Dopo due anni torna a Orvieto Fiof con l’evento “Storiae” al Palazzo del Popolo il 2 e 3 aprile

Dopo due anni di silenzio dovuto alla pandemia, il 2 e 3 aprile 2022 al Palazzo del Popolo di Orvieto, torna il Festival “Orvieto Fotografia”evento FIOF patrocinato dal Comune di Orvieto che coinvolge fotografi professionisti da tutto il mondo ma anche giovani studenti e appassionati nel settore video, fotografia e comunicazione. Il claim della nuova edizione 2022 è “STORIAE”, ovvero la fotografia si fa “STORIA” e racconta la storia del Fiof e di chi in questi due anni “difficili” ha osservato attentamente, aspettato pazientemente, per poi ripartire con la stessa irrefrenabile voglia di narrare la storia della fotografia e dei suoi interpreti. Perché “in ogni espressione fotografica c’è una STORIA da raccontare” dicono i responsabili del FIOF, pronto per ripartire proprio ad Orvieto, dove l’associazione è nata, con una nuova sfida e grazie ad un gruppo di professionisti, che hanno creduto con passione in questa professione, e all’impegno di chi negli anni ha contribuito alla sua crescita, con tenacia.

“Tornare a Orvieto – affermano – sarà come aprire un libro e leggere pagine di una storia che dagli anni ’80-’90, grazie al contributo di eccellenze del panorama della fotografia italiana, arriva ai nostri giorni. Nel corso degli anni la STORIA si è manifestata attraverso la fotografia e la fotografia è diventato un mezzo immediato per raccontarla, attraverso tutte le sue declinazioni: la fotografia documentaria che narra i fatti; il ritratto che ferma gli anni, segna l’identità, espone la storia di ognuno di noi; la fotografia paesaggistica che identifica la storia dei luoghi; il reportage che descrive momenti storici e culture; la fotografia di moda che rivela la storia del costumi; la street-photography che riporta storie di strada. A Orvieto, il FIOF è quindi pronto per scrivere una nuova storia, ma anche a mostrare che la fotografia non ha tempo, né schemi o etichette”.Orvieto Fotografia è anche sezione espositiva con le Mostre fotografiche allestite a: Palazzo del Popolo – Sala Expo dal 2 al 9 aprile e Palazzo Coelli dal 2 al 10 aprile.

Programma degli appuntamenti:

Sabato 2 aprile – dalle ore 09:30 alle 12:30 – Masterclass con Francesco Cito (fotografo di guerra) & Letizia Battaglia (fotografa di mafia). Due eccellenze del panorama internazionale della fotografia, icone del fotogiornalismo, che affrontano due tematiche molto di grande attualità in questo periodo storico. Per la prima volta insieme ad Orvieto per narrare le loro STORIAE. Un evento unico, nel panorama della Storia della Fotografia. Francesco Cito testimone dei grandi conflitti, narrerà ciò che i media non raccontano delle guerre ( www.francescocito.it ), mentre Letizia Battaglia, renderà un omaggio ai giudici Falcone e Borsellino, in occasione del trentesimo anniversario della loro scomparsa. Modera la Masterclass il Prof. Giancarlo Torresani docente e fotografo.- dalle ore 15:00 alle 16:00– Palazzo Coelli – Vernissage “STORIAE”Cerimonia di apertura delle mostre. Visita con i relatori/autori delle esposizioni. Saranno presenti: Francesco Cito – Livio Senigalliesi – Vito Fusco – Ilaria Facci- dalle ore 16:30 alle 17:30 – Duomo di Orvieto Visita guidata con lo storico dell’arte Antonio VETTONE- dalle ore 18:00 alle 20:00 – Palazzo del Popolo / SALA dei ‘400  Gran galà delle premiazioni – Saluto del Presidente e delle Istituzioni. Saranno premiati:1. Professionisti fotografi e videografi che hanno conseguito le qualifiche professionali QIP – QIV – MQIP – MQIV2. Consegna degli attestati “Ambasciatori della Fotografia in China” all’Internationa Art Photography Festival di Lishui 20213. Consegna degli attestati ai finalisti italiani FOKUS AWARDS 2021 a cura di Arben Allaj e Albes Fusha4. Premiazione dei vincitori FIIPA FIOF Italy International Photography Awards 2022Proclamazione del vincitore assoluto FIIPA 2022 consegna del premio Olympus OM-D E-M1X a cura di Luca Servadei Direttore Vendite. Domenica 3 aprile  Lecture con LIVIO SENIGALLIESI – “Fotografare la Guerra” presentazione libroLecture con VITO FUSCO “Killing Daisy” Lecture con ILARIA FACCI“la fotografia contemporanea”




Investimenti per oltre 420 mila euro in due anni per le strade dell’Abbadia e di Torre San Severo

La strada che collega alla frazione di Torre San Severo e la strada provinciale 111 dell’Abbadia, entrambe ricadenti nei territori dei Comuni di Orvieto e Porano, saranno interessate da importanti interventi di manutenzione del manto stradale. I lavori sono inseriti nel Piano sulla viabilità dell’Area Interna “Sud Ovest Orvietano” che ha ripartito i fondi ministeriali destinati al miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza delle strade delle Aree interne. La programmazione per gli anni 2021-2026, approvata dall’Assemblea dei Sindaci, prevede complessivamente oltre 6,3 milioni di Euro di interventi sulle strade dei 20 Comuni dell’Area che saranno realizzati dalla Provincia di Terni, ente attuatore del piano come individuato dalla legge. Secondo il crono programma stilato, nel corso del 2022 saranno effettuati lavori sulla ex strada provinciale 100, ora di proprietà comunale, che conduce alla frazione di Torre San Severo nel Comune di Orvieto. L’investimento complessivo sarà di 275mila euro. Ammonta invece a 150mila euro l’intervento sulla strada provinciale 111 dell’Abbadia, che collega Orvieto a Porano, calendarizzato per il 2023. “Le risorse stanziate – commentano congiuntamente i Sindaci di Orvieto, Roberta Tardani, e Porano, Marco Conticelli – consentono di intervenire su strade che da tempo attendono un efficace lavoro di manutenzione e miglioreranno i collegamenti tra i due Comuni. Particolarmente importante è il lavoro previsto sulla strada dell’Abbadia non solo per i flussi quotidiani di traffico tra Porano e lo scalo ferroviario di Orvieto ma anche perché sono previsti degli interventi di contenimento del rischio idrogeologico. Ringraziamo la presidente della Provincia di Terni, Laura Pernazza, e in particolar modo i tecnici di Palazzo Bazzani che in questi mesi hanno coordinato e costruito il piano che da un lato ha individuato le priorità manifestate dalle Amministrazioni coinvolte ma ha anche permesso, sin dalle prime annualità, di partire in modo omogeneo su tutto il territorio dell’Area interna”.    




