Gli appelli alla guerra santa di Hamas

“Israele esiste e continuerà ad esistere finché l’Islam non lo distruggerà” questo è l’articolo 1 della carta fondativa di Hamas che ebbe una leggera revisione nel 2017 nella forma ma non di certo nella sostanza, che nell’articolo 7 prosegue “Il giorno del giudizio non arriverà finché ì musulmani combatteranno ed uccideranno gli ebrei” e con loro gli “infedeli” ovunque essi si trovino.
È questo il vero tema in discussione in questi giorni drammatici, la sopravvivenza dell’unica democrazia esistente in una ampia porzione di mondo che parte dall’Africa e si spinge fino all’Asia profonda, ai confini della Russia europea.
Chi, in queste ore, sta manifestando per la “causa palestinese” deve essere consapevole che Hamas è una organizzazione terroristica che governa nel terrore il proprio popolo, usato come scudo umano e carne da macello.
Hamas non ha alcun interesse perché si realizzi l’aspirazione del popolo palestinese a creare un proprio stato indipendente e libero, ma quello che cerca e persegue, con odio profondo e disprezzo per ogni codice etico e morale, è la morte degli infedeli, la creazione di un califfato come quella voluta da Isis ed Al Qaeda e con lo scopo di far saltare quello che sarebbe stato l’accordo di pace più importante, quello tra Israele ed Arabia Saudita, tra gli Accordi di Abramo.
Dialogo sabotato dai burattinai infidi di questa situazione esplosiva per il mondo, libero, Iran, Russia, Qatar e Cina, nazioni governate da tiranni dispotici, sistemi teocratici e fanatici che vogliono realizzare un nuovo ordine mondiale, contrario ai valori etici, culturali e morali dell’Occidente.
In tutto questo le prese di posizione nelle università sono forse l’aspetto più preoccupante ed il fenomeno difficilmente spiegabile con razionalità. Negli atenei italiani giovani ventenni organizzano cortei e manifestazioni dove si inneggia “all’intifada” e alla “liberazione della Palestina”, non capendo che non è assolutamente questo lo scopo della guerra di Hamas.
Ad essere tagliata fuori è proprio quella Autorità Nazionale Palestinese, che seppur corrotta e guidata da un leader anziano e debole politicamente come Abu Mazen, laureatosi in Giordania dopo aver studiato a Mosca con una tesi negazionista della Shoah, rappresenterebbe ancora, se ne avesse la forza, quella “Palestina libera” alla quale aspirano i manifestanti. Ma anche lui, Abu Mazen, per propri errori marchiani di valutazione è sotto scacco di una organizzazione terroristica, la Jhiad islamica che ha fatto di Jenin, nei territori amministrati dalla Autorità, una piccola Gaza integralista islamista.
Ed il quadro del terrore si chiude con le milizie di Hezbollah, l’organizzazione in assoluto di emanazione più diretta filoiraniana e teologicamente più vicina agli ayatollah di Tehran, posizionati a nord di Israele con le proprie enclavi in Libano e forse ancora più temibile di Hamas in questo network del terrore.
Grande ingenuità dei nostri giovani universitari, della nostra futura classe dirigente nello schierarsi con Hamas ed ancora di più quella degli atenei americani come Berkley o Harvard, l’università con un record di premi Nobel e presidenti USA, ben otto sfornati nella sua lunga e prestigiosa storia e che ha visto trenta associazioni studentesche firmare un documento farneticante di legittimazione del terrorismo di Hamas, senza spendere una parola per i bambini israeliani sgozzati, per le donne stuprate e rapite, per gli anziani e per le famiglie uccise a bruciapelo nell’attacco di sabato scorso.
Giovani che non provano nessuna forma di empatia, pietà e sconforto per i ragazzi e le ragazze del Rave del Nova Music Festival sterminati nel deserto, loro coetanei con la loro stessa voglia di ballare assieme e godersi momenti di vita e che scelgono di sposare invece la causa di una banda di fanatici assassini, integralisti lucidi nella loro follia nichilista.
E’ una miopia preoccupante, ed ancora più grave che arrivi da atenei cosi prestigiosi e dai quali proverranno i prossimi presidenti, senatori, congressisti degli Stati Uniti.
Facendo proprie le parole delle grande Golda Meir ”Preferiamo il vostro biasimo alle vostre condoglianze” questa sarà, purtroppo, la motivazione per la lotta della propria esistenza che spingerà Israele a difendersi con tutti i mezzi possibili e affinché quella porzione di terra che ora si chiama Gaza non diventi “Hamastan” come vorrebbero le forze dell’odio. Una lotta legittima alla quale non potrà sottrarsi per non soccombere e non vedere realizzato il sogno hitleriano di un mondo senza ebrei, come quello al quale aspira Hamas, emulo dell’esercito nazista.
Nubi nere all’orizzonte per l’intero Occidente e per il mondo libero.

