, e pensare che ci si camperebbe bene, almeno mi dicono i turisti.

ENGLISH VERSION

Heading Toward Elections Without the City: Does Winning Amidst the Ruins Make Sense?

The electoral climate is almost as warm as this autumn that feels like summer. This is evident from the first candidates sprouting up like mushrooms and the public works that, with suspicious punctuality, this administration rushes to carry out after four years of nothing.

In this small world of Orvieto, where citizens (like in the rest of Italy and Europe) have lost hope of changing things through participation and public engagement, Mayor Tardani’s administration has injected a dose of optimism, giving many the impression that the city is alive after all. If we are here talking, paraphrasing Lucio Dalla, it means that we are alive, but it’s not like we’re in excellent health (the reference to real-life events is almost deliberate). Let’s get one thing straight; I’m not one of those who naively attack the current mayor because her political color is different from mine. I wouldn’t even know how to describe the majority’s color anymore, if not by recognizing familiar and less familiar faces who occasionally profess their faith in the city council or say the same things they said thirty years ago: the seasons aren’t what they used to be, I’m not racist, but I think we’re different, nasty communists, we only help Orvietans with a strong rustic accent, long live the unity of Italy but I vote for the guy who wants differentiated autonomy. I’m not talking about the opposition because… ah, I forgot, it doesn’t exist.

I acknowledge that Roberta Tardani is very dynamic, she has changed the city’s communication (more open and direct, more social, certainly more cosmopolitan), and she has focused almost entirely on Orvieto’s image, conveyed through promotional campaigns on numerous platforms. Sometimes I think she has the gift of ubiquity. Tardani had the courage to nominate Orvieto as a city of culture, even without having her own project. She challenged her own majority, or significant parts of it, by breaking free from coalition logic to become an entrepreneur herself. Some important figures within the current majority are not pleased with this. The League and Brothers of Italy certainly don’t like it. However, it is the universality of the current mayor’s message that keeps her afloat, giving her hope of a second term, perhaps with a list all of her own. Many wonder where the personal approval, which she undoubtedly enjoys, comes from. In my humble opinion, it’s because the mayor has managed to be tough and aggressive with the institutional opposition while being open and available in everyday situations. But beware, the mayor has formidable allies outside the town hall. In a political system where the most important directions are decided by central authorities, the established economic players and the emerging ones, the voluntary sector, and entrepreneurs with foundations backing them play an important role. They have material resources and offer a potential voter base that follows short and medium-term projects rather than grand ideas. There’s nothing wrong with this, but can the municipality limit itself to being the sparring partner of the few economic players in the area and act as a listening desk for this or that sector or cultural/artistic initiative without any direction for the future?

Orvieto has changed a lot in the past three decades since I was in high school and starting my university studies. Work, craftsmanship, and social life of the past have transformed and in part have disappeared. Families have become impoverished (as in many parts of Italy). Who drives the economy in Orvieto? For years, a company in the digital sector became the symbol of this transformation that seemed to sweep away the old way of doing business in Orvieto. Unfortunately, it didn’t end well. In the meantime, historic artisan workshops have closed down, those on the outskirts have reduced in number or survive, and for Corso Cavour, we can only buy products that often have nothing to do with Orvieto’s identity, which come from elsewhere and are often overpriced. Already, the identity of the territory (even referenced in the names of some council groups) has become a brand to sell in the tourist market. There’s nothing wrong with this, except that the image offered is an idealization of a past that no longer exists. Compared to Rome, however, we have it easy! Today, many people from outside the city choose to live in Orvieto, often just for holidays, while young couples struggle to find affordable housing. Important city institutions have weakened. For example, the Cassa di Risparmio, the hospital, and the city council itself no longer have any weight in any vital matters for citizens: from health, transportation, and abandoned suburbs to high rents, a school reduced to a diploma factory without classrooms, the fate of Caserma Piave, and environmental policies. On all of this, it has been accepted to say that not much more can be done; a more honest version of saying, “we’re doing everything we can, and soon things will change.” “But when?” is often heard in households. The concept is, in fact, simple. Focusing everything on tourism and pretending that nothing else matters cannot be a sustainable strategy for a small town of nineteen thousand inhabitants. Already, the population balance is in the negative (there were 21,000 residents in the municipality over ten years ago), and fortunately, before and after the pandemic, there has been an influx of new “foreign” residents to replenish the ranks of Orvietans. It is no coincidence that the first kamikazes who have entered the political arena in view of the upcoming elections have highlighted this: this administration makes traders and landlords happy, but the rest of the citizens who live in the municipality 365 days a year (including many commuters) are worse off than before, and there is no sign on the horizon, I won’t say of a solution but of an idea, a discussion on how to tackle the problems. What saddens me the most is that the city’s debate is held hostage by those who say that everything is fine, and those who launch accusations against those who run the city without providing an alternative project. We keep talking about water fountains, potholed roads, dog pounds, animal droppings, poorly laid cobblestones, and umbrellas and tables on Corso Cavour (if only these problems could be solved!), or about phantasmagorical Project Orvieto 2, 3, the revenge. When someone dares to bring up bigger issues in the city council like healthcare, economic distress, transportation, etc., they are silenced with phrases like, “so what did you do before us?” If this is the quality of the discussion that will take place between now and the next elections, it’s better to hand the keys to a real estate agent, an estate agent, in short, and put up a “for sale” sign at Porta Romana, build a five-star hotel, create a small beach in the open space of Foro Boario, and distribute a sensory helmet to each bed and breakfast (regular and irregular), maybe to make the occasional tourist meet with Manno di Corrado’s hologram, an authentic experience (I wonder how it appeared at the time). That’s how Orvieto seems to me, and it’s hard to believe, given that many tourists tell me that life here is good.




