Il Comitato del Botto rischia di far fare il Botto. A chi? Alla politica orvietana e all’economia dell’orvietano.

L’economia orvietana è in crisi e tutto è certificato da alcune chiusure eccellenti, il default di Vetrya e altri segnali che vengono da settori importanti per il territorio.  Dal default Vetrya sono nate due nuove realtà ma il saldo netto occupazionale è passivo di circa 50 unità; la pandemia ha bloccato il turismo in uno stop&go insostenibile e ora la guerra rischia di dare il colpo finale a alcune realtà; il mercato immobiliare commerciale è fermo, fatte salve alcune novità, anche per il mantenimento dei prezzi delle locazioni piuttosto alti e sparametrati con la realtà finanziaria e economica attuale.  

Poi ci sono altri quattro indicatori che volgono al brutto e cioè la crisi della principale banca del territorio, che ha tagliato alcune importanti filiali e che, così come avviene nell’intero comparto, nelle operazioni relative al risanamento già in atto e con buoni risultati, potrebbe andare a toccare anche i lavoratori; la sanità pubblica ospedaliera che viene lentamente depotenziata in un’agonia che rischia di seguire la stessa strada di altri servizi pubblici, come per esempio il Tribunale, che poi porta alla chiusura totale o quasi; stiamo assistendo a un calo demografico che ormai è decennale, salvo qualche piccola fiammata fatua, che impoverisce ulteriormente il territorio; i servizi ferroviari si sono rarefatti e rallentati andando a colpire una fascia di popolazioni numerosa, quella dei pendolari, che vede la propria qualità di vita peggiorata negli ultimi cinque anni in particolare.  Infine, c’è la stretta attualità, la guerra, con un futuro economico certamente non roseo e che un territorio come il nostro già provato e fragile potrebbe non riuscire a sostenere.

In una situazione così da tempesta perfetta arriva il solito comitato del “no” a tutto, questa volta in cachemire, animato soprattutto da pochi ma “pesanti” proprietari di casali dell’ultima ora e peraltro non-residenti, che vuole bloccare lo sviluppo di un’attività estrattiva, quella di “Basalto La Spicca” sull’onda di non ben specificati timori. Risulta ad OrvietoLife, anche se l’azienda da noi contattata si è trincerata dietro un glaciale e infastidito “no comment”, che tra i dipendenti serpeggi più di qualche timore rispetto alla possibile chiusura del sito estrattivo. La cava è lì da circa mezzo secolo, ha sempre operato in quell’area e ora il rischio concreto è che 20 famiglie, quelle dei dipendenti, rimangano senza lavoro. Tutto ciò poi senza contare l’indotto che potrebbe coinvolgere anche i dipendenti dell’Azienda Agricola Le Velette, collegata e in sinergia con la proprietà del sito estrattivo e le imprese orvietane del trasporto del materiale. Un indotto di altri 45/50 dipendenti e relative famiglie

E’ vero, non fa piacere avere due/tre botti a settimana ma sono realtà, lo ribadiamo, da mezzo secolo.  In una situazione di crisi e di guerra, con l’edilizia che sta provando a ripartire fra mille difficoltà, c’è chi preferirebbe vedere aumentare i costi per le forniture dei materiali per quali motivi?  Forse per aumentare i valori di terreni e immobili nell’area?  E intanto le famiglie dei lavoratori? E le infrastrutture produttive? Che fine dovrebbero fare?  

Se il Turismo, con le sue numerose micro realtà produttive, soffre il commercio non sta certo meglio e in questa situazione il territorio non può che fare appello all’Agricoltura e all’Industria. La prima è seriamente messa a rischio dall’ondata dei rincari e la seconda nel nostro territorio non brilla certo per presenza. Eppure c’è chi ancora ritiene sacrificabile il territorio e soprattutto la sua forza produttiva fatta di Imprese e lavoratori. L’Italia ha pagato un caro prezzo ai mille “Comitati del no” e oggi se ne vedono i risultati drammatici. L’assurdo poi, nel caso specifico, è che a dover essere sacrificata sia una realtà produttiva tutt’altro che in crisi e che rispetto alle altre imprese paga retribuzioni maggiori di quelle pagate in media ad Orvieto e nell’intera Area interna (Dati di Infocamere su rielaborazione di Cittadinanza Territorio Sviluppo). Infatti se la retribuzione media nell’Area interna è pari a 35mila euro e ad Orvieto 40mila, la retribuzione media pagata da Basalto La Spicca è pari a 51mila euro. Ad averle aziende così, capaci di ridistribuire ricchezza e garantire lavoro in momenti storicamente così difficili. L’impresa si colloca tra le prime 20 dell’Area interna Sud-Ovest orvietano e tra le prime 5 imprese per Margine Operativo Lordo.

Alle domande che ci siamo posti deve rispondere la politica che fino a oggi è stata piuttosto timida e che rischia di vedersi esplodere nelle mani una nuova crisi occupazionale che il territorio non può permettersi assolutamente in un momento storico così complesso e tempestoso. 