PD, “il progetto della ex-scuola di Orvieto Scalo è un rischio senza confronto con la comunità”

Si è tenuta venerdì scorso l’iniziativa pubblica promossa dal Partito Democratico di Orvieto, vòlta ad approfondire i profili del progetto di rifunzionalizzazione dell’ex scuola media di Orvieto scalo, per il quale il Comune ha ottenuto il cospicuo finanziamento di oltre 4,8 milioni di euro.  Con la considerevole somma, finanziata dai fondi confluiti all’interno del Pnrr, si andrà a demolire l’attuale fabbricato di via Monte Nibbio e si andrà a realizzare un nuovo edificio su due livelli, per un totale di oltre 1.200 mq. che ospiterà il Ce.Pol. (Centro Polivalente per le Politiche Sociali e della Famiglia), oltre alla sistemazione del verde pubblico limitrofo.

Numerose le preoccupazioni e le perplessità emerse circa le sorti degli spazi che nell’edificio ospitano oggi il Centro Anziani con sala multifunzionale e degli spazi concessi ad associazioni del territorio attive nel volontariato.   Nella relazione introduttiva al progetto si legge che “nell’area è presente un fabbricato pubblico dismesso oltre che i giardini pubblici. Limitrofa l’area sono presenti edifici residenziali, commerciale e per uffici, liberi o scarsamente utilizzati. È presente, inoltre, un parcheggio pubblico”.

Ma nell’area c’è molto di più.  C’è una realtà dall’alto valore sociale.  C’è la casa attorno alla quale cresciuta e si è naturalmente sviluppata una comunità attiva e vivace.  C’è un centro di aggregazione intergenerazionale di famiglie, di giovani e meno giovani che negli anni hanno costruito non solo realtà associative, ma un coeso tessuto sociale.  C’è uno spazio che, nell’ospitare attività ed iniziative, ha svolto un prezioso ruolo di presidio del luogo e di mitigazione dei fenomeni di degrado sociale. 

Un progetto che non tenga conto di questa realtà rischia di rivelarsi distante dagli intenti dichiarati con un intervento che, se assolve il compito del miglioramento del decoro urbano, rischia di mancare l’obiettivo della riduzione della marginalizzazione e del miglioramento del contesto sociale.  L’iniziativa ha rappresentato un valido momento di confronto con i principali fruitori degli spazi di quell’area, famiglie, giovani, anziani, un confronto cui l’Amministrazione si è sottratta nella fase di redazione del progetto, oggi finalizzato e finanziato.   Un confronto da cui non si può invece prescindere se non correndo il rischio di vanificare gli sforzi e partorire un progetto distante dalle reali esigenze della comunità locale, di cui disattende le istanze, senza rappresentare un’efficace risposta all’obiettivo di riqualificazione dell’area.  Una nuova palazzina destinata ad ospitare gli uffici oggi collocati nei locali all’ex caserma Piave, anche se realizzata con moderni elementi di bioarchitettura, non può assolvere di per sé al compito dipromuovere la generazione di un tessuto sociale, come non può e non deve prescindere dalle componenti attive che tale tessuto costituiscono.  Benché importante e necessaria sia l’individuazione di una nuova collocazione per gli uffici destinati al settore delle politiche sociali, in grado di offrire spazi adeguati alle attività prettamente concernenti i servizi erogati, questi non possono essere sottratti alla comunità che si dice di voler servire.  La riqualifica dell’immobile dell’ex scuola media, così come progettato, rischia di privare la comunità di orvieto scalo dell’unico centro di aggregazione esistente nel quartiere, e del suo ruolo attivo per l’intera collettività.

Queste le considerazioni che il Partito Democratico ha tradotto di una mozione che, facendosi portavoce delle istanze raccolte, auspica si avvii quel percorso di concertazione con cittadini e associazioni che fin qui è mancato e si proceda all’individuazione di aree idonee a soddisfarne le esigenze: spazi dedicati al centro aggregativo per anziani, uno spazio multifunzionale nella disponibilità della comunità, servizi pubblici con funzione spogliatoi per l’utilizzo del campo da calcetto e dello spazio verde.




Fillea-CGIL, su Basalto La Spicca urge invertire rotta e semmai ragionare su come proseguire.

La nostra inchiesta sul rischio chiusura della Basalto La Spicca prosegue. Mentre scriviamo è in corso l’incontro tra il presidente del Consiglio Comunale di Orvieto e le maestranze dell’impresa. Come era facile immaginare l’angoscia dei dipendenti ha preso il sopravvento intervenendo a gamba tesa nel dibattito politico orvietano che probabilmente ha sottovalutato la dimensione socio-economica della vicenda. In attesa di poter avere un confronto con la proprietà e dopo aver valutato il tenore economico dell’impresa grazie all’aiuto dell’analisi tecnica del commercialista Matteo Tonelli amministratore delegato di Cittadinanza Territorio Sviluppo, abbiamo intervistato Claudio Aureli, segretario regionale della Fillea-CGIL che dal 2015 segue la rappresentanza sindacale all’interno dell’impresa estrattiva orvietana.

Aureli le sembra plausibile parlare di chiusura della Basalto la Spicca?

I lavoratori sono seriamente preoccupati e ogni giorno lo spettro della chiusura diventa sempre più concreto. Non posso credere che si sia arrivati sin qui senza valutarne le conseguenze. 

Come è possibile che da parte della Politica si sia sottovalutato a tal punto la vicenda da dover mettere a rischio dei posti di lavoro?