Trekking tra Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio con “il cammino dell’intrepido Larth”

Poco meno di sessanta chilometri, da percorrere a piedi o in bicicletta, alla scoperta dello straordinario triangolo naturalistico e culturale formato da Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio. E’ quello che propone il Cammino dell’intrepido Larth, il percorso escursionistico ad anello che è stato presentato oggi in occasione della sessantesima Fiera internazionale del turismo di Rimini. Il percorso prende il nome da Larth Cupures, detto “l’intrepido”, guerriero etrusco il cui cippo funerario è custodito nel museo Claudio Faina di Orvieto. Un omaggio all’identità storica di questo incredibile territorio a cavallo tra Umbria e Lazio, straordinariamente ricco di opere d’arte, patrimonio naturalistico e valore spirituale dal momento che la prima tappa, quella da Orvieto e Bolsena, ricalca il tracciato originario che, secondo la tradizione religiosa, venne compiuto per portare nella città del duomo il sacro lino del miracolo eucaristico di Bolsena nel 1263.

Il progetto del Cammino è nato come iniziativa privata da parte delle guide escursionistiche Luca Sbarra ed Emanuele Rossi e di Claudio Lattanzi, titolare della casa editrice Intermedia Edizioni. Già disponibile la guida ed il sito internet.

“Abbiamo avviato questa iniziativa-spiegano i promotori-mossi dal grande amore per la nostra terra, ma anche con l’ambizione di mettere a disposizione della comunità una nuova opportunità per promuovere finalmente in una logica collaborativa questi luoghi eccezionali che sono da decenni al centro di consistenti flussi turistici anche internazionali. Uno degli obiettivi che ci si propone è quello di offrire una nuova offerta turistica che possa contribuire anche ad incrementare i tempi di permanenza dei turisti. Il carattere privato del progetto-aggiungono-si limita esclusivamente al lavoro preliminare compiuto per farlo decollare in tempi rapidi dal momento che il cammino è ovviamente gratuito e può essere percorso da tutti liberamente. Un sincero ringraziamento-aggiungono- ci sentiamo di rivolgerlo ai tre sindaci di Orvieto Roberta Tardani, di Bagnoregio Luca Profili, di Bolsena Paolo Dottarelli con l’assessore Roberto Basili e il vice sindaco Andrea Di Sorte per l’entusiasmo e la collaborazione con la quale hanno accolto questa idea”. Una collaborazione, quella con gli enti locali, che adesso proseguirà sul fronte della promozione e della manutenzione.

Promotore dell’iniziativa è anche la guida turistica e storica dell’arte Cristina De Angelis la quale, su richiesta, fornirà un servizio di guida nella città di Orvieto. “Si tratta di una professionista che qualifica il progetto-spiegano gli ideatori dello stesso-a cui si aggiungeranno ben presto altre figure, compresi in prima battuta gli operatori economici delle tre zone nel settore della ricettività, della ristorazione e del commercio con i quali potranno anche essere stipulati accordi particolari”.

Partner dell’iniziativa è la fondazione Faina. La sede del museo costituirà infatti il punto di partenza e di arrivo del Cammino di Larth. Il museo è anche uno dei luoghi in cui viaggiatori potranno ottenere la credenziale e l’attestato del cammino.

“Il settore del turismo outdoor rappresenta una ulteriore opportunità per il nostro territorio che va promossa e valorizzata. Lo scorso anno abbiamo realizzato una mappa escursionistica “Il territorio degli etruschi” con cinque percorsi esperienziali nella natura da percorrere in bici, a piedi e a cavallo, ora questa nuova iniziativa per intercettare le tendenze dei cammini che stanno raccogliendo sempre più consensi-dice il sindaco di Orvieto Roberta Tardani-in questo senso è fondamentale l’apporto dei privati nella realizzazione di prodotti e servizi turistici che valorizzino le bellezze naturali del nostro territorio e contribuiscano all’obiettivo di aumentare la permanenza media dei turisti/visitatori.

 In bocca al lupo al Cammino dell’Intrepido Larth, una delle esperienze che potremmo sicuramente presto inserire nella app Orvieto Experience, che abbiamo presentato proprio ieri qui a Rimini, nella nuova sezione Outdoor che abbiamo già intenzione di attivare”.

“Accogliamo con grande interesse la nascita di un nuovo cammino che unisce Orvieto, Bolsena e Bagnoregio. ‘Il Cammino dell’Intrepido Larth’, questo il nome scelto dagli ideatori, a cui auguriamo le migliori fortune-è il commento del sindaco di Bagnoregio Luca Profili – abbiamo bisogno di iniziative come questa perché il turismo dei cammini è in crescita e rappresenta una forma di offerta del territorio che si sposa perfettamente con il discorso della sostenibilità. I camminatori sono turisti che rimangono sul territorio per diversi giorni e questo ci aiuta a spingere sul tasto della permanenza. Il Cammino di Larth, presentato anche al TTG di Rimini, è importante perché spinge al dialogo tre comuni che rappresentano il centro dello sviluppo turistico di una parte di Tuscia. Per quanto ci riguarda ci siamo messi subito a disposizione e continueremo a farlo” conclude Profili.

IL PERCORSO

Si cammina a quote basse (tra gli 200 e i 400 m s.l.m) a cavallo di Umbria e Lazio ripercorrendo antiche strade Romane e seguendo tratti della Via Francigena e della Via Romea Germanica.

Si percorrono sentieri che corrono in alcuni Siti natura di importanza comunitaria (Sic), come il lago di Bolsena, il parco di Turona e i calanchi di Civita di Bagnoregio.

Il Cammino dell’intrepido Larth, è percorribile in tutte le stagioni dell’anno ed è adatto anche ai principianti, infatti le tappe sono alla portata di chiunque abbia una minima preparazione fisica e abitudine al cammino.

La partecipazione è libera e ciascun camminatore organizza il cammino come meglio crede, comprese le ospitalità.

www.camminodilarth.it

https://www.intermediaedizioni.it/catalogo/1248-il-cammino-dellintrepido-larth.html

ENGLISH VERSION

Trekking between Orvieto, Bolsena, and Civita di Bagnoregio on “the Path of the Fearless Larth.”

Covering just under sixty kilometers, the “Cammino dell’Intrepido Larth” offers a walking or cycling route to explore the extraordinary natural and cultural triangle formed by Orvieto, Bolsena, and Civita di Bagnoregio. This hiking trail, known as the “Path of the Fearless Larth,” was introduced during the 60th International Tourism Fair in Rimini.