ENGLISH VERSION

The calls for a holy war by Hamas

“Israel exists and will continue to exist until Islam destroys it.” This is Article 1 of Hamas’s founding charter, which underwent a minor revision in 2017 in form but not in substance. In Article 7, it goes on to state, “The Day of Judgment will not come until the Muslims fight the Jews and kill them,” along with the “infidels” wherever they may be.

This is the real issue under discussion during these dramatic days: the survival of the only democracy in a vast region extending from Africa to deep Asia, all the way to the borders of European Russia.

Those who are currently demonstrating for the “Palestinian cause” must be aware that Hamas is a terrorist organization that governs its people through terror, using them as human shields and cannon fodder. Hamas has no interest in fulfilling the Palestinian people’s aspiration for an independent and free state. Instead, it pursues, with deep hatred and disregard for any ethical and moral code, the death of infidels and the creation of a caliphate, much like the goals of ISIS and Al-Qaeda, with the aim of undermining one of the most significant peace agreements – the one between Israel and Saudi Arabia, part of the Abraham Accords.

The dialogue is sabotaged by the sinister puppeteers of this explosive global situation, including Iran, Russia, Qatar, and China, nations governed by despotic tyrants, theocratic systems, and fanatics who seek to create a new world order that contradicts the ethical, cultural, and moral values of the West.

In all of this, the positions taken by universities are perhaps the most concerning aspect, and this phenomenon is difficult to explain rationally. In Italian universities, young people in their twenties organize marches and rallies in which they hail the “intifada” and the “liberation of Palestine,” without realizing that this is by no means the purpose of Hamas’s war.

The National Palestinian Authority is the one being isolated, despite its corruption and the political weakness of its leader, Abu Mazen. If he had the strength, he would still represent the “free Palestine” that the protesters aspire to. However, even he, Abu Mazen, due to his serious misjudgments, is under the influence of a terrorist organization, the Islamic Jihad, which has turned Jenin, an area under the authority, into a small Islamic extremist stronghold.

The circle of terror is completed by Hezbollah militias, the organization that is most directly tied to Iran and ideologically closest to the ayatollahs of Tehran, positioned to the north of Israel with its enclaves in Lebanon and perhaps even more formidable than Hamas in this network of terror.

There is great naivety among our young university students, our future leaders, who side with Hamas. Even more concerning are the positions taken by American universities like Berkeley or Harvard, the latter known for its record of Nobel laureates and U.S. presidents, and where thirty student associations signed a document legitimizing Hamas terrorism without a word for the Israeli children who were slaughtered, the women raped and kidnapped, the elderly, and the families killed in the Saturday attack.

These young people show no empathy, pity, or distress for the boys and girls of the Nova Music Festival who were exterminated in the desert – their contemporaries, with the same desire to dance and enjoy moments of life. Instead, they choose to support a group of fanatical murderers, lucid extremists in their nihilistic madness.