Mi lasci dire che il ridursi all’ultimo è un vezzo tutto italiano e con ciò non voglio certo giustificare chi evidentemente non ha tenuto in debito conto il rischio occupazionale che discende da questo caso specifico. E’ triste ammetterlo ma la questione Basalto La Spicca è stata vissuta da molti con approssimazione e superficialità. Oggi l’incapacità di ricomporre le posizioni, come dovrebbe fare la politica con la “P” maiuscola, ha portato tutti fuori tempo massimo e il prossimo giugno tutto potrebbe capitolare verso la chiusura. E poi mi lasci aggiungere che nel caso della Basalto La Spicca tutto ciò appare ancora più paradossale.

Cosa intende per paradossale?

Non c’è mai limite al miglioramento. Come sindacato si cerca di ottenere sempre qualcosa di più, di migliorare il migliorabile, di ricercare un ascolto collaborativo e aggiornare continuamente le rivendicazioni dei lavoratori, ma nel caso di questa impresa stiamo parlando di una eccellenza, che all’interno del panorama del comparto dell’Edilizia mantiene con i lavoratori e i suoi rappresentanti un costante e costruttivo rapporto di confronto. In questa azienda si paga un premio di produzione tra i più alti nella Regione, gli aumenti salariali sono stati costanti e collegati ad un indice sulla sicurezza e la salute sul lavoro che mette in primo piano la salvaguardia dei dipendenti. Ogni anno più del 50% degli utili vengono reinvestiti in mezzi, impianti e formazione. Raramente mi è capitato ascoltare la proprietà di un’impresa intervenire in una riunione sindacale addirittura sensibilizzando i rappresentanti interni dei lavoratori e pregandoli di indossare e far indossare i dispositivi di sicurezza e in particolare gli elmetti.

Sta dicendo che in questa azienda si è realizzato qualcosa di difficilmente ottenibile altrove?

Ribadisco che tutto è perfettibile ma nel caso specifico abbiamo raggiunto livelli altissimi e la collaborazione fattiva tra maestranze e proprietà ha dato risultati tangibili. Ho cominciato a seguire quest’impresa un anno dopo l’insediamento della nuova proprietà e la prima cosa che ho fatto è capire, da chi mi aveva preceduto, come erano stai rapporti sindacali. Nella precedente gestione per i lavoratori non è stato tutto rose e fiori. Sono stati lavoratori i protagonisti di questa nuova rinascita, proprio loro si sono battuti per difendere con le unghie e con enormi sacrifici il loro posto di lavoro e la possibilità di sostenere le loro famiglie. Chi oggi pone la questione o intende affrontarla a senso unico in termini di chiusura non si rende evidentemente conto di cosa sta andando ad intaccare. Questa impresa è il fiore all’occhiello di un indotto centrale per l’economia orvietana e non solo. Oggi l’edilizia sta riprendendo vigore grazie soprattutto alle politiche di incentivazione che il Governo ha messo in campo ma è bene precisare che dopo questa stagione, saranno proprio le imprese come Basalto La Spicca a consolidare i risultati di fiammate incentivate che non potranno durare in eterno. I posti di lavoro che questa impresa crea al suo interno e nell’indotto sono posti di lavoro “pesanti” perché qualificati, stabilizzati e che non sono certo soggetti a violenti turnover. Sono posti di qualità che garantiscono certezze e stabilità ai lavoratori e al territorio. Le ripeto, se oggi l’edilizia dopo tanto tempo è tornata a vivere una stagione di sviluppo positiva, tutto ciò non vale per altri settori dove come sindacato stiamo, semmai, registrando un progressivo spopolamento lavorativo a favore dei centri urbani come Viterbo, Roma e via discorrendo. Con i lavoratori poi piano piano vanno via anche le famiglie e il territorio si impoverisce nel suo complesso. Chi non capisce che è in gioco il futuro del territorio non ha compreso che questo non si deve far chiudere le imprese come questa, semmai bisogna capire come incentivarne le attività per garantire nuovi posti di lavoro e invertire l’impoverimento generale delle comunità che su questo territorio vivono.

I comitati ambientalisti non sono di questo avviso e sembrano voler sostenere che la salvaguardia ambientale sia una priorità da preservare anche a costo di far perdere il lavoro a qualche dipendente.

Come sindacato ci battiamo da sempre per far comprendere come sviluppo economico e lavoro non siano necessariamente in contrasto con la tutela e la salvaguardia ambientale e della salute. Con Basalto La Spicca siamo difronte ad una impresa che nei fatti sta dimostrando di rispettare tutti i vincoli di legge previsti dalle normative regionali e nazionali. E’ un’impresa che ha sempre superato i controlli fatti dalle varie autorità di controllo, un’impresa che ha semmai cavalcato in modo proattivo i temi della sicurezza e della salute. Inoltre si sta sottovalutando anche il livello di professionalità delle maestranze. Basalto la Spicca insieme ad un’altra sola cava in Umbria, a Castel Viscardo, rientra tra una rigorosissima selezione di siti fornitori di RFI per le infrastrutture ferroviarie. Il Basalto di queste due cave è di prima qualità, l’unico idoneo per l’Alta velocità ferroviaria. In anni di lavoro e investimenti questa impresa ha selezionato professionalità altissime. Non si trovano certo dietro l’angolo imprese che possono non solo stabilizzare gli addetti impiegati, ma farlo con livelli retributivi adeguati ai contratti collettivi nazionali e con premi di produzione veramente importanti. 

Oggi il Presidente del Consiglio Comunale di Orvieto incontrerà i dipendenti. Cosa si aspetta che accada?

E’ un primo passo per recuperare il tempo fin qui trascorso senza approfondire la valenza e la portata di questa impresa estrattiva all’interno del territorio orvietano e regionale. Le posso anticipare che il 29 marzo il sindaco di Orvieto ci riceverà in comune, un altro segnale importante di ascolto per i lavoratori. Vede spesso si fa un gran parlare di Turismo dimenticandosi di come la premessa essenziale per assistere l’industria turistica sia quello di provvedere alle infrastrutture portanti come l’Alta Velocità e le strade. Alla base di questo sistema infrastrutturale c’è il Basalto di prima qualità che l’Umbria ha proprio nel territorio orvietano. Un’opportunità che non dobbiamo sprecare. Mi auguro che su questa vicenda si rinsavisca e si torni a parlare semmai di come far proseguire le attività alla Basalto La Spicca.