The trail is named after Larth Cupures, known as “the Fearless,” an Etruscan warrior whose funerary monument is housed in the Claudio Faina Museum in Orvieto. This name pays homage to the historical identity of the remarkable region that straddles the borders of Umbria and Lazio. The area is extraordinarily rich in art, natural heritage, and spiritual value. The first stage of the journey, from Orvieto to Bolsena, follows the original route that, according to religious tradition, was taken to transport the sacred linen from the Eucharistic miracle of Bolsena to the city’s cathedral in 1263.

The Cammino dell’Intrepido Larth project started as a private initiative led by hiking guides Luca Sbarra and Emanuele Rossi, along with Claudio Lattanzi, owner of Intermedia Edizioni publishing house. The guide and website are already available. The project was initiated out of a deep love for the region, with the ambition of providing a new opportunity to promote these exceptional places collaboratively. The aim is to offer a new form of tourism that can help extend the duration of tourists’ stays. The character of the project is purely private, limited to the preliminary work required to get it off the ground. The trail is free and open to everyone.

Partners in this initiative include the Faina Foundation, with the museum’s headquarters serving as the starting and finishing point of the Cammino di Larth. The museum will also be one of the locations where travelers can obtain the trail’s credentials and certificate.

The Cammino dell’Intrepido Larth welcomes collaboration with local authorities to further promote and maintain the trail. Cristina De Angelis, a tour guide and art historian, is also involved in the project. Soon, other professionals will join, including operators in accommodation, restaurants, and retail. Special agreements can be made with these businesses.

The Cammino dell’Intrepido Larth connects Orvieto, Bolsena, and Bagnoregio, traversing the landscapes at elevations between 200 and 400 meters above sea level, crossing the border between Umbria and Lazio. The route follows ancient Roman roads, sections of the Via Francigena, and the Via Romea Germanica. The trail passes through natural sites of community importance, including Lake Bolsena, the Turona Park, and the Calanchi di Civita di Bagnoregio.

The Cammino dell’Intrepido Larth is suitable for all seasons and is even beginner-friendly, with stages that can be tackled by anyone with a minimum level of physical fitness and walking experience. Participation is free, and each hiker can organize their journey as they see fit, including accommodations.

For more information, visit: www.camminodilarth.it https://www.intermediaedizioni.it/catalogo/1248-il-cammino-dellintrepido-larth.html




Presentata al TTG di Rimini “Orvieto Experience” l’app per scoprire itinerari, ceramica, vino, olio e cibo a Orvieto

Itinerari esperienziali tra enogastronomia e artigianato per raccontare e vivere il territorio di Orvieto attraverso le sue principali eccellenze. Presentata, giovedì 12 ottobre (qui la diretta fb di OrvietoLife), al TTG Travel Experience di Rimini, l’app “Orvieto Experience”una vera e propria “bussola” per orientare il turista/visitatore alla scoperta dell’esperienza autentica di Orvieto tra visite alle cantine vitivinicole, degustazioni di olio e laboratori di ceramica.  Il progetto, realizzato dal Comune di Orvieto con la collaborazione della società Dbg Management&Consulting e cofinanziato dalla Regione Umbria nell’ambito del bando “UmbriAperta”, è stato illustrato dal sindaco e assessore al Turismo, Roberta Tardani, alla presenza della presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, del vicepresidente della giunta regionale e assessore all’Agricoltura, Roberto Morroni, di Francesco Nini, direttore del Consorzio per la tutela dei vini di Orvieto, tra i partner dell’iniziativa, dell’olivicoltore orvietano e produttore di olio pluripremiato, Eugenio Ranchino, e della ceramista Rosaria Vagnarelli.

Scaricando l’app sul proprio dispositivo mobile, il turista/visitatore avrà la possibilità di scoprire le realtà territoriali esistenti appartenenti a tre macro-aree tematiche – ceramicavino e olio  – e quindi vivere esperienze autentiche partecipando ad attività, laboratori, corsi e degustazioni per conoscere più da vicino l’anima di Orvieto e del suo territorio fatta dalle storie degli operatori e artigiani che, con il loro lavoro, portano in alto il nome della città a livello nazionale e internazionale.

Ciò che permetterà al turista di immergersi totalmente nell’atmosfera del territorio orvietano sarà la possibilità di accedere alle schede informative di ciascun artigiano, cantina o azienda della zona e di partecipare a vere “experience” locali prenotando workshoplaboratori tematici e degustazioni. A completamento del percorso, una sezione dedicata all’enogastronomia tipica del territorio orvietano con le video ricette che guideranno gli utenti, passo dopo passo, nella realizzazione casalinga di alcuni dei piatti più caratteristici che fanno parte della tradizione culinaria di Orvieto.

Nel dettaglio l’app si compone di nove sezioni. Le prime due introducono il turista alla scoperta del territorio di Orvieto con un video emozionale sulla città e con un itinerario di almeno tre giorni in cui sono presentati tutti i principali punti d’interesse che possono essere visitati, proponendo un tour strutturato tappa per tappa, comprendente anche attività e workshop. 

A seguire le sezioni dedicate a olio, vino e ceramica che contengono le schede descrittive delle produzioni delle singole aziende e degli artigiani e tutte le informazioni sulle attività praticabili con orari, prezzi e contatti. Ogni cantina, azienda o laboratorio è geolocalizzato in una mappa che mostra i principali siti di interesse presenti nelle vicinanze. Attualmente sono 13 i produttori di olio, 26 le cantine vitivinicole e 13 le botteghe di ceramica presenti che offrono esperienze censite e selezionate grazie alla collaborazione del Consorzio tutela dei vini di Orvieto e delle associazioni di categoria del mondo agricolo. Le sezioni di olio, vino e ceramica sono aperte ciascuna da un video illustrativo affidato a importanti testimonial del territorio: il miglior sommelier d’Italia Ais 2016 e ambasciatore del vino di Orvieto, Maurizio Dante Filippi, l’olivicoltore Eugenio Ranchino, e il ceramista Marino Moretti.