It’s a worrisome shortsightedness, made even graver by its origin in such prestigious universities, from which the future U.S. presidents, senators, and congress members will emerge.

Adopting the words of the great Golda Meir, “We prefer your condemnation to your condolences.” This will unfortunately be the motivation for Israel’s fight for its existence, to defend itself with all possible means, so that the portion of land now called Gaza does not become “Hamastan” as the forces of hatred would desire. It is a legitimate struggle from which Israel cannot escape to avoid succumbing and seeing Hitler’s dream of a world without Jews, a dream shared by Hamas, come to fruition. Dark clouds are on the horizon for the entire Western world and the free world.




Verso le elezioni senza la città: ha senso vincere sulle rovine?

Il clima elettorale è quasi caldo come questo autunno che sembra estate. Si evince dai primi candidati spuntati come funghi, e dai lavori pubblici che con sospetta puntualità anche questa amministrazione si affretta a svolgere dopo quattro anni di nulla.

In questo piccolo mondo di Orvieto dove i cittadini (come nel resto d’Italia e d’Europa) hanno perduto la speranza di cambiare le cose grazie alla partecipazione e all’impegno pubblico, l’amministrazione Tardani ha dato una sferzata di ottimismo, fornendo a molti l’impressione che la città in fondo è viva. Se siamo qui a parlare, parafrasando Lucio Dalla, significa che siamo vivi, ma non è che godiamo di ottima salute (il riferimento a fatti reali è quasi voluto). Intendiamoci subito, io non sono fra quelli che ingenuamente si scagliano contro l’attuale sindaca perché di colore politico opposto al loro. Ormai non saprei nemmeno dire di che colore è la maggioranza, se non riconoscessi volti noti e meno noti che ogni tanto fanno professione di fede in consiglio comunale oppure dicono le stesse cose che dicevano trent’anni fa: le stagioni non sono più quelle di una volta, non sono razzista ma penso che siamo diversi, comunisti cattivi, gli aiuti solo agli orvietani con accento marcato rupestre, viva l’unità d’Italia ma voto ciccio che vuole l’autonomia differenziata. Non parlo dell’opposizione perché…ah, dimenticavo, non esiste.

Riconosco a Roberta Tardani di essere molto dinamica, di aver cambiato la comunicazione del Comune (più aperta e diretta, più social, certamente più mondana), e di aver puntato molto, praticamente tutto sull’immagine di Orvieto, veicolata attraverso campagne promozionali su tantissime piattaforme. A volte penso che abbia il dono dell’ubiquità. La Tardani ha avuto il coraggio di candidare Orvieto a città della cultura, anche senza avere un progetto suo. Ha sfidato la sua stessa maggioranza, o pezzi importanti di essa, sganciandosi dalle logiche di coalizione per diventare imprenditrice di sé stessa. E a qualcuno dentro l’attuale maggioranza questo piace poco. Non piace certamente alla Lega, e non piace a Fratelli d’Italia. E però la trasversalità del messaggio dell’attuale sindaca è proprio ciò che la tiene a galla, e che le fa sperare in un secondo mandato, magari con una lista tutta sua. In molti si chiedono da dove provenga il gradimento personale di cui indiscutibilmente gode la Tardani. Secondo il mio modesto parere ciò è dovuto al fatto che la sindaca ha saputo essere al contempo dura ed aggressiva con l’opposizione istituzionale (per la serie piove sul bagnato) quanto aperta e disponibile nelle occasioni di tutti i giorni. Ma attenzione, la sindaca ha degli alleati formidabili fuori dal palazzo comunale. In un sistema politico in cui ormai gli indirizzi più importanti sfuggono ai decisori locali, le filiere economiche che ancora tengono e quelle emergenti, il settore del volontariato, gli imprenditori con tanto di fondazioni alle spalle, svolgono un ruolo importante, innanzitutto perché hanno risorse materiali e offrono una potenziale base elettorale che segue non più le grandi idee, ma i progetti di breve e medio periodo. Nulla di male, ma può il Comune limitarsi a fare da sparring partner ai pochi attori economici della zona, e a fungere da sportello di ascolto di questo o quel settore o iniziativa culturale/artistica, senza uno straccio di indirizzo che riguardi il futuro?