Umberto Garbini accetta di incontrare i dipendenti della Basalto La Spicca S.p.A.

Abbiamo raggiunto telefonicamente il Presidente del Consiglio Comunale, Umberto Garbini (Fdi), per avere conferma di quanto scritto nella nota stampa di ieri dei dipendenti della Basalto La Spicca dove i lavoratori chiedevano un incontro con le istituzioni cittadine. Garbini ci ha confermato di aver dato la sua immediata disponibilità ad incontrare le maestranze nel più breve tempo possibile a partire da lunedì prossimo. Come era facile attendersi la questione socio economica legata al rischio chiusura della cava di basalto è entrata a gamba tesa nell’agenda politica e di certo urgono risposte concrete ma soprattutto chiare.




“E noi? Ci siamo e adesso non intendiamo subire una comunicazione a senso unico che distorce la realtà dei fatti e gioca con il nostro futuro”

Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota stampa dei dipendenti della Basalto La Spicca con cui  rispondono dettagliatamente al Comitato “Amici del Botto”. 

Da anni l’impresa dove quotidianamente lavoriamo è oggetto di attacchi denunce e rimostranze. Oggi vediamo una comunicazione a senso unico che sta distorcendo la realtà dei fatti. Fino a pochi giorni fa nessuno si è mai peritato di verificare chi e come lavora in questa impresa. Siamo seriamente preoccupati per il nostro futuro e per le nostre famiglie, abbiamo superato momenti difficili con il nostro impegno e ricercando sempre la massima collaborazione con la proprietà. Questa ha con noi prodotto risultati tangibili e apprezzabili sotto il profilo economico, del rispetto delle tante leggi vigenti, nell’interesse del territorio e soprattutto nella volontà di proseguire quanto sin qui fatto.

Rivendichiamo con forza la dignità di chi ha fattivamente contribuito alla crescita di questa impresa estrattiva, che altri vogliono invece rappresentare come uno scempio, una violenza al territorio e una vergogna intollerabile, a tal punto da volerne la totale chiusura. Una follia! Una mancanza di rispetto per tutti noi lavoratori che nell’azienda crediamo e viviamo, allo stesso modo dei tanti lavoratori delle aziende che con noi collaborano quotidianamente. Per tutto questo ci appelliamo ai cittadini orvietani e del territorio e alle istituzioni che hanno la responsabilità di garantirne la tutela sì, ma anche lo sviluppo. Per questo una nostra rappresentanza chiederà di incontrare i sindaci del territorio e il presidente del Consiglio Comunale di Orvieto. Non ci fermeremo e chiederemo ad oltranza anche in Regione di essere ascoltati ma soprattutto di avere rassicurazioni concrete sul nostro futuro.

I punti sollevati dal Comitato “Amici del Botto” e le nostre risposte

Discutibili i lavori di ripristino
Come esempio di come l’Azienda ha inteso portare avanti le attività estrattive e contemporaneamente programmarne ed eseguire il recupero si possono valutare dalle foto alcune porzioni di vecchia cava: il bosco di “Sassi del Diavolo”, i vigneti dello “Spuntone”, il percorso di caccia del “Botto”. Più di tante parole l’osservazione comparata delle foto dei siti di estrazione e dei loro recuperi successivi rendono bene l’idea di come si lavora e si progetta la nostra attività, nel rispetto delle normative vigenti e soprattutto del nostro territorio. Per l’attuale concessione il riambientamento è in corso ed il progetto prevede che a completamento vengano piantumate anche porzioni a bosco, porzioni a vigneto, porzioni ad oliveto, oltre che campi e prati.

Nuovo sfruttamento di oltre 32 ettari per altri 20 anni
Attenzione a quanto si afferma soprattutto con numeri complessivi che fanno perdere il valore del dettaglio. In particolare, va precisato che a fronte dei 70 ettari appunto complessivi le estensioni effettivamente interessate dalle attività estrattive sono molto minori. Ciò perché le ulteriori superfici richieste che eccedono quelle dedicate all’estrazioni sono necessarie per completare e proseguire le fasi logistiche utili al ripristino. Il Piano Cave della Regione Umbria risultava fermo dal 2005, a seguito dell’approvazione della L.R. 2/2000. L’autorizzazione in essere (ereditata dalla SECE SpA) risultava ancora rilasciata sull’iter iniziato con la precedente normativa, e pertanto non era stata mai oggetto di “accertamento di giacimento”.

Trascorsi quasi vent’anni dalla definizione del PRAE (Piano regionale attività estrattive), la Regione Umbria nel 2019 ha ritenuto di dover sbloccare il piano cave riconoscendo la possibilità di richiedere ampliamenti per cave già in essere. Nel presentare il nuovo progetto di ampliamento della Cava “La Spicca” si è dovuto tuttavia interamente ricomprendere l’area di cava della vecchia autorizzazione in quanto priva dell’accertamento di giacimento. L’accertamento di giacimento non è di per se un’autorizzazione all’escavazione, ma un procedimento di individuazione di aree che possono essere interessate da attività estrattive, da autorizzare poi sulla base di un progetto da approvare a seguito di PAUR.

L’accertamento di giacimento presentato riguarda quindi una più ampia area, suddivisa in due stralci funzionali che devono essere autonomamente e consecutivamente autorizzati a seguito di specifico progetto di escavazione e recupero ambientale. L’area interessata dall’accertamento di giacimento ricomprende anche zone non oggetto di escavazione ma solo destinate a deposito temporaneo di terreno vegetale o di “ricucitura” morfologica con la zona di cava. Per la precisione le superfici interessate dall’accertamento di giacimento sono le seguenti:

– Area vecchia autorizzazione circa ha. 38;

– Area ampliamento (stralcio 1) circa ha. 15 (di cui soggetti ad estrazione circa ha. 12);

– Area ampliamento (stralcio 2) circa ha. 18 (di cui soggetti ad estrazione circa ha. 14).