La sezione riguardante la gastronomia tipica contiene invece nove piatti della tradizione culinaria orvietana con le relative ricette testuali e in formato video: lumachelle, salumi, formaggi, fagiolo secondo del Piano all’uccelletto, baffo all’orvietana, umbrichelli al sugo d’oca, gallina ‘mbriaca, baccalà all’orvietana, frittelle di San Giuseppe e biscotti all’anice.

Le ultime tre sezioni sono infine dedicate alle informazioni sui principali monumenti e siti di interesse della città di Orvieto e ai collegamenti con il sito di Carta Unica, la chiave di accesso a tutte le attrazioni cittadine, e al portale turistico regionale Umbria Tourism.

Orvieto Experience – ha spiegato il sindaco e assessore al Turismo, Roberta Tardani – è una bussola a disposizione dei turisti/visitatori per non perdere nessuna delle esperienze che può offrire il nostro territorio. Uno strumento che non esisteva, utile non solo per chi arriva e vuole scoprire quello che c’è oltre la bellezza, la storia e l’arte della città ma anche per gli operatori turistici che avranno immediatamente a portata di smartphone tutte le informazioni necessarie su come orientare i propri clienti tra le numerose proposte che offrono cantine, aziende agricole e laboratori di ceramica. Gli obiettivi di questo progetto, costruito con la collaborazione del Consorzio Orvieto Doc, le associazioni di categoria e i ceramisti nel solco del nostro piano di marketing territoriale e del processo di digitalizzazione e innovazione dei prodotti turistici, sono diversi. In primis quello di intercettare in maniera più efficace le esigenze dei turisti di oggi e aumentarne la permanenza media nella città ma anche valorizzare il settore enogastronomico e quello artigianale che sono fonti di economia importanti per il nostro territorio. Gli investimenti fatti in questi ultimi anni nel turismo – ha aggiunto – non sono infatti fini a se stessi e men che meno tolgono qualcosa alla popolazione residente. Il lavoro che si sta facendo tende a mantenere equilibrato il rapporto tra turisti e residenti e la città non si è snaturata. Anzi, ha investito sulle proprie vocazioni per farne un valore e una fonte di sviluppo economico. Da questo settore arrivano gran parte delle risorse economiche che ci consentono di garantire i servizi per i nostri cittadini, la crescita di questo settore sta portando non solo nuovi investimenti privati che generano lavoro ma anche, contatti, relazioni e nuovi interessi sulla città che promuovendo se stessa promuove la sua alta qualità di vita e si propone come luogo dove vivere“.

Dalla presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, è arrivato il plauso per “un’iniziativa molto efficace”. “La cultura del prodotto è importante – ha detto soffermandosi sul settore dell’olio – ma oggi non basta più soltanto fare un prodotto buono, bisogna saperlo raccontare e avere capacita di far diventare consapevole il turista/utente che si approccia a un mondo più nuovo e diverso da quello del vino. L’enoturismo e l’oleoturismo – ha proseguito – non vanno limitati solo alle cantine o ai frantoi, dove si riesce a comunicare cultura e si raccontano il territorio e le bellezze culturali di una città come Orvieto, ma bisogna fare ancora un passo in avanti. Questa cultura e questo modo di comunicare deve diventare patrimonio comune dei ristoratori. Loro possono e devono farlo. Così, quando si arriva in un ristorante umbro è bene che ci siano i vini dell’Umbria e le nostre denominazioni, che sono l’identità di questo territorio, devono essere presenti in tutti i ristoranti della regione. Le degustazioni dell’olio – ha proseguito – non si facciano solo nei frantoi, ma anche nei ristoranti, dove vanno proposti i nostri oli pregiati che hanno delle sfumature e delle differenze che rappresentano ancora di più i nostri territori. Accanto alla carta dei vini dell’Umbria occorrerebbe dunque proporre anche una carta degli olii dell’Umbria e magari abbinare una buona pratica facendo trovare del buon pane accompagnato a olii diversi”.

Questo lavoro va nella giusta direzione – ha commentato il vicepresidente della Regione Umbria e assessore all’Agricoltura, Roberto Morroni – e quindi complimenti all’amministrazione comunale e a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo bello strumento. Le nuove tecnologie sono opportunità straordinarie per fare molto meglio quello che sappiamo già fare. E’ costruita molto bene anche la miscela, perché si offre al visitatore un bel fiore che si compone del patrimonio artistico e culturale ma anche del saper fare di Orvieto. E anche quello è uno spaccato di cultura. Quando diciamo che dobbiamo essere bravi a raccontare quello che siamo e quello che sappiamo fare – ha aggiunto – dobbiamo sapere che dietro a un olio, al vino, alla ceramica c’è cultura come bagaglio identitario che si è sedimentato nei secoli e che permette, al pari della cultura tradizionalmente intesa, di immergersi in un territorio e di conoscerlo nel vero senso della parola. E oggi quello che chiede il turista è la conoscenza esperienziale di un territorio, il desiderio di assorbire emozioni ed esperienze di vita diverse. La città di Orvieto sta interpretando bene questo percorso, in maniera particolarmente efficace con intelligenza, dinamismo e anche con entusiasmo che significa vedere il futuro e coglierne le opportunità.  “Il Consorzio Tutela Vini di Orvieto – ha detto il direttore Francesco Nini – ha sostenuto convintamente il Progetto Orvieto Experience. L’enoturismo costituisce infatti uno dei principali strumenti per lo sviluppo territoriale. Le aziende vitivinicole del comprensorio orvietano intendono crescere in termini di sostenibilità, ospitalità ed innovazione. Il vino è un incredibile ambasciatore del territorio Orvietano, un grande strumento di marketing e promozione culturale e la denominazione Orvieto Doc, che porta proprio il nome della città, deve essere uno dei pilastri del turismo culturale del nostro comprensorio. Negli ultimi anni il mondo del turismo si è trasformato velocemente – ha aggiunto – e le nuove modalità richiedono nuovi strumenti e occorre accostare i prodotti tipici del territorio ad una narrazione sociale ed emozionale. Nello spirito di collaborazione istituzionale che ha sempre contraddistinto l’operato dell’ente consortile, il Consorzio Tutela Vini ha sposato questa iniziativa nella consapevolezza che il turismo del vino costituisce una grande opportunità per la città di Orvieto“.