Orvieto è cambiata moltissimo negli ultimi tre decenni, da quando io facevo il liceo e mi avviavo agli studi universitari. Il lavoro, l’artigianato, la socialità di un tempo, si sono trasformati ed in parte sono scomparsi, le famiglie si sono impoverite (come in molta parte d’Italia). Chi fa economia ad Orvieto? Per anni un’azienda che operava nel settore digitale è diventata il simbolo di questa trasformazione che sembrava dovesse spazzare via il vecchio modo di fare impresa ad Orvieto. Purtroppo, non ha fatto una bella fine. Nel frattempo, le botteghe artigiane storiche hanno chiuso i battenti, quelle in periferia si sono ridotte o sopravvivono, e per il Corso non possiamo fare altro che acquistare prodotti, spesso scadenti e molto costosi, che vengono da fuori e nulla hanno a che fare con l’identità di Orvieto. Già l’identità del territorio (persino richiamata dal nome di alcuni gruppi consigliari) è diventata un marchio da vendere sul mercato turistico. Nulla di male in questo, se non fosse che l’immagine che viene offerta è l’idealizzazione di un passato che non esiste più. Ripsetto a Roma però da noi si sta una pacchia! Oggi molti da fuori città scelgono Orvieto per venirci a vivere, anzi spesso soltanto per passarci le vacanze, mentre le giovani coppie faticano a trovare case a prezzi abbordabili per le loro tasche. Importanti istituzioni cittadine si sono indebolite. Vedi la Cassa di Risparmio, l’ospedale, lo stesso comune, che ormai non ha più peso in nessuna questione vitale per i cittadini: dalla salute, appunto, ai trasporti, alle frazioni abbandonate a sé stesse, al caro affitti, alla scuola ridotta a diplomificio senza aule, al destino della Caserma Piave, alle politiche ambientali. Su tutto ciò ci si è rassegnati a dire che non ci si può fare più di tanto, una versione più onesta di dire “stiamo facendo tutto il possibile ed a breve le cose cambieranno”. “Ma quanno?” si sente spesso ribattere nelle case. Il concetto in realtà è semplice. Puntare tutto sul turismo e far finta di niente sul resto non può essere una strategia sostenibile per una cittadina di diciannovemila abitanti. Già, dimenticavo di dire che anche il saldo della popolazione è in negativo (i residenti del comune erano 21mila più di dieci anni fa), e per fortuna che prima e dopo la pandemia c’è stato un afflusso di nuovi residenti “stranieri” a rimpolpare le fila degli Orvietani. Non è un caso che i primi kamikaze che si sono lanciati nell’agone politico in vista delle prossime amministrative hanno messo in rilievo proprio questo: questa amministrazione fa felici i commercianti e gli affittacamere ma il resto dei cittadini che vivono nel comune 365 giorni all’anno (inclusi tanti pendolari) stanno peggio di prima ed all’orizzonte non si vede lo straccio non dico di una soluzione ma di un’idea, di una discussione su come affrontare i problemi. La cosa che più mi amareggia vedere è che il dibattito cittadino è preso in ostaggio da chi dice che va tutto bene madama la marchesa, e chi lancia strali contro chi amministra la città senza però munirsi di un progetto alternativo. Stiamo sempre a parlare di fontanelle per l’acqua, strade dissestate, canili, cacche di animali, sampietrini messi male, ombrelloni e tavolini per il Corso (magari si risolvessero almeno questi problemi!), oppure di fantasmagorici Progetto Orvieto 2, 3, la vendetta. Quando qualcuno si azzarda a portare in consiglio comunale problemi più grandi come la sanità, il disagio economico, i trasporti, etc., viene zittito con frasi del tipo “e allora voi, che avete fatto voi prima di noi?” Se questa è la qualità della discussione che avverrà da qui alle prossime amministrative meglio consegnare le chiavi ad un Estate Realtor, un immobiliarista insomma, e mettere il cartello vendesi a Porta Romana, mettere su un bell’albergo a cinque stelle, costruire una spiaggetta nel ripiano aperto di Foro Boario, e distribuire un casco sensoriale per ogni bed and breakfast (regolare e abusivo), magari per far incontrare il turista di turno con l’ologramma di Manno di Corrado, esperienza autentica (chissà come appariva a suo tempo). Ecco, a me Orvieto sembra messa così, e pensare che ci si camperebbe bene, almeno mi dicono i turisti.

