Vetrya: Sagrafena e Tomassini se la cantano e se la suonano. Al Tribunale Fallimentare di Terni l’ardua sentenza

Piano piano la breve ma intensa storia del default di Vetrya comincia ad assumere contorni più definiti e anche, se uniti tra loro come i punti ideali di una pista cifrata, utili spunti per studiare e comprendere, per chi dovrà e vorrà farlo, cosa sia realmente accaduto. Il tutto restituendo così il giusto rilievo per un’azienda così importante e blasonata, per i numerosi riconoscimenti internazionali e anche e soprattutto per il prestigioso riconoscimento di Cavaliere del Lavoro attribuito al suo fondatore, Luca Tomassini.

I dati congelati dalla messa in liquidazione e dall’ultimo accordo sindacale sono: circa 39,5 milioni di debiti consolidati nel 2020, 30 esuberi che si aggiungono ai 17 tecnici dimissionari e un futuro incerto per chi ha deciso di proseguire, più o meno una cinquantina di dipendenti. Per chi, come investitori, risparmiatori e fornitori, si trovano accomunati dai debiti accumulati sin qui da Vetrya la sorte dipenderà unicamente dall’esito della liquidazione e del concordato preventivo appena depositato. Per i dipendenti licenziati ci saranno gli ammortizzatori sociali e si spera un rapido reinserimento nel mondo del lavoro. C’è da dire che se un gruppo di dipendenti ha anticipato la sua uscita ricollocandosi altrove, magari anche a condizioni lavorative migliori, altrettanti hanno comunque deciso di restare e continuare a dare fiducia al Cavaliere del lavoro Tomassini e a sua moglie, Katia Sagrafena, neonominato liquidatore del Gruppo.

Prima di affrontare il nodo gordiano del Concordato preventivo presentato da Tomassini&Co., è necessario fissare alcuni fatti di questa breve storia imprenditoriale soprannominata la Google Italiana.

Il tracollo del Gruppo Vetrya si consuma in due anni, 2019 e 2020 ma manager, politica e molta stampa se ne accorgono solo nel 2021. I numeri, come si dice, sono rivelatori e nel caso di Vetrya debbono rimanere più che mai il punto fermo di ogni analisi lasciando poi spazio a legittimi commenti o interrogativi.

La società Vetrya S.p.A. alla fine del 2019 e quindi prima della crisi determinata dalla Pandemia Covid-19, brucia in un solo anno tutti gli utili sin lì accumulati dal 2016 al 2018, totalizzando 6,8 milioni di perdite. Se ciò non fosse stato sufficiente ad allarmare manager, organi di controllo e osservatori più o meno interessati quanto distratti (sindacati, politici e stampa finanziaria, generalista e locale) sicuramente non poteva passare inosservato il dato preoccupante dei ricavi che letteralmente crollano, passando da circa 60 milioni a poco più di 29. Parallelamente cresce anche l’indebitamento passato da 39 a 41 milioni. Una situazione a dir poco disastrosa che a fronte di un crollo verticale del fatturato vede i debiti crescere e non diminuire. Fin qui, salvo alcune eccezioni, tutto tace. Nel 2020 il tracollo è conclamato con una perdita di 14,7 milioni, ricavi ulteriormente ridotti dai precedenti 29 a poco meno di 24 e debiti ormai consolidati da 41 a 39 milioni di euro.

E’ giusto rammentare che proprio all’inizio del 2019, nell’ambito dell’applicazione del nuovo codice della crisi d’impresa, era appena entrato in vigore il nuovo articolo 2086 del Codice Civile con cui l’imprenditore “ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile… in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa… nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione degli strumenti… per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. L’imprenditore Tomassini, il suo management e gli organi di controllo si attiveranno molto tardivamente e di certo “la natura e la dimensione” aziendale non potevano far mancare questa attenzione per di più in una impresa quotata in Borsa seppure in un mercato di nicchia come l’AIM. Se quindi l’imprenditore poteva essere “distratto” dalle dinamiche della vision aziendale, almeno i suoi manager e organi di controllo dovevano segnalare l’evidente crisi e attivarsi affinché l’imprenditore prendesse i provvedimenti necessari a sventare nel 2019 il concreto rischio di una crisi aziendale poi drammaticamente avveratasi nel 2021.

Sarà solo Ernst&Young in qualità di società di revisione incaricata a segnalare nel bilancio 2020 “dubbi significativi sulla capacità della società di continuare ad operare come un’entità in funzionamento”. Successivamente nel 2021 sarà invece il nominated adviser, EnVent Capital Markets, a dimettersi lamentando “la violazione dei doveri informativi della società nei confronti del nominated adviser”. A questo punto il piglio imprenditoriale del tandem Sagrafena-Tomassini, dall’ottobre del 2021 si risveglia con grande solerzia e il 17 ottobre partecipa alla costituzione di Quibyt srl, l’11 novembre mette in liquidazione Vetrya e nomina liquidatore la signora Sagrafena, socia e consigliere di amministrazione della Holding di controllo, il 17 novembre partecipa alla costituzione di Agic Cloud Srl e il 7 dicembre deposita l’istanza di concordato preventivo con la quale propone un affitto dei due rami di azienda residui del patrimonio Vetrya alle due Newco, Quibyt e Agic Cloud, ciascuna ad un canone di 500,00 euro mese e con una proposta di acquisto per euro 500.000,00 ciascuna e quindi per complessivi 1 milione di euro. Il tutto con una locazione dei locali per 3,5 euro al mq.