La ceramica orvietana trova le sue radici nella civiltà etrusca – ha affermato la ceramista Rosaria Vagnarelli – ed ha attraversato i secoli rinnovandosi continuamente sia nelle forme che nei decori. Gli artigiani ceramisti che hanno operato nei secoli sulla rupe di Orvieto hanno saputo costruire un linguaggio originale e moderno che costituisce per noi, ceramisti di oggi, un ricco bagaglio culturale da utilizzare sia seguendo il solco della tradizione che della innovazione. Grazie alla sua ricchezza espressiva senza tempo ci fornisce innumerevoli spunti di lavoro che rendono il lavoro del ceramista appassionante e mai ripetitivo. Chi viene ad Orvieto può provare l’esperienza di sedersi in bottega, affondare le mani nell’argilla e, seguendo le varie fasi di lavorazione ovvero modellazione, cottura, decorazione e nuovamente cottura, dare così vita con l’aiuto di un artigiano ad un oggetto che racchiude in sé un’esperienza millenaria”.

Cultura, ricerca e tecnica al servizio della materia prima – ha spiegato Eugenio Ranchino – così nasce un grande olio extravergine di oliva come quello di Orvieto. Il nostro territorio va vissuto in prima persona conoscendone gli interpreti e di conseguenza i loro prodottiNon c’è conoscenza senza esperienza. I frantoi sono interessanti sia a motori accesi, cioè quando si vede uscire l’olio, che a motori fermi quando c’è più tempo per spiegare la tecnologia e le novità dell’estrazione. La degustazione dell’olio richiede sicuramente una breve descrizione di come farla praticamente perché è un gesto molto tecnico. Capito questo, si apre un mondo e si arriva a degustazioni in abbinamento ai cibi che è la cosa che diverte e stupisce di più”.

La app Orvieto Experience è già disponibile sugli store per dispositivi iOs e Android. In questi giorni a Rimini, ai visitatori della postazione “Orvieto città viva esperienza autentica” all’interno dello stand della Regione Umbria, viene regalata una card con la quale poter scaricare la app in maniera innovativa e vedere il video di promozione della città di Orvieto in realtà aumentata. La card sarà successivamente distribuita presso l’Ufficio turistico di Orvieto in Piazza Duomo e nelle strutture ricettive. Inoltre la app sarà accessibile direttamente anche dalla segnaletica pedonale turistica multimediale e interattiva presente nel centro storico. Il 23 e 24 ottobre a Orvieto si terrà un educational a cui parteciperanno influencer, giornalisti e tour operator che saranno invitati a testare l’app e provare le esperienze contenute negli itinerari proposti.




Arizona in Orvieto, il prof. Soren riceve una targa di ringraziamento alla Study Abroad Fair in Tucson

Sono ormai 22 anni che, seguendo un’idea, o meglio una suggestione, di David Soren si organizzano a scadenza semestrale i corsi del ramo italiano dell’università USA.  Sembra una di quelle storie che possono realizzarsi solo nell’effervescente mondo accademico d’oltre oceano: Alba Frascarelli e Claudio Bizzarri parteciparono nel 2002 all’annuale conferenza internazionale organizzata dall’ Archaeological Institute of America a San Diego, in California, ed ebbero modo di conoscere David Soren, col quale scambiarono una serie di idee su un progetto di studi all’estero. Da tale iniziale germe il prof. Soren ha fondato il programma che è a tutt’oggi una delle più popolari e ben riuscite attività dello Study Abroad Office in Tucson. Bastarono pochi mesi di preparazione logistica (più facile a scriversi che a farsi) e nell’anno seguente un gruppo di 21 studenti partecipò al primo Fall Semester ad Orvieto.  Da allora sono centinaia le presenze che ogni anno hanno utilizzato Orvieto come base operativa, seguendo anche quelle che sono state le peregrinazioni del Centro Studi Città di Orvieto, dall’ex-ospedale di piazza Duomo, a palazzo Simoncelli in piazza del Popolo sino all’attuale sede di Palazzo Negroni. Una forte e continua presenza che ha valenze economiche, culturali e di scambio inclusivo per la città della Rupe. Ogni anno sono decine gli studenti che ritornano nella nostra città, ora con famiglie o partners al seguito, sintomo evidente che i programmi stranieri funzionano anche come volano culturale e turistico.

La targa che la nuova direttrice del ramo italiano, Alba frascarelli, ha consegnato al prof. Soren, ha voluto stigmatizzare il suo costante impegno verso il mondo dell’educazione, a testimonianza del profondo impatto che la sua opera ha generato nel corso degli anni. Il prof. Soren è Regents Professor of Anthropology and Classics ed ha condotto numerose campagne di scavo in Italia, specificatamente nel sito della villa romana di Poggio Gramignano, a Lubriano e a quello di Mezzomiglio, a Chianciano Terme.

Anche la stampa del campus americano ha voluto contribuire a far conoscere questo evento con un articolo che si può trovare al link che segue:

https://international.arizona.edu/news/dr-david-soren-honored-study-abroad-fair.

L’attività dello Study Abroad Office in Arizona è di particolare importanza, essendo in grado di favorire le scelte dei singoli studenti, indirizzarli lungo il percorso per l’iscrizione e, in alcuni casi, ricevere borse di studio. Particolare menzione va a Dafne Romero (Program Manager), a Diane Nelson (Associate Director), a Harmony De Fazio (Executive Director) e, nel corpo docenti, a Karen Seat, direttrice del dipartimento di Studi Religiosi e Classics.

Un sentito ringraziamento quindi al Dr. Soren, per la sua insostituibile contribuzione al mondo dell’educazione e per aver consentito la formazione interculturale di un numero infinito di studenti.