ENGLISH VERSION

Heading Toward Elections Without the City: Does Winning Amidst the Ruins Make Sense?

The electoral climate is almost as warm as this autumn that feels like summer. This is evident from the first candidates sprouting up like mushrooms and the public works that, with suspicious punctuality, this administration rushes to carry out after four years of nothing.

In this small world of Orvieto, where citizens (like in the rest of Italy and Europe) have lost hope of changing things through participation and public engagement, Mayor Tardani’s administration has injected a dose of optimism, giving many the impression that the city is alive after all. If we are here talking, paraphrasing Lucio Dalla, it means that we are alive, but it’s not like we’re in excellent health (the reference to real-life events is almost deliberate). Let’s get one thing straight; I’m not one of those who naively attack the current mayor because her political color is different from mine. I wouldn’t even know how to describe the majority’s color anymore, if not by recognizing familiar and less familiar faces who occasionally profess their faith in the city council or say the same things they said thirty years ago: the seasons aren’t what they used to be, I’m not racist, but I think we’re different, nasty communists, we only help Orvietans with a strong rustic accent, long live the unity of Italy but I vote for the guy who wants differentiated autonomy. I’m not talking about the opposition because… ah, I forgot, it doesn’t exist.

I acknowledge that Roberta Tardani is very dynamic, she has changed the city’s communication (more open and direct, more social, certainly more cosmopolitan), and she has focused almost entirely on Orvieto’s image, conveyed through promotional campaigns on numerous platforms. Sometimes I think she has the gift of ubiquity. Tardani had the courage to nominate Orvieto as a city of culture, even without having her own project. She challenged her own majority, or significant parts of it, by breaking free from coalition logic to become an entrepreneur herself. Some important figures within the current majority are not pleased with this. The League and Brothers of Italy certainly don’t like it. However, it is the universality of the current mayor’s message that keeps her afloat, giving her hope of a second term, perhaps with a list all of her own. Many wonder where the personal approval, which she undoubtedly enjoys, comes from. In my humble opinion, it’s because the mayor has managed to be tough and aggressive with the institutional opposition while being open and available in everyday situations. But beware, the mayor has formidable allies outside the town hall. In a political system where the most important directions are decided by central authorities, the established economic players and the emerging ones, the voluntary sector, and entrepreneurs with foundations backing them play an important role. They have material resources and offer a potential voter base that follows short and medium-term projects rather than grand ideas. There’s nothing wrong with this, but can the municipality limit itself to being the sparring partner of the few economic players in the area and act as a listening desk for this or that sector or cultural/artistic initiative without any direction for the future?