Si rappresenta inoltre come nel PRG del Comune di Orvieto previgente all’accertamento di giacimento, parte dei terreni erano già da tempo individuati nella macroarea estrattiva delle risorse geominerarie, e che per tali tavole l’ampliamento è stato di circa ha. 8 per il primo stralcio e ha. 14 per il secondo stralcio.

Inquinamento acustico e vibrazioni
Le attività svolte sono sempre nel rispetto delle normative vigenti e sotto stretto monitoraggio delle autorità competenti (Regione, Provincia, Comune, ASL, ARPA, AFOR, PS, etc.). Comunque, sono situazioni derivanti dalla presenza di una attività industriale da molto tempo presente sul posto ed i cui impianti continueranno ad avere un futuro indipendentemente dall’attività estrattiva (risultando per PRG in zona industriale).

Una nuova “ferita” assolutamente da evitare
Il progetto di riambientamento prevede il recupero morfologico e delle originarie coltivazioni, mentre l’attività di cava ha finanziato e finanzia in modo sostanziale l’attività agricola ancora oggi esistente, garantendo la continuazione di una delle storiche aziende vitivinicole dell’Orvietano. Per quanto riguarda, invece, il vincolo richiesto sul casale all’interno della proprietà dell’Azienda Agricola Le Velette, ci preme ribadire che la valenza storica del casale a nostro parere è tutta da dimostrare, e ci chiediamo come mai solo oggi la Soprintendenza abbia preso questa iniziativa dopo non aver sollevato eccezioni nelle vecchie autorizzazioni (facendo avanzare la cava sino al limite del casale) e nemmeno nei recenti procedimenti di accertamento di giacimento e di verifica di VAS.

E’ di tutta evidenza che il vincolo è stato posto strumentalmente (senza peraltro, a quanto ci risulta, un sopralluogo ed un contraddittorio con la proprietà interessata) su iniziativa di qualche soggetto il cui unico obiettivo è quello di arrestare l’attività di cava senza porsi in alcun modo il problema dei riflessi economici sul territorio e del futuro del nostro lavoro e delle nostre famiglie. Invece per quanto riguarda le preoccupazioni circa la presenza di siti archeologici di valore, è bene precisare che i ritrovamenti e gli studi archeologici, questi sono frutto del normale svolgimento dell’attività estrattiva nel rispetto delle prescrizioni impartite ed in totale collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria a cui è stato dato pieno supporto.

Piano Cave del 2005 e assenza della Vas
L’iter procedimentale si è svolto nel pieno rispetto delle norme vigenti i cui iter tengono debitamente conto delle esigenze di tutela ambientale. La particolare normativa regionale che non prevedeva la verifica di VAS in via anticipata rispetto all’accertamento di giacimento è stata modificata “in corsa” dalla Regione Umbria costringendo la società istante ad espletarla successivamente prima dell’avvio del procedimento di PAUR (attualmente in corso). Questo non dipende in alcun modo dall’iniziativa di parte privata che si è sempre adoperata per il pieno rispetto di norme e regolamenti.

Piano regolatore approvato con una maggioranza risicata
Ci stupisce il singolare metodo di conteggiare, da parte del Comitato “Amici del Botto”, tra i contrari anche gli astenuti e gli assenti (!). Per la precisione si ricorda l’esito della votazione: favorevoli 8, contrari 1, astenuti 3. Se le decisioni non fossero prese a maggioranza non sarebbero mai prese. Per fortuna che esiste una maggioranza per nulla risicata, e bisognerebbe imparare a rispettarla anche quando non se ne fa parte.

Consideriamo anche le vicende giudiziarie…
Questa è materia per chi le indagine le deve fare, la magistratura, e non materia per noi dipendenti e soprattutto per chi la vuole strumentalizzare simili argomenti.

Proprietà Cava “La Spicca” maggioranza estera e poco valore per il territorio
Chi vi parla non è parte della proprietà bensì parte dell’impresa e soprattutto il valore tangibile di un lavoro prezioso per il nostro territorio, ci sembra invece che per gli amici del Botto rappresentiamo un dettaglio insignificante.

Soluzione alternative al basalto
Con il Covid tutti sono diventati virologi e adesso basta un Comitato per diventare esperti di materiali e via discorrendo. Siamo pronti ad ogni confronto anche tecnico ma soprattutto siamo fermi nello stroncare pericolose inesattezze o pressappochismi. Per quanto a nostra conoscenza non esistono nell’ambito ferroviario (massicciata ferroviaria di 1° categoria, indispensabile per l’alta velocità) e stradale (asfalti drenanti, in particolar modo per autostrade ed aeroporti), così come per i conglomerati cementizi ad alta resistenza (tra cui le traversine ferroviarie, in particolar modo quelle per l’alta velocità). Esistono studi per un eventuale limitato uso delle scorie delle acciaierie, che non crediamo si possano definire “altri materiali non inquinanti”. Peraltro, la forte riduzione della produzione di acciaio in Italia negli ultimi decenni farebbe sì che detti materiali verrebbero importati dall’estero con il duplice risultato di portare ricchezza fuori dal paese per importare sostanzialmente rifiuti (da smaltire a cielo aperto!).

Evitare la distruzione di un territorio vocato al turismo e al paesaggio
La particolare configurazione della Cava oggi non la rende visibile dall’esterno nemmeno dalle immediate vicinanze (se non sorvolandola) e quindi l’impatto paesaggistico risulta ridotto al massimo. Per il resto vale quanto dettagliato in precedenza. Ci si dimentica poi che i turisti in Italia come in tutto il Mondo si spostano e si muovono grazie alle infrastrutture di collegamento principali che fanno la fortuna dei siti a vocazione turistico-ricettiva. Si parla di strade, aeroporti e ferrovie dove il Basalto è tra i materiali più utilizzati.