Approvata mozione in Regione per la riattivazione delle sezioni distaccate dopo quella per il Tribunale di Orvieto

Soddisfazione per l’approvazione unanime della mozione da parte del Consiglio regionale dell’Umbria a sostegno della riattivazione delle sezioni distaccate del Tribunale nelle città di Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Todi.
E’ quella che esprimono i Sindaci Stefania Proietti, Luca Secondi, Stefano Zuccherini, Filippo Stirati e Antonino Ruggiano per la presa di posizione compatta del massimo consesso regionale a favore del ripristino degli uffici giudiziari di prossimità soppressi dalla riforma del 2012 del Governo Monti.
“La revisione del sistema organizzativo attuale – sottolineano in una nota i Sindaci – diventa ora una richiesta non di singoli territori ma una rivendicazione dell’intera comunità umbra, avvalorando l’azione congiunta intrapresa nei mesi scorsi dai cinque Comuni”.
Una battaglia di civiltà quella di Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Todi che si integra, ovviamente, a quella per la riattivazione del tribunale di Orvieto e che ricompone un quadro in grado di tenere conto dell’estensione e delle caratteristiche dell’Umbria”.
“Il passaggio ulteriore, già in atto – scrivono i primi cittadini delle città interessate – è quello di perorare le giuste ragioni di un’amministrazione della giustizia di prossimità a livello parlamentare e di governo affinchè la riforma delineata nel decreto legislativo accolga le nostre legittime richieste”.
I Sindaci Stefania Proietti, Luca Secondi, Stefano Zuccherini, Filippo Stirati e Antonino Ruggiano, a settembre, hanno avanzato richiesta di audizione alla Commissione Giustizia del Senato ed indirizzato una missiva anche al Capo dello Stato, ai Presidenti di Camera e Senato, e al Consiglio Superiore della Magistratura.




I bambini di Kfar Haza

In queste ore drammatiche di guerra tra Israele ed Hamas di scene brutali ne abbiamo viste in quantità e sono state tutte un pugno allo stomaco, uno shock per chi ama e rispetta la vita. Abbiamo visto la ragazza picchiata e strattonata, caricata su una jeep, con il pantalone intriso di sangue all’altezza dei glutei per la violenza sessuale subita. Abbiamo visto il bambino israeliano accerchiato ed insultato da altri bambini come lui, palestinesi, che lo definivano “sporco ebreo” mentre un aguzzino di Hamas infieriva con un frustino sul suo corpo e sul suo viso. Abbiamo visto l’anziana donna in carrozzina dileggiata dai terroristi e deportata a Gaza.
Abbiamo visto Noa, la ragazza portata via in moto dai miliziani e le sue urla disperate che hanno straziato i nostri cuori e le nostre menti. Abbiamo visto tanto ma non avevamo visto tutto. La scoperta di ieri (10 ottobre ndr) dei 40 bambini sgozzati e decapitati dagli assassini inumani di Hamas, quei poveri corpicini dilaniati nel kibbutz di Kfar Haza, assieme al ritrovamento di altri 200 corpi degli adulti arsi, mutilati, uccisi a sangue freddo nello stesso centro agricolo sono lo spartiacque definitivo per le nostre coscienze.
In queste ore improvvidi pseudo storici rilasciano dichiarazioni e scrivono tesi bizzarre su come Israele “se la sia cercata”. Negli stessi frangenti ci sono giornalisti che improvvisano analisi sociologiche spiegando che Gaza è una “prigione a cielo aperto”, il che è vero solamente se si completa la frase scrivendo ”dove i carcerieri ed aguzzini sono i membri di Hamas” organizzazione che tiene ostaggio la propria gente in maniera brutale e la utilizza come carne da macello e scudo umano.
Ed intanto qualche scellerato, ignavo e stolto, volutamente stolto, pedissequamente in malafede organizza manifestazioni, dibattiti, assemblee di sostegno alla ”causa palestinese” e lo fa in maniera assurda ed intempestiva. Lo fa non capendo, o non volendo capire, che in questi frangenti drammatici non si sta combattendo un conflitto tra israeliani e palestinesi ma si sta compiendo uno scontro di civiltà, etico e morale tra uno stato democratico, Israele, con il suo esercito in prima linea per difendere la propria gente, ed a distanza tutti noi, tutto il mondo libero, ed un organizzazione di belve disumane che rispondono al nome di Hamas, Hezbollah e Jihad islamica e sono il braccio tremendamente armato dello stato canaglia degli ayatollah, l’Iran.
Il massacro di Kfar Haza rappresenta l’ennesima conferma che non è in gioco la legittima aspirazione del popolo palestinese ad avere un proprio Stato ma che quanto sta accadendo è il tentativo di una pletora di assassini di sterminare il popolo ebraico, infedele rispetto ai dettami dell’Islam fondamentalista. È il tentativo di compiere un genocidio di stampo nazista e chi ora si mobilita per la “causa palestinese” dovrebbe farlo consapevole che il primo nemico di questa causa è Hamas, seguita dalle altre organizzazioni consorelle. Quel “Palestina libera” che vediamo scandito da gruppetti di giovani nelle università italiane in queste ore è condivisibile ma parziale. La frase completa dovrebbe essere “Palestina libera da Hamas”. Allora si che potremmo essere tutti assieme a manifestare con loro. Ma se quel “Palestina libera” è rivolto a spazzare via Israele no cari studenti, allora non ci siamo, state facendo il gioco dei terroristi e siete fiancheggiatori morali di assassini senza scrupoli, di bestie assetate di sangue che non esitano a decapitare, torturare ed uccidere bambini. A tutti quei nostalgici degli anni della “politica” quando si pensava che essere dalle parte palestinese fosse un dovere morale perché significava essere dalla parte degli oppressi, a loro il sangue e le teste mozzate dei bambini di Kfar Haza si rivolgono e gridano loro di aprire gli occhi e capire esattamente cosa sta accadendo. Israele questa guerra la sta facendo e la farà con ancora più forza e determinazione per proteggere il proprio popolo e la propria gente, ma anche per liberare i palestinesi dal giogo criminale di Hamas.
Se non si è capito tutto questo non si è capito cosa è veramente in gioco in queste ore drammatiche ed i 40 bambini di Kfar Haza saranno assassinati una seconda volta.