Orvieto has changed a lot in the past three decades since I was in high school and starting my university studies. Work, craftsmanship, and social life of the past have transformed and in part have disappeared. Families have become impoverished (as in many parts of Italy). Who drives the economy in Orvieto? For years, a company in the digital sector became the symbol of this transformation that seemed to sweep away the old way of doing business in Orvieto. Unfortunately, it didn’t end well. In the meantime, historic artisan workshops have closed down, those on the outskirts have reduced in number or survive, and for Corso Cavour, we can only buy products that often have nothing to do with Orvieto’s identity, which come from elsewhere and are often overpriced. Already, the identity of the territory (even referenced in the names of some council groups) has become a brand to sell in the tourist market. There’s nothing wrong with this, except that the image offered is an idealization of a past that no longer exists. Compared to Rome, however, we have it easy! Today, many people from outside the city choose to live in Orvieto, often just for holidays, while young couples struggle to find affordable housing. Important city institutions have weakened. For example, the Cassa di Risparmio, the hospital, and the city council itself no longer have any weight in any vital matters for citizens: from health, transportation, and abandoned suburbs to high rents, a school reduced to a diploma factory without classrooms, the fate of Caserma Piave, and environmental policies. On all of this, it has been accepted to say that not much more can be done; a more honest version of saying, “we’re doing everything we can, and soon things will change.” “But when?” is often heard in households. The concept is, in fact, simple. Focusing everything on tourism and pretending that nothing else matters cannot be a sustainable strategy for a small town of nineteen thousand inhabitants. Already, the population balance is in the negative (there were 21,000 residents in the municipality over ten years ago), and fortunately, before and after the pandemic, there has been an influx of new “foreign” residents to replenish the ranks of Orvietans. It is no coincidence that the first kamikazes who have entered the political arena in view of the upcoming elections have highlighted this: this administration makes traders and landlords happy, but the rest of the citizens who live in the municipality 365 days a year (including many commuters) are worse off than before, and there is no sign on the horizon, I won’t say of a solution but of an idea, a discussion on how to tackle the problems. What saddens me the most is that the city’s debate is held hostage by those who say that everything is fine, and those who launch accusations against those who run the city without providing an alternative project. We keep talking about water fountains, potholed roads, dog pounds, animal droppings, poorly laid cobblestones, and umbrellas and tables on Corso Cavour (if only these problems could be solved!), or about phantasmagorical Project Orvieto 2, 3, the revenge. When someone dares to bring up bigger issues in the city council like healthcare, economic distress, transportation, etc., they are silenced with phrases like, “so what did you do before us?” If this is the quality of the discussion that will take place between now and the next elections, it’s better to hand the keys to a real estate agent, an estate agent, in short, and put up a “for sale” sign at Porta Romana, build a five-star hotel, create a small beach in the open space of Foro Boario, and distribute a sensory helmet to each bed and breakfast (regular and irregular), maybe to make the occasional tourist meet with Manno di Corrado’s hologram, an authentic experience (I wonder how it appeared at the time). That’s how Orvieto seems to me, and it’s hard to believe, given that many tourists tell me that life here is good.




Trekking tra Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio con “il cammino dell’intrepido Larth”

Poco meno di sessanta chilometri, da percorrere a piedi o in bicicletta, alla scoperta dello straordinario triangolo naturalistico e culturale formato da Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio. E’ quello che propone il Cammino dell’intrepido Larth, il percorso escursionistico ad anello che è stato presentato oggi in occasione della sessantesima Fiera internazionale del turismo di Rimini. Il percorso prende il nome da Larth Cupures, detto “l’intrepido”, guerriero etrusco il cui cippo funerario è custodito nel museo Claudio Faina di Orvieto. Un omaggio all’identità storica di questo incredibile territorio a cavallo tra Umbria e Lazio, straordinariamente ricco di opere d’arte, patrimonio naturalistico e valore spirituale dal momento che la prima tappa, quella da Orvieto e Bolsena, ricalca il tracciato originario che, secondo la tradizione religiosa, venne compiuto per portare nella città del duomo il sacro lino del miracolo eucaristico di Bolsena nel 1263.

Il progetto del Cammino è nato come iniziativa privata da parte delle guide escursionistiche Luca Sbarra ed Emanuele Rossi e di Claudio Lattanzi, titolare della casa editrice Intermedia Edizioni. Già disponibile la guida ed il sito internet.