Per il Dantedì 2022 Unitre presenta “Le parole che tiscrissi” il 28 marzo alle 10 al Palazzo del Popolo

In occasione del Dantedì 2022 che conclude le celebrazioni del settimo centenario della morte di Dante Alighieri (1321), l’Unitre di Orvieto promuove l’appuntamento culturale dal titolo Dantedì – Le parole che ti scrissi. L’incontro si terrà Lunedì 28 marzo dalle ore 10, presso la Sala dei Quattrocento del Palazzo del Popolo, con il patrocinio del Comune di Orvieto, il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e Scuola Comunale di Musica “Adriano Casasole” di Orvieto ed il supporto di Engineering Digital Solutions.  L’appuntamento, rivolto a docenti e studenti delle Scuole Superiori della città e ai soci Unitre  – per questi ultimi sono previsti trenta posti da assegnare su prenotazione entro domenica 27 marzo, chiamando il 338.7323884 – sarà aperto dai saluti del sindaco e assessore alla cultura, Roberta Tardani; seguiranno gli interventi dei relatori: Fioralba Salani, Franco Raimondo Barbabella, Donato Catamo e  Raffaele Davanzo. Introduce e coordina il Vice Presidente Unitre, Alberto Romizi.

Dopo i numerosi e favorevoli consensi ricevuti lo scorso anno dall’evento in versione virtuale “questa volta il ‘Dantedì – Le parole che ti scrissi’ si offre entrando attraverso porte segrete e diverse rispetto all’incipit universalmente noto: ‘Nel mezzo del cammin…’. Porte nascoste, forse appena intraviste prima – afferma il Presidente Unitre, M° Riccardo Cambri – per aprirle occorreranno chiavi speciali, sepolte dalla sabbia del tempo, che i nostri relatori, con certosino lavoro da archeologi della lingua, riporteranno alla luce. Parole d’arcano significato, usate da Dante come introduzione al suo immaginario ultraterreno. Parole distratte e perdute, abbandonate dal comune parlare e per questo ancora più pregne di carisma e significato. Il Dantedì 2022 prevede un omaggio a sorpresa, dedicato particolarmente a tutti gli studenti”.Istituita nel 2020 dal Consiglio dei Ministri, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri si svolge il 25 marzo, data che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia. Nell’edizione 2021, celebrativa del settimo centenario della morte del Sommo Poeta, il Dantedì ha fatto registrare un’ampia adesione di Enti, Scuole e Istituzioni culturali che, in Italia e nel mondo hanno ricordato il genio di Dante ed approfondito il suo pensiero e l’attualità della sua poetica.




Progetto da finanziare con il Pnrr dell’antico orto di San Giovenale presentato dal Comune di Orvieto

Il Comune di Orvieto ha presentato un progetto di recupero e riqualificazione dell’antico orto di San Giovenale per rendere maggiormente fruibile ai cittadini e ai turisti una delle più belle aree verdi del centro storico di Orvieto. E’ la proposta presentata per partecipare al bando del Ministero della Cultura che, nell’ambito del PNRR, finanzia gli interventi di restauro e la valorizzazione di parchi e giardini storici. Il progetto di fattibilità tecnico-economica predisposto dall’Ufficio Patrimonio Storico-Monumentale prevede un investimento complessivo di circa 423mila euro di cui 356mila finanziabili con i fondi Pnrr e la restante parte con risorse di bilancio

L’intervento consiste nella completa riqualificazione del giardino storico di San Giovenale attraverso una riedizione e rivisitazione del vecchio orto con percorsi pavimentati in tufososte di meditazione in acciaio corten e legno, un “hortus” con vasche in acciaio corten destinate alla coltivazione di essenze edibili, un “herbularius” con piante officinali e arbusti ornamentali, piantumazioni di roseti e alberi autoctoni da frutto. Si prevede inoltre il restauro delle caverne scavate nel masso tufaceo, la realizzazione di un impianto di illuminazione ad alta efficienza energetica, la messa in sicurezza di recinzioni e l’ampliamento dei cancelli d’ingresso e dei percorsi di fruizione nonché sistemi di allarme e di videosorveglianza a tutela del sito.

“ Il bando del Ministero della Cultura finanziato con fondi Pnrr – spiega il vicesindaco con delega a patrimonio e urbanistica, Mario Angelo Mazzi – rappresenta un’occasione per riqualificare uno dei giardini più belli e suggestivi della città come sollecitato in passato anche da associazioni e cittadini. L’obiettivo non è soltanto recuperare un’area dalla valenza storica, nel cuore del quartiere medievale e a ridosso della chiesa più antica di Orvieto, ma metterla pienamente a disposizione dei residenti e dei turisti anche per lo svolgimento di iniziative, eventi culturali e manifestazioni già tradizionalmente ospitate nel parco. Non secondario è poi il miglioramento dei parametri ambientali. L’intervento prediligerà infatti la salvaguardia delle specie autoctone e di pregio presenti, il reinserimento di essenze presenti storicamente e riconducibili direttamente all’uso che si è fatto nei secoli di quel luogo, il recupero degli elementi architettonici naturalistici, un’illuminazione a basso voltaggio e ad alto rendimento ambientale. Un lavoro che si prefigge di migliorare tutti gli standard di sicurezza, fruizione e accessibilità con il coinvolgimento dei residenti per raggiungere il più elevato beneficio per la comunità”. 




Basalto La Spicca: non meno di 50 milioni il contributo economico al territorio in 6 anni

La nostra inchiesta sul rischio chiusura della cava in concessione alla Basalto La Spicca prosegue tra consensi e critiche legittime. Difronte alle rimostranze di un Comitato di residenti appena costituitosi e l’azione di denuncia e atti legali portati avanti da alcune associazioni di tutela ambientale, abbiamo così voluto raccogliere le preoccupazioni e le istanze di chi in quella cava ci lavora. Da giorni cerchiamo di contattare la proprietà che si nega alle nostre richieste. Evidentemente gli azionisti preferiscono far parlare gli atti formali. Prendiamo atto di questa loro scelta, pur non condividendola, e così nel voler comunque valutare l’impresa da un punto di vista tecnico, ci siamo rivolti a chi ne ha studiato recentemente le performance economiche. Abbiamo chiesto a Matteo Tonelli, curatore dell’Osservatorio permanente sulle prime 20 imprese di capitali dell’Area interna stilato da Cittadinanza Territorio Sviluppo di anticiparci gli esiti dell’aggiornamento 2020 relativamente a Basalto la Spicca S.p.A. e di inquadrarci storicamente questa realtà estrattiva.