All’inaugurazione dell’anno accademico di Intrecci si parla di cibo, ospitalità e lavoro

Quali sono le esigenze del mondo dell’enogastronomia e dell’accoglienza turistica di qualità? Quali sono le opportunità e le prospettive per i giovani che vogliono intraprendere un percorso professionale in questi mondi? Quale è oggi l’attenzione del Governo e delle istituzioni? Quale è la risposta che può dare una scuola di alta formazione come Intrecci?  Tanti gli spunti emersi nel corso dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2023-2024 di Intrecci, scuola di alta formazione per la Sala e l’Accoglienza, svoltasi a Castiglione in Teverina, il 9 ottobre, presso il Campus fondato da Dominga, Marta e Enrica Cotarella.   

Alla presenza del Consigliere del Lazio Daniele Sabatini, dell’On. Mauro Rotelli, Presidente della VIII Commissione della Camera del Deputati e dei Sindaci del territorio, gli Assessori all’Agricoltura della Regione Lazio Giancarlo Righini e della Regione Umbria Roberto Morroni, il Capo di Gabinetto del Ministero del lavoro, Mauro Nori e il Commissario straordinario dell’Arsial, Massimiliano Raffa hanno sottolineato la rinnovata attenzione delle istituzioni verso settori per troppo tempo ritenuti secondari. Una centralità che Silvio Moretti, responsabile dell’Area Relazioni Industriali di Fipe e Danila Milioni, responsabile di Fipe Confcommercio Lazio Nord hanno rimarcato in modo inequivoco.

Molto significative le testimonianze di Alessandro Pipero, patron del Ristorante Pipero, Matteo Zappile, Restaurant Manager del Ristorante il Pagliaccio, Mariella Caputo, Vice Presidente di Ambasciatori del Gusto e Paolo Marchi, fondatore e amministratore di Identità Golose: un osservatorio privilegiato su quello che accade in una sala, nel difficile e bellissimo rapporto fra la cucina e i clienti e sulle esigenze di un mondo sempre più importante. Il Made in Italy di qualità è oggetto di un grande cambiamento e di un forte sviluppo. Ed è sempre più forte l’esigenza di personale qualificato in grado di gestire i diversi aspetti dell’ospitalità. Una sfida che coinvolge tutti: le scuole, le istituzioni, le imprese, le associazioni di rappresentanza, i produttori di materie prime.

Marta Cotarella, Fondatrice e Direttrice dell’Accademia, insieme a Chiara Riccardi, hanno  raccontato la risposta di Intrecci: 6 mesi di formazione intensiva, residenziale, ricchissima di esperienze sul campo e 6 mesi di stage nei più importanti ristoranti ed hotel nazionali e internazionali: un Intreccio di “Sapere”, “Saper fare” e “Saper essere” che permette ai ragazzi di lavorare molto sulle competenze tecniche e su quelle comportamentali, sempre più importanti in tutti i mestieri ma indispensabili nelle professioni dove la qualità della relazione fa la differenza. Non potevano mancare le toccanti testimonianze degli ex studenti di Intrecci che hanno raccontato la loro esperienza nel mondo della ristorazione di qualità.

Tanti i giovani presenti insieme ai loro insegnanti e ai dirigenti scolastici di numerosi Istituti Alberghieri provenienti da tutta Italia: Orvieto, Fabro, Fiuggi, Firenze, Assisi, Anzio, Treviso e Roma. E molto partecipata la tavola rotonda finale con i rappresentanti di alcune delle imprese e delle organizzazioni partner dell’Accademia: Paolo Melone, Senior Director Coordinamento Marketing e Business Development Imprese Intesa Sanpaolo, Matteo Biagini, Marketing Manager di Bonifiche Ferraresi, Mario Rossi, Direttore di Coldiretti Umbria, Alessandro Piccioni, Marketing manager di Farchioni, Olga Urbani Presidente di Urbani Tartufi,  Elena Zottig Communication manager di Illycaffè, Manuel Lombardi, titolare de Le Campestre e Arianna Guerrini in rappresentanza di Ginori 1735. Un confronto che ha confermato il grande interesse del mondo imprenditoriale nel voler sostenere la formazione di qualità che l’Accademia Intrecci si è posta come obiettivo imprescindibile.

Al termine dell’incontro, lo chef Andrea Astolfi del Convivial Tuscania ha allietato gli ospiti nel ristorante didattico di Intrecci, con un menù a base di prodotti del territorio e materie prime di qualità e il servizio curato, per l’appunto, dai 25 studenti di Intrecci 7.0 che termineranno il loro percorso nel 2024.  

Una mattinata particolarmente intensa, moderata da Ruggero Parrotto, Direttore della Fondazione Cotarella e terminata con i saluti finali di Riccardo, Dominga e Marta Cotarella.