“Abbiamo avviato questa iniziativa-spiegano i promotori-mossi dal grande amore per la nostra terra, ma anche con l’ambizione di mettere a disposizione della comunità una nuova opportunità per promuovere finalmente in una logica collaborativa questi luoghi eccezionali che sono da decenni al centro di consistenti flussi turistici anche internazionali. Uno degli obiettivi che ci si propone è quello di offrire una nuova offerta turistica che possa contribuire anche ad incrementare i tempi di permanenza dei turisti. Il carattere privato del progetto-aggiungono-si limita esclusivamente al lavoro preliminare compiuto per farlo decollare in tempi rapidi dal momento che il cammino è ovviamente gratuito e può essere percorso da tutti liberamente. Un sincero ringraziamento-aggiungono- ci sentiamo di rivolgerlo ai tre sindaci di Orvieto Roberta Tardani, di Bagnoregio Luca Profili, di Bolsena Paolo Dottarelli con l’assessore Roberto Basili e il vice sindaco Andrea Di Sorte per l’entusiasmo e la collaborazione con la quale hanno accolto questa idea”. Una collaborazione, quella con gli enti locali, che adesso proseguirà sul fronte della promozione e della manutenzione.

Promotore dell’iniziativa è anche la guida turistica e storica dell’arte Cristina De Angelis la quale, su richiesta, fornirà un servizio di guida nella città di Orvieto. “Si tratta di una professionista che qualifica il progetto-spiegano gli ideatori dello stesso-a cui si aggiungeranno ben presto altre figure, compresi in prima battuta gli operatori economici delle tre zone nel settore della ricettività, della ristorazione e del commercio con i quali potranno anche essere stipulati accordi particolari”.

Partner dell’iniziativa è la fondazione Faina. La sede del museo costituirà infatti il punto di partenza e di arrivo del Cammino di Larth. Il museo è anche uno dei luoghi in cui viaggiatori potranno ottenere la credenziale e l’attestato del cammino.

“Il settore del turismo outdoor rappresenta una ulteriore opportunità per il nostro territorio che va promossa e valorizzata. Lo scorso anno abbiamo realizzato una mappa escursionistica “Il territorio degli etruschi” con cinque percorsi esperienziali nella natura da percorrere in bici, a piedi e a cavallo, ora questa nuova iniziativa per intercettare le tendenze dei cammini che stanno raccogliendo sempre più consensi-dice il sindaco di Orvieto Roberta Tardani-in questo senso è fondamentale l’apporto dei privati nella realizzazione di prodotti e servizi turistici che valorizzino le bellezze naturali del nostro territorio e contribuiscano all’obiettivo di aumentare la permanenza media dei turisti/visitatori.

 In bocca al lupo al Cammino dell’Intrepido Larth, una delle esperienze che potremmo sicuramente presto inserire nella app Orvieto Experience, che abbiamo presentato proprio ieri qui a Rimini, nella nuova sezione Outdoor che abbiamo già intenzione di attivare”.

“Accogliamo con grande interesse la nascita di un nuovo cammino che unisce Orvieto, Bolsena e Bagnoregio. ‘Il Cammino dell’Intrepido Larth’, questo il nome scelto dagli ideatori, a cui auguriamo le migliori fortune-è il commento del sindaco di Bagnoregio Luca Profili – abbiamo bisogno di iniziative come questa perché il turismo dei cammini è in crescita e rappresenta una forma di offerta del territorio che si sposa perfettamente con il discorso della sostenibilità. I camminatori sono turisti che rimangono sul territorio per diversi giorni e questo ci aiuta a spingere sul tasto della permanenza. Il Cammino di Larth, presentato anche al TTG di Rimini, è importante perché spinge al dialogo tre comuni che rappresentano il centro dello sviluppo turistico di una parte di Tuscia. Per quanto ci riguarda ci siamo messi subito a disposizione e continueremo a farlo” conclude Profili.

