Risposta a “Parte Civile”, la Casa di Comunità poteva essere realtà da tempo ma nessuno chiede il conto

Caro segretario regionale di “Parte Civile”, Danilo Bellavita,

Come OrvietoLife siamo partiti, come sempre, dai numeri, dai soldi già spesi, per qualcosa che non c’è. Certamente sfruttare un immobile di grandissimo pregio su piazza Duomo per sostanzialmente ambulatori, uffici e degenza non è quello che ci si potrebbe immaginare in una città che si auto-definisce turistica pur non essendola pienamente. Vi chiedete perché non riportare servizi sanitari lì. Semplice la risposta; fu deciso lo spostamento in un’area più consona proprio perché vicino al Duomo non poteva coesistere un servizio ad alto impatto di traffico e con la necessità di un minimo di privacy. Gran parte degli abitanti che usufruiscono dei servizi abitano sotto la “Rupe” è quindi un falso problema quello di chi ha difficoltà di mobilità. Ma il vero vulnus riguarda proprio la costruzione di una Casa della Salute ora trasformata in Casa di Comunità. Nel 2008 la USL acquistò una porzione di immobile della Caserma Piave dal Comune vincolandolo alla costruzione della Casa della Salute. Vennero impegnati denari pubblici, di tutti, della comunità anche orvietana. Da allora nulla. Si poteva già avere un servizio avanzato in un punto facilmente raggiungibile senza obbligare a progetti complicati, che costano, per creare una viabilità facile, e non tra vicoli e vicoletti, senza stravolgere la viabilità in zone molto sensibili dove sarebbe auspicabile, invece, che le auto non arrivassero assolutamente. Quello che ci indigna è che tale servizio, anche per resistenze locali poco comprensibili, non sono ancora oggi realtà e potevano esserlo.

Sul degrado, siamo in pieno accordo. Ma vogliamo ragionare sul perché non è andata a buon fine la vendita di un immobile di così alto pregio neanche a un prezzo vantaggioso? I costi di ristrutturazione edilizia sarebbero stati superiori al prezzo di vendita. E oggi? Arrivano i soldi? Bene, abbiamo analizzato e temiamo che non bastino perché sono da dividere con altre realtà che hanno gli stessi diritti di avere servizi simili ai nostri. La struttura interna è già funzionale? Assolutamente, era pensata con un’idea antica di cronicario più che di ospedale. Le camerate, gli spazi dispersivi; è tutto da rifare. Per non parlare degli impianti tecnici e tecnologici, assenti e fuori norma, oggi. Quanto costerà la ristrutturazione edile e tecnologica di un immobile di pregio e nell’area più importante di Orvieto?

Il giro economico? Certo, ma si tratterebbe di afflusso rapido, il tempo necessario per la prestazione e poi via verso il lavoro o casa per fare spazio ad altri utenti. O pensiamo di utilizzare surrettiziamente un parcheggio verisimilmente gratuito a due passi dal Duomo per lo shopping o la passeggiata quotidiana in centro?

Insomma, non siamo contro, anzi, siamo indignati perché potevamo avere tutto già più di dieci anni fa e nessuno ha chiesto il conto a chi non ha agito, a chi non ha lavorato, a chi non ha protestato. E poi con il Pnrr si poteva presentare un progetto alternativo sempre in collaborazione con la USL per sfruttare meglio e a vantaggio di tutta la comunità, davvero tutta, per rilanciare l’economia e supportare le attività del centro storico. Rilanciamo la nostra domanda, perché non ci si indigna per l’occasione persa in passato e non ci s’indaga sull’acquisto dell’immobile alla Piave? E ora che fine farà quell’area già degradata? Chi pagherà? Non contro, dunque, ma per gli orvietani che ancora attendono e ancora attenderanno mentre la sanità pubblica è in ritirata e quella privata silenziosamente avanza creando, qui sì, cittadini di “Serie A” e altri, troppi, di “Serie B” e addirittura di “Serie C”.




Parte Civile, “perché impedire alla USL di realizzare la Casa della Salute al Duomo con la scusa del traffico?”

Orvieto è una città alta e strana, o sono strani alcuni dei suoi abitanti? Presto, grazie ai fondi europei, arriveranno i finanziamenti per realizzare importanti opere, necessarie a riorganizzare secondo moderni concetti i servizi sanitari e sociali: portare i servizi sanitari di base tra i cittadini e gli utenti, sul luogo di residenza, in città, negli edifici dell’’ex ospedale.  In ragione del costante accrescersi dell’età media della popolazione, delle difficoltà di mobilità da un lato e la crescente esigenza di aiuto alla propria salute questa prossimità diventa ancora più preziosa!

Puntualmente, però, a fronte di questa attenzione della amministrazione pubblica per l’interesse generale, con questa realizzazione, da parte di alcuni, si trova opportuno si riaprono vecchie polemiche e particolarismi, che pretendono di riaprire il dibattito su decisioni prese, noi diremmo finalmente! dopo anni di immobilismo e domanda di servizi sanitari di prossimità non sempre soddisfatta adeguatamente.

La motivazione sarebbe il grande afflusso di persone che dovendo utilizzare i servizi, riportati o realizzati nel complesso ex ospedale, andrebbero a generare caos alla viabilità e o addirittura al sistema dei parcheggi.     Per carità lungi da noi, censurare ogni pensiero o preoccupazione, che evidenzia semmai, un interesse e attaccamento alla città, ma la domanda sorge spontanea: ogni volta che si avviano interventi di riqualificazione del tessuto urbano per migliorare la qualità della vita della comunità, contro lo stato di abbandono e di degrado di zone importanti, come piazza Duomo, si deve necessariamente creare ad arte polemica o contrasto? Noi crediamo che se, come si ipotizza, certi servizi porteranno maggior afflusso nel centro storico, sicuramente questo fenomeno contribuirà a ripristinare e riqualificare un ruolo di città viva e prospera per il centro storico di Orvieto. Insomma, per non essere lunghi e noiosi, domandiamo: forse è meglio mantenere lo stato di abbandono di questa importante parte di città, in attesa del realizzarsi di un qualcosa di là da venire e non a beneficio diretto della intera comunità?

E poi, perché impedire al legittimo proprietario che è la ASL di realizzare la casa della Salute e l’ospedale di comunità, in una struttura disponibile, dove per altro, venti anni fa c’era un Ospedale; quindi, con una totale affinità tipologica edilizia alla nuova prevista funzione, che di per se portava già allora, un notevole afflusso di persone e mezzi? Noi non staremo troppo in ansia, consapevoli che gli attuali otto accessi al complesso di cui la metà carrabili e fruibili da diverse zone, dove sarebbe possibile anche aggiungere adeguate aree di parcheggio, suggeriranno soluzioni senza implicare disagi a “qualcuno”, ma i progettisti questo lo sanno e sapranno come fare nell’interesse della comunità orvietana tutta.

 Il segretario regionale – Danilo Bellavita