Tonelli l’attuale gestione della cava con la società Basalto La Spicca da dove origina?

Il complesso delle attività industriali di trasformazione e di quelle estrattive è stato rilevato nel 2014 dall’attuale compagine azionaria per 900mila euro dal Concordato preventivo della SECE S.p.A., società della famiglia Fiaschi, che lo aveva gestito dagli anni ’70 anche se la cava era già preesistente.

Basalto La Spicca è stata inserita nella vostra classifica 2019 delle prime 20 imprese dell’Area interna Sud-Ovest Orvietano. Nell’aggiornamento 2020 quali sono le performance e soprattutto dove si colloca l’impresa nella nuova classifica?

Non posso certo anticiparle la classifica anzi tempo soprattutto perché sarà a breve pubblicato l’aggiornamento con tutti i dati. Posso però confermarle che se nel 2019 l’impresa estrattiva si era posizionata al 20° posto, per il 2020 i risultati sono migliorati e di conseguenza anche il suo posizionamento all’interno della classifica. Basalto La Spicca, in molti dei parametri considerati nell’analisi, è una tra le poche imprese in controtendenza rispetto ad un andamento che si manifesta complessivamente in calo nell’anno 2020. I ricavi aumentano dell’11,3% così come le retribuzioni del 10,5% e anche il Margine operativo lordo è aumentato del 2,4%.

Nel suo complesso da un punto di vista eminentemente tecnico e basato sui dati di bilancio come valuta la gestione dell’impresa?

Il bilancio della società evidenzia complessivamente una gestione virtuosa e attenta, oltre che alla valorizzazione del lavoro, anche alle corrette dinamiche finanziarie ed al consolidamento patrimoniale della società. Infatti gli utili vengono in buona parte e precisamente per circa il 55% destinati ad aumento del patrimonio aziendale e solo per una parte, circa il 45%, percepiti come dividendo dagli azionisti.

Proprio ieri nel comunicato diramato dal neocostituito Comitato Amici del Botto si è fatto cenno rispetto ad un controllo societario straniero addirittura Extra-UE. Un fatto per cui, a loro dire,  “poco… – farebbe apportare dall’impresa – …a questo territorio in termini di benefici economici”. A questo punto sarebbe interessante sapere chi sono i soci e se è concreto questo rischio non meglio precisato di mancato apporto di valore denunciato dal Comitato.

La compagine azionaria è presto detta e da quanto risulta nel camerale depositato al Registro imprese: 60% Jean Luc Steinhauslin, 20% Corrado Bottai e un altro 20% in mano a Raffaele Rook. Nella visura si possono vedere i dati relativi ai soci e agli amministratori. Per cui posso affermare che il socio maggioritario e coamministratore, Steinhauslin, è sì nato a Ginevra con cittadinanza svizzera ma risiede a Firenze con codice fiscale italiano. Ragion per cui è facilmente presumibile che sia un contribuente italiano. Chiariamo anche che non esistono schermature della proprietà dato che le azioni sono direttamente riferite a persone fisiche.  Per il resto è difficile comprendere la preoccupazione esternata dal Comitato relativamente al valore della società e al contributo che apporterebbe al territorio. A scanso di equivoci è bene chiarire che una cosa è la tassazione dei dividendi percepiti dai soci, altro è la tassazione degli utili dell’impresa. Nel caso di Basalto La Spicca l’impresa è di diritto italiano con sede ad Orvieto e di conseguenza paga le tasse in Italia e sul territorio dato che l’Irap è un’imposta regionale. Allo stesso modo per quanto attiene le imposte comunali che sono riferite al comune di Orvieto. L’utile ante imposte dichiarato nel 2020 è pari a 565mila euro e le imposte versate, al netto di quelle comunali, sono pari a 99mila euro. 

E’ così riassumibile in questi dati tutto l’apporto al territorio?

Direi proprio di no. Se invece si vuole effettivamente valutare il peso economico e quindi il valore che l’impresa apporta al territorio dove opera, non bisogna solo guardare agli utili e alla relativa tassazione quanto al valore e alla qualità degli investimenti fatti che rientrano nel patrimonio aziendale e che sono fisicamente allocati sul territorio. Oltre agli investimenti poi vanno considerati la forza lavoro e i fornitori di servizi. Basalto La Spicca in 6 anni di attività ha investito 3,9 milioni, tutti finanziati con capitale proprio. Più precisamente per 2 milioni con denaro versato dai soci e per il resto da utili reinvestiti nella società e che i soci hanno deciso di non incassare. Sul fronte dei dipendenti e dei fornitori locali, che costituiscono l’indotto diretto, la società ogni anno redistribuisce non meno di 3 milioni. Questo indotto, da un punto di vista economico, è un prezioso moltiplicatore del valore economico sul territorio.

Cosa intende esattamente per moltiplicatore economico?

Guardi è molto semplice, questi tre milioni sono risorse che restano e rientrano nel ciclo economico del Territorio attraverso ulteriori stipendi erogati dalle aziende fornitrici di Basalto La Spicca e quindi il complessivo degli stipendi, diretti e indiretti, che alimentano i consumi sul territorio.

In estrema sintesi tra tasse, investimenti e costi sostenuti per i dipendenti e i fornitori locali Basalto La Spicca nei 6 anni riferibili alla nuova gestione quanto valore ha redistribuito ad Orvieto?

Ho cercato di dare riferimenti oggettivi che con la dovuta approssimazione possono far ipotizzare con ragionevole fondatezza un effetto moltiplicatore di non meno di 50milioni di euro.

Scarica il pdf dell’Osservatorio permanente sulle prime 20 imprese di capitali dell’Area interna sud ovest orvietano 2019 a cura di Cittadinanza Territorio Sviluppo




Michelangeli closing – Michelangeli chiude!