IL PERCORSO

Si cammina a quote basse (tra gli 200 e i 400 m s.l.m) a cavallo di Umbria e Lazio ripercorrendo antiche strade Romane e seguendo tratti della Via Francigena e della Via Romea Germanica.

Si percorrono sentieri che corrono in alcuni Siti natura di importanza comunitaria (Sic), come il lago di Bolsena, il parco di Turona e i calanchi di Civita di Bagnoregio.

Il Cammino dell’intrepido Larth, è percorribile in tutte le stagioni dell’anno ed è adatto anche ai principianti, infatti le tappe sono alla portata di chiunque abbia una minima preparazione fisica e abitudine al cammino.

La partecipazione è libera e ciascun camminatore organizza il cammino come meglio crede, comprese le ospitalità.

www.camminodilarth.it

https://www.intermediaedizioni.it/catalogo/1248-il-cammino-dellintrepido-larth.html

ENGLISH VERSION

Trekking between Orvieto, Bolsena, and Civita di Bagnoregio on “the Path of the Fearless Larth.”

Covering just under sixty kilometers, the “Cammino dell’Intrepido Larth” offers a walking or cycling route to explore the extraordinary natural and cultural triangle formed by Orvieto, Bolsena, and Civita di Bagnoregio. This hiking trail, known as the “Path of the Fearless Larth,” was introduced during the 60th International Tourism Fair in Rimini.

The trail is named after Larth Cupures, known as “the Fearless,” an Etruscan warrior whose funerary monument is housed in the Claudio Faina Museum in Orvieto. This name pays homage to the historical identity of the remarkable region that straddles the borders of Umbria and Lazio. The area is extraordinarily rich in art, natural heritage, and spiritual value. The first stage of the journey, from Orvieto to Bolsena, follows the original route that, according to religious tradition, was taken to transport the sacred linen from the Eucharistic miracle of Bolsena to the city’s cathedral in 1263.

The Cammino dell’Intrepido Larth project started as a private initiative led by hiking guides Luca Sbarra and Emanuele Rossi, along with Claudio Lattanzi, owner of Intermedia Edizioni publishing house. The guide and website are already available. The project was initiated out of a deep love for the region, with the ambition of providing a new opportunity to promote these exceptional places collaboratively. The aim is to offer a new form of tourism that can help extend the duration of tourists’ stays. The character of the project is purely private, limited to the preliminary work required to get it off the ground. The trail is free and open to everyone.

Partners in this initiative include the Faina Foundation, with the museum’s headquarters serving as the starting and finishing point of the Cammino di Larth. The museum will also be one of the locations where travelers can obtain the trail’s credentials and certificate.

The Cammino dell’Intrepido Larth welcomes collaboration with local authorities to further promote and maintain the trail. Cristina De Angelis, a tour guide and art historian, is also involved in the project. Soon, other professionals will join, including operators in accommodation, restaurants, and retail. Special agreements can be made with these businesses.

The Cammino dell’Intrepido Larth connects Orvieto, Bolsena, and Bagnoregio, traversing the landscapes at elevations between 200 and 400 meters above sea level, crossing the border between Umbria and Lazio. The route follows ancient Roman roads, sections of the Via Francigena, and the Via Romea Germanica. The trail passes through natural sites of community importance, including Lake Bolsena, the Turona Park, and the Calanchi di Civita di Bagnoregio.

The Cammino dell’Intrepido Larth is suitable for all seasons and is even beginner-friendly, with stages that can be tackled by anyone with a minimum level of physical fitness and walking experience. Participation is free, and each hiker can organize their journey as they see fit, including accommodations.

For more information, visit: www.camminodilarth.it https://www.intermediaedizioni.it/catalogo/1248-il-cammino-dellintrepido-larth.html