Alla Castellana del 50esimo anniversario iscritti 250 piloti

La Castellana piace ancora e tanto. Il suo fascino si sta dimostrando insensibile all’usura del tempo, anzi. L’edizione di domenica prossima, numero 50, ha raccolto 250 iscrizioni. Molte, moltissime, di là da ogni più rosea previsione stante il trend al ribasso che aveva colpito parecchie gare da inizio stagione in avanti.
Adesso, c’è solo da fare le cose per bene. Cosa che non preoccupa gli organizzatori, oramai abituati a migliorarsi a ogni edizione.
I lavori per l’allestimento del percorso procedono alacremente. Nelle foto si vedono gli operatori al lavoro , come nei momenti di meritato relax. Più che meritato, visto che c’è da maneggiare materiale pesante nella lunga camminata che va dall’arrivo alla partenza, metodo, anche questo, ormai consolidato.
Fra gli addetti, fa piacere ricordare Morena Trifici, ideatrice dei simboli che fanno già bella mostra sulle strade che portano al tracciato e in alcuni negozi della popolosa Ciconìa.
Costantemente sotto controllo il meteo, dal pomeriggio di domenica in particolare. Ma, mancano ancora diversi giorni e tutto può cambiare. Sarebbe un vero tradimento se la lunghissima estate decidesse di tagliare il traguardo proprio domenica.
Approntato, anche, il sentiero pedonale, novità di quest’anno, per consentire agli spettatori di raggiungere le curve di San Giorgio in piena sicurezza e senza arrecare disturbi o limitare le condizioni di piena sicurezza alla gara.
Pure iniziate le operazioni per l’illuminamento scenografico di Piazza del Duomo, dove, venerdì 13, nel tardo pomeriggio, si terrà la presentazione dei finalisti TIVM. Un momento, cui i piloti tengono molto. Divisi in tre gruppi, Nord-Centro-Sud, riceveranno l’applauso dei supporter e un gadget a ricordo della manifestazione, omaggio dell’Associazione della Castellana. La banda musicale “Città di Orvieto” intratterrà gli astanti oltre a eseguire l’Inno di Mameli come si conviene in una finale nazionale. A intervenire ci saranno anche alcuni figuranti del Corteo Storico.
Per i due giorni di gara, merito o causa dell’alto numero di partecipanti, sarà obbligatoria un’alzataccia. La prima macchina è data in partenza per 08.30. Ma ne varrà veramente la pena.




Inizia la corsa dei candidati, ecco Stefano Spagnoli che strizza l’occhio ai delusi di Lega e Fratelli d’Italia

Ho sempre considerato un privilegio vivere ad Orvieto e da orvietano mi rivolgo a tutti coloro che, come me, amano questa città. Ogni giorno, ci dobbiamo scontrare con una serie di problemi irrisolti, alcuni dei quali addirittura mai presi in considerazione e quindi mai affrontati dall’attuale amministrazione comunale, ed è innegabile che nella comunità questa situazione abbia generato un malcontento, andato crescendo in questi ultimi anni.

D’altra parte non potrebbe essere diversamente, dal momento che l’attuale Sindaco si preoccupa unicamente di gestire l’ordinaria amministrazione che, peraltro, trova realizzazione solo grazie all’eccellente lavoro dei solerti impiegati dei vari uffici comunali.  In realtà, non esiste una maggioranza politica, l’attuale giunta dal suo insediamento sembra non aver mai governato.

Il Vice Sindaco, appartenente alla Lega, è stato “congedato” dal Sindaco Tardani, che ha scelto, al suo posto, altra persona di sua conoscenza.   Ed infatti, ha rifiutato come sostituto il capogruppo della Lega in consiglio comunale, che è stato il Consigliere eletto più votato dai cittadini, creando di fatto una frattura politica insanabile. Il Sindaco ha negato sin dall’inizio a Fratelli d’Italia l’ingresso in giunta, escludendolo così dall’amministrazione della città.  Le molteplici sensibilità e bisogni del territorio non sono interamente rappresentati, anche tenuto conto del fatto che numerose, importanti deleghe non sono state affidate a nessun componente della maggioranza, con la conseguenza che molte attività sul territorio risultano rallentate se non addirittura bloccate.  In questo quadro, di per sé già molto critico, si registra un’opposizione silente, quasi rassegnata ed assuefatta a questa situazione di stallo. Il tutto sembra essersi ridotto ad un “palleggiarsi” di responsabilità su chi ha fatto meno e peggio con l’unico obbiettivo di difendere se stessi anziché pensare agli interessi dei cittadini.

I problemi reali della comunità intanto sempre più sottovalutati ed inascoltati.

Tra i più rilevanti:

  • la drammatica situazione della sanità nel nostro territorio: liste di attesa infinite per analisi e accertamenti diagnostici; persone anziane che per accedere a detti servizi devono spostarsi dalla sede e affrontare dei veri e propri “viaggi”;
  • il pendolarismo, che risente pesantemente della mancanza di collegamenti ferroviari frequenti e veloci;
  • la tassa sui rifiuti ingiustificatamente elevata, tenendo conto che avendo la discarica “in casa”, l’importo da pagare dovrebbe essere ridotto, come già avviene in realtà similari;
  • l’aumento dei furti, soprattutto nelle abitazioni, e della microcriminalità.

In cinque anni di consiliatura molto poteva essere fatto, ma non è stato così. Ritengo che un’amministrazione comunale debba lavorare e tentare ogni strada per giungere ad ottenere importanti risultati su questioni di rilievo per i propri cittadini e per la città stessa, evitando inutili “scarica barile” e dispendio di energie solo per porre in risalto alcune attività svolte, certamente utili, ma marginali rispetto al sentire comune e alle reali necessità. Chi amministra deve lavorare a fianco delle persone, dando loro “voce”, con un ascolto programmato e sistematico.  C’è bisogno di risposte più vicine alle esigenze degli orvietani.

La nostra è una città da sempre aperta ai turisti, ma che, al contempo, non può essere per questo “sottratta” agli orvietani: è imprescindibile raggiungere un equilibrio tra le diverse esigenze, per una serena e concreta vivibilità da parte di tutti.  Ho ascoltato e parlato con moltissime persone ed ho avvertito un senso di delusione, incertezza, ma anche di rassegnazione e questo, per me, nel tempo, è stato di stimolo per decidere di mettermi, nuovamente, in altra veste, al servizio della città, per profondere il massimo impegno, come ho sempre fatto, ed ottenere i migliori risultati possibili.  Da tempo sto lavorando ad una mia lista e ad un programma in cui i cittadini e i loro interessi sono posti in primo piano.

Mi rivolgo, quindi, alle associazioni, ai civici, alle forze politiche, a tutte le persone di buona volontà, per invitarli a lavorare insieme a me per dare un volto nuovo alla città, per raggiungere insieme importanti risultati, impiegando competenza ed il massimo impegno.

Per questi motivi, alle prossime elezioni, che si terranno nella primavera del 2024, con orgoglio e conscio della responsabilità che questo comporta, mi candiderò a Sindaco di Orvieto.