L’Utopia di Signorelli, dentro gli occhi dell’artista

 

Il significato dell’Apocalisse di Luca Signorelli, uno tra i capolavori più complessi ed enigmatici del Rinascimento, va ben oltre quello di ogni altro Giudizio Universale. Basta osservare le immagini con attenzione per notare che sono un segno straordinario della travagliata storia degli uomini in cammino verso la civiltà: “Signorelli lo insegna – ricorda l’artista orvietano Livio Orazio Valentini – e i suoi affreschi senza questo riferimento sono illeggibili a cominciare dall’Anticristo. Qui la composizione contiene già una denunzia atroce: su tutto aleggia un’indifferenza sociale assoluta, dei gruppi tra loro, e dei singoli occupati a far denaro, dei violenti prevaricatori sopra tutti i quali domina la fredda efficienza di squadra dei neri soldati occupatori di città. L’Anticristo, il Cristo-demonio è il simbolo centrale dell’equivoco fatto carne, dell’ambiguità cercata, una statua animata dallo spirito-demone: e se l’equivoco domina, ogni parola, ogni segno, sono equivoci. Ma ecco cosa sanno fare gli uomini per gli altri uomini, cioè per se stessi: trasformarsi in demoni, attraverso una graduale mutazione bestiale. È l’Inferno”.


Inferno, particolare

Nel mondo di demoni e dannati tutto è esasperato, soffocato, schiacciato, sconvolto da paure ancestrali, rabbie furibonde e spiriti furenti di ogni genere che non lasciano scampo a nessuno. In quella città si agita, come un mare in tempesta, un groviglio di corpi umani “sorvegliato da angeli che non permettono, con le loro spade e armature, di sfuggire dallo spazio compatto, assolutamente pieno, senza vuoti eppure continuamente rifornito di corpi precipitanti”. Nell’impressionante caos infernale si trova persino Signorelli. Neanche l’autore degli affreschi, ritrattosi nelle sembianze di un diavolo bluastro, ha voluto sfuggire al confronto con il Giudizio divino confessando pubblicamente l’irrefrenabile lussuria verso l’avvenente donna che tenta invano di sfuggirgli. Ma ai ‘guardiani’ che presidiano l’Inferno, Signorelli contrappone i ‘rianimatori’ della Resurrezione della carne, ovvero uomini che aiutano altri uomini a risorgere, a completarsi. Se l’Inferno è tremendamente affollato, la pianura ultraterrena è occupata, o meglio popolata da un’umanità in pace e in armonia. È il mondo della ‘relazione’, della non-separazione: “Al risveglio della tromba tutti si danno da fare, gli uni con gli altri. Anche i piccoli bambini-angeli si affacciano festosamente, circolanti in uno spazio che una volta riempito permetterà di ricominciare il dialogo, l’interesse reciproco, la convivenza tra uomini deboli e bisognosi e uomini forti, capaci, angelici”. 


Livio Orazio Valentini

La loro vita, divina come quelli degli angeli, è pervasa da un’esistenziale tensione e non verso Dio, come ci si aspetta da un Giudizio Universale, ma verso il prossimo, ovvero verso l’impegno morale e civile che si traduce “in utilità pubblica, in un segno d’amore e di crescita comune”. È l’immagine pittorica delle relazioni umane che regnano nell’aldilà come nell’aldiquà, creando sentimenti di solidarietà, di fratellanza, d’amicizia, d’uguaglianza e di pacifica convivenza al fine di costruire il paradiso in terra. Da una parte si trova dunque la città destinata a fallire, quella regolata dall’Anticristo, dove gravitano “personaggi doviziosamente vestiti“(è l’unico affresco senza nudi!) a sottolineare la loro differenza sociale e culturale che comunica scenograficamente un profondo senso di estraneità; dall’altra invece ci sono “uomini, muscolosi, fisici, in carne ed ossa” che si alzano “come torri, come edifici su una piazza, come le grandi facciate di chiese e palazzi scolpiti e dipinti” e che insieme “contemplano l’ordinamento paradisiaco”, perché è proprio da esso che traggono ispirazione. Sì, corpi come palazzi, non come quelli eretti dal potere, ma costruiti per far affermare e promuovere la dignità di ogni uomo.


Resurrezione della Carne, particolare

I risorti hanno lo sguardo fisso al cielo dorato in attesa di ricevere una visione mistica che dal mondo delle idee discende tra i viventi: sono proprio i criteri divini ad illuminare gli uomini su come edificare la società terrena, orientata verso un graduale progresso umano e spirituale. Qui tutti sono in relazione e nella loro diversità si aiutano, conversano insieme, si abbracciano fraternamente “in una meditazione sociale di tale forza da sovrastare le spettacolari esibizioni dell’Anticristo”. È lui che nel far sentire gli uomini padroni di qualcosa o di qualcuno li rende in realtà schiavi di un potere ingannatore. I loro corpi, fieri, solidi, possenti, rappresentano la mirabile architettura sociale della città utopica fatta a misura d’uomo, centro pulsante di ogni crescita morale, sociale e spirituale perché fondata su “rapporti ideali, significativi, reciprocamente vitali”, capaci di radunare i popoli in un’unica famiglia. Si perdono così i discorsi insignificanti e demagogici dell’Anticristo, parole vuote, sostituite da altre chiare e precise, e cioè di coloro che aspirano a realizzare la propria vita intesa come diritto alla felicità, all’amore e al compimento di sé.


Livio Orazio Valentini

Nell’apocalisse di Signorelli il mondo dunque è e non è una civiltà: non lo è se l’umanità si lega ad un destino di decadenza, lontano dai veri bisogni; lo è invece se ogni attività ha quell’attitudine e quell’abilità sapiente volta al bene comune, frutto di una collettività e non di un solo uomo o di pochi. Infatti quando l’uomo finisce di contemplare, di far nascere idee nuove e belle, allora vive solo per pianificare, sfruttare, corrompere, distruggere. In questo nuovo mondo tutti gli esseri umani sono chiamati a vivere come fratelli, accomunati da una cittadinanza universale culminante nell’esplosiva visione finale della Gerusalemme celeste. È la città dei profeti, apostoli, martiri e dottori di sapienza, non appartenente al passato ma eterna, è la città perfetta dell’Uomo e di Dio che finalmente abitano insieme, facendo risplendere in tutto l’universo ciò che è buono, utile e glorioso.
E per quanto gli esseri umani possano “litigare, odiarsi, contrastarsi, il loro abitare e vivere insieme non può che essere un segno d’amore e di scelta reciproca, di crescita comune e di stimolo alla creazione unanime”. Da qui nasce il faticoso cammino del mondo per costruirsi in umanità, dove ogni individuo ritrova in se stesso quel senso di reciproca appartenenza che non conosce né frammentazione, né divisione. Signorelli non fa che illuminare ciò che è già in pieno sole, ma che non è facile comprendere se non si hanno gli stessi occhi dell’artista: è lui che ha creato l’opera d’arte, e nel crearla l’ha fatta anche vedere.


Livio Orazio Valentini