Il 25 marzo ISAO presenta, “le affinità tra Italia e Slovacchia”, all’Auditorium della Fondazione CRO

Venerdì 25 marzo 2022, alla Sala Auditorium di Palazzo Coelli, sede della Fondazione CRO, Lamberto Ferranti, studioso di storia e letteratura ceco-slovacca, terrà una conferenza dal titolo: L’Umbria come culla della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca. La Legione ceco-slovacca del 1918.

Alla base di questo interessantissimo episodio della Prima Guerra Mondiale c’è l’evidenza di quanta affinità legasse l’Italia alla Boemia – Moravia e alla Slovacchia: se non altro, entrambe le popolazioni si sentivano oppresse dal comune “padrone” asburgico. E infatti Lamberto Ferranti metterà in evidenza come l’Italia, nella Prima Guerra Mondiale, riuscì a costituire con i prigionieri cechi e slovacchi una Legione (nel Bollettino della Vittoria è citata come Divisione), che ricevette la sua bandiera nel maggio del 1918, quindi sei mesi prima che il nuovo Stato cecoslovacco vedesse ufficialmente la luce! L’Umbria, e specialmente la città di Foligno dove furono addestrate quelle forze armate, ebbe una notevole parte in questa rinascita nazionale. Infatti l’azione degli esponenti politici sia italiani, sia cechi e slovacchi, verso la fine della Prima Guerra Mondiale si stava facendo sempre più pressante per l’impiego di quanti, nei campi di prigionia, erano pronti ad impegnarsi, combattendo per il riscatto e la liberazione della loro patria. Nell’aprile del 1918, finalmente, il governo italiano fece affluire migliaia di prigionieri nell’Umbria, dove venne costituita una divisione, spesso definita anche legione. Che era forte di circa 10.000 uomini, con parte dei quadri e degli specialisti italiani, e composta da due brigate. A Roma il 24 maggio 1918, sul Campidoglio, furono consegnate le prime bandiere ai legionari, tutti in divisa da alpino ma con mostrine bianco-rosse e, sul cappello, il falco al posto dell’aquila. A metà giugno, sul Piave, un primo battaglione schierato sulla linea del fronte superava brillantemente la prova del fuoco nella battaglia di Fossalta di Piave, nonostante la forca o il plotone di esecuzione che attendevano i legionari caduti prigionieri: e se ne verificarono non pochi casi, simmetrici a quelli degli italiani Cesare Battisti e Fabio Filzi. La Legione fu poi anche impiegata sul fronte trentino, nella zona del monte Baldo, nella battaglia di Dosso Alto sulle pendici del Monte Altissimo di Nago, e nelle Battaglie dei Tre Monti, sull’altopiano di Asiago. Un importantissimo riconoscimento all’importanza dell’iniziativa è stato il conferimento del Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Slovacca in Italia e dell’Istituto Slovacco a Roma.

Lamberto Ferranti farà dono agli intervenuti alla conferenza di un suo bel libro sull’argomento: L’onore di un uomo è la sua libertà. La Legione ceco-slovacca dall’Umbria a Praga e Bratislava, Perugia, Morlacchi, 2019. Ringraziamo di cuore il Presidente della  Commissione Amministratrice della Fondazione per il Museo Claudio Faina, Daniele Di Loreto, della preziosa segnalazione della possibilità di organizzare questa conferenza.  

Per motivi di contenimento della corrente epidemia, nella Sala Auditorium della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto non saranno ammesse più di 60 persone (si raccomanda pertanto la puntualità!), munite di Green Pass rafforzato e di mascherina FFP2.




A1, traffico rallentato per incidente che ha coinvolto un TIR a 9 km da Orvieto in direzione nord

Intorno alle 4 di mattina del 23 marzo un incidente sulla A1 in direzione Firenze ha allertato i soccorsi. Un auto articolato, per cause che sono in corso di accertamento da parte della polizia stradale, 9 km prima della stazione di Orvieto ha sbandato ponendosi di traverso sulla carreggiata.

Sul luogo dell’incidente sono intervenuti polizia stradale, vigili del fuoco e i mezzi di soccorso del 118 per verificare le condizioni del conducente del camion che è rimasto illeso. Secondo quanto riferito dai vigili del fuoco dal veicolo incidentato c’è stata anche un perdita di gasolio e sono scattate immediatamente le operazioni di messa in sicurezza che hanno causato rallentamenti in entrambe le direzioni di marcia. Per garantire la massima sicurezza durante le operazioni di recupero del mezzo incidentato, la polizia stradale ha proceduto a brevi chiusure totali. autostrade per l’Italia comunica che il traffico è rallentato ma è aperta una corsia per ogni senso di marcia in attesa che vengano completate da parte del personale della società le operazioni di ripristino delle corsie di marcia e da parte della polstrada dei rilievi di rito per comprendere le cause dell’accaduto.