I poster con i simboli delle corporazioni delle arti e dei mestieri orvietane che coprono le vetrine della bottega Michelangeli sono un po’ come quelle tendine di pizzo che fanno intravedere qualcosa della casa che si trova dall’altra parte del vetro: non si capisce veramente cosa stia accadendo all’interno, è un vedo non vedo. E credo che gli Orvietani ancora non l’abbiano in effetti capito, altrimenti come spiegare il silenzio (anche delle istituzioni) che è seguito alla notizia, strisciante al punto da non essere presa per vera, che Michelangeli chiude. La retorica del pezzo di storia che se ne va, delle tradizioni che non sono tutelate, l’eventuale “buco” nel tessuto cittadino di un punto di riferimento come quello della bottega, sono tutte considerazioni che lascio ad altri. Quello che mi ha colpito è che un’americana più Orvietana di tanti Orvietani, Erika Pauli Bizzarri, abbia saputo concentrare in alcune sue righe quello che potrebbe essere il pensiero di tutti. Riprendo e traduco, al meglio ma di certo con una resa inferiore, il testo apparso nel suo blog (erikabizzarriorvieto.com).      Voglio credere che ci sia in tutti la forte speranza che qualcuno possa riprendere le redini della bottega e quelle dei cavalli di legno che rimangono a far la guardia al vicolo, con le panche che accolgono ancora le terga stanche dei turisti e degli Orvietani.

Un grazie alla famiglia Michelangeli ci starebbe proprio bene!

 

Michelangeli Closing

C’era una volta un uomo e c’era una volta una bottega ed un vicolo che ne portava il nome. Se si parlava di Michelangeli si parlava di Orvieto e se si parlava di Orvieto nella mente di molti c’era Michelangeli, di norma Gualverio, ultimo di una dinastia di artigiani.

Secoli or sono l’imperatore Diocleziano decretò che i figli dovevano seguire le orme dei padri. Questo accadeva appunto secoli fa ma sembrava ancora naturale che i figli seguissero la tradizione dei padri. Gualverio era cresciuto con l’odore della segatura del legno, ne aveva imparato i segreti e come lavorarlo da suo padre, il quale a sua volta l’aveva imparato dal suo di padre, e questi, ancora prima, dal suo. C’erano anche diversi zii in famiglia e tutti potevano, in qualche maniera, far risalire le proprie origini a Michele, un artigiano nato nel 1789, quando l’Italia non era nemmeno stata unificata.

Gualverio aveva un modo tutto suo di lavorare il legno rispetto a quello dei suoi predecessori, gli piaceva in particolare scoprire la natura nascosta delle fibre, la loro anima. Anche se il suo laboratorio continuava a produrre mobili, Gualverio sembrava in un certo senso essere rimasto bambino e creava un intero serraglio in grado di divertire sia i bambini che gli adulti. Quando venne a mancare  – e non sarebbe stato ancora il suo tempo – il suo spirito venne catturato nell’epitaffio che si volle sulla sua tomba.

Verranno e lo ricorderanno come un mago buono,



abile come pochi a costruire sogni,



frammenti di sole, gioia e di poesia.



Tra le solide mura spugnose di Orvieto

I piccoli animaletti di Gualverio erano regali perfetti per i bambini nati da poco. Con la complicità di un assortimento di piccole rane ho scritto una storia per questi bambini.

C’era una volta – le storie iniziano sempre così – c’era una volta, ma non tanto tempo fa, una città nata su una rupe. Come la nostra.

La maggior parte delle case erano molto piccole e costruite in tufo, ed il tufo aveva visto nascere bambini che erano poi divenuti madri e padri a loro volta e poi nonne e nonni. In questa città le persone erano tranquille. Amavano guardare le nuvole che passavano e si gonfiavano e vedere la luce del sole giocare con le colline vicine. Aspettavano il ritorno delle rondini ogni primavera ed il cambiare dei campi dal verde al giallo dorato del grano. Sapevano che Ottobre significava uva – e pure castagne, quelle che venivano arrostite sul fuoco fino a farne la buccia nera ma sempre dolci nella polpa.

Ora, in questa città, viveva un uomo che aveva tre figlie – amava le sue figlie e amava gli animali. Così un giorno decise di fare dei gatti per loro in modo che potessero fargli compagnia. E poi fece dei cani – e pure dei leoni – ed alcune rane – dimmi che animale vuoi ed io te lo faccio.

Di giorno questi animali facevano credere a tutti di essere fatti di legno, ma di notte, quando nessuno li vedeva, iniziavano a raccontarsi storie su quello che avevano visto durante il giorno. I gatti in effetti non è che dicessero molto – i gatti non sono come i cani e stanno sul suo. Anche le civette erano, per l’appunto, vecchie civette sagge che stavano abbarbicate ai loro trespoli o su rami e quanto più vedevano tanto meno parlavano, e tanto meno parlavano e tanto più ascoltavano, diventando sempre più sagge. Ma c’era anche la famiglia delle rane che faceva un baccano infernale – e credetemi loro non gracidavano – questo è quello che gli adulti vi diranno riguardo alle rane, che gracidano – loro cinguettavano, e fischiavano e trillavano e borbottavano. Tu lo sai fare? Prova e fammi sentire.

Saltellavano in giro per vedere cosa gli altri stessero facendo – saltavano in groppa al cane per essere scarrozzate gratis, giocavano col gatto che provava a prenderle ma senza speranza. C’erano rane grosse e rane piccole, rane verdi e rane marroni. Ed un giorno una coppia di rane saltò in una sfera di plastica e volò dall’altra parte dell’oceano (avrebbero potuto anche nuotare ma ci sarebbe voluto molto più tempo).

Dopo poco arrivarono in una casa a Baltimora dove c’era una bambina di nome Charlotte. Le rane sperarono che lei capisse che potevano essere i suoi amici speciali e a loro lei piacque così tanto che invitarono fratelli e sorelle – alla fine Charlotte scoprì di avere un’intera famiglia di rane, che le faceva compagnia quando mamma e papà avevano i loro problemi da risolvere – e Charlotte era contenta e rideva ed allora anche mamma e papà, dimenticandosi dei loro problemi, ridevano con lei: si poteva quasi toccare quell’aura di felicità che emanava da persona a persona fino a formare una grande famiglia felice, una famiglia che rideva con le rane. Ed è così che Gualverio avrebbe voluto che noi lo ricordassimo. Ora i tempi cambiano, la bottega chiude, Orvieto non sarà più la stessa.