Il nodo gordiano che gli organi della procedura concorsuale nominati (commissario giudiziale e ufficio fallimentare del Tribunale di Terni) è presto detto: fermo restando che la procedura attivata dall’istanza presentata da Sagrafena e Tomassini è per definizione finalizzata alla tutela dell’attivo patrimoniale a garanzia dei creditori, è legittimo chiedersi come l’offerta di un milione possa essere considerata in linea con un indebitamento consolidato di circa 40 milioni. In sostanza il tandem Sagrafena-Tomassini propone un decimo del valore degli asset che loro stessi hanno attribuito nell’ultimo bilancio approvato del 2020.

Una domanda e considerazione finale emerge su tutto: se a fronte dei cospicui investimenti fatti negli ultimi anni nell’ordine di alcune decine di milioni oggi viene proposto un valore di acquisto di un solo milione, ci si può chiedere se questi investimenti siano stati sovrastimanti all’acquisto o enormemente sottostimati in fase di proposta concordataria. Inoltre, a sollevare più di qualche dubbio di opportunità è il fatto che una simile proposta sia poi circoscritta, di fatto, alle stesse persone, Sagrafena e Tomassini, che ricoprono ruoli decisionali rilevanti sia in Vetrya in liquidazione che nelle due NewCo che si propongono per l’acquisto dei rami di azienda.

Adesso a decidere sulla proposta di affitto e successivo acquisto dei due rami di azienda, dovrà essere il Tribunale Fallimentare di Terni che, visto quanto appena descritto, non avrà un compito semplice, soprattutto in considerazione del fatto che, il tandem Sagrafena & Tomassini ha chiesto di pronunciarsi entro il 20 gennaio.  Una decisione gravosa e foriera di effetti non marginali da prendere in poco più di 40 giorni, senza considerare che di mezzo ci sono state le festività di fine anno e senza conoscere il contenuto e i termini della proposta di concordato per cui sono stati già concessi 120 giorni dal deposito, come prevede la legge. Ardua sentenza perché il Tribunale dovrebbe decidere, praticamente, a scatola chiusa.




Francesco Notazio, Bar Montanucci, “il rispetto delle regole viene prima di tutto, basta con voci e pettegolezzi”

La pandemia è un fatto reale, il rischio di contagio è altrettanto reale e l’unica strada percorribile, a oggi, è la vaccinazione senza se e senza ma.  C’è poi il pettegolezzo cattivo, quello che…non si sa mai ma meglio evitare.  Del gossip di provincia le vittime preferite sono persone con qualche notorietà o attività importanti.  E’ questo il caso del Bar Montanucci oggetto di “si dice…”, “sembra che…”.  Francesco Notazio, proprietario dell’attività storica del centro storico, ha deciso di replicare e di presentare la realtà dei fatti, senza infingimenti a tutela del nome e soprattutto della clientela.

Andiamo con ordine, le voci che circolano sono chiare, Montanucci ha violato le regole sulla quarantena.  Che cosa è successo?

Queste voci diffamano la nostra correttezza e per evitare ulteriore fango provo a fare chiarezza e, carte alla mano, sono pronto al confronto con chiunque. I fatti sono semplicissimi.  Un addetto alla cucina, regolarmente vaccinato e in attesa della terza dose già prenotata per gennaio, il 24 dicembre si sottopone a test in farmacia risultando negativo, come il resto della famiglia, visto che la madre aveva una forte bronchite.  Il 26 dicembre la bronchite colpisce anche il nostro dipendente che torna a fare un nuovo tampone e questa volta esce positivo.

A questo punto vi siete attivati per seguire la normativa?

Sono stati sicuramente momenti di grande tensione e comunque certo, abbiamo seguito alla lettera quella che prevedeva il protocollo.  Il 27 dicembre è entrata in vigore la norma per cui non c’era bisogno di un molecolare di controllo, che comunque era stato effettuato il giorno precedente.  Dal 27 è partita la quarantena anche se in cuor nostro speravamo in un falso positivo.  In autonomia abbiamo proceduto a isolare i contatti diretti all’interno dell’azienda chiedendo loro di sottoporsi a quarantena, abbiamo chiuso la cucina e sanificato tutti gli ambienti dove aveva operato l’addetto positivo. 

Ma non eravate già in piena operatività per il 31 dicembre?

Certamente, avevamo già realizzato molte preparazioni del cenone del 31 dicembre.  Con la catena del freddo avremmo dovuto solo rigenerarle.  Il 26 avevamo già più di una trentina di prenotazioni.

E che decisione ha preso?

Ho scelto di disdire le prenotazioni telefonando a tutti i clienti, anche a chi aveva prenotato per l’asporto.  Ho anche chiesto alla band già bloccata per San Silvestro di trovare un altro ingaggio e che avrei comunque onorato l’impegno di spesa, visto che per noi la parola data è fondamentale, nel caso in cui fossero rimasti “liberi”.  Così poi è stato.  Sono venuti a suonare nonostante non avessimo più il cenone.

Ma torniamo ai fatti.  Come si è proceduto con la cucina vista il caso di positività riscontrato?

In pratica non ha mai chiuso il reparto visto che è un ambiente totalmente indipendente.  Un altro addetto alla cucina era già in quarantena perché di ritorno dall’Albania e sarebbe dovuto tornare in servizio proprio il 27, previo tampone negativo, in vista di UJW.  Voglio chiarire, poi, che la pasticceria opera in un ambiente totalmente separato dalla cucina e con orari diversi di lavoro.

Qual è stata la politica aziendale sulla prevenzione covid in particolare durante le festività?

Siamo stati molto scrupolosi e anche personalmente ho iniziato a sottopormi a test dal 23 dicembre con regolarità.

E i dipendenti?

Anche i miei dipendenti hanno seguito la stessa linea di condotta e mi sono sempre adeguato in maniera prudenziale alle norme in vigore. Tutti indossano mascherina ffp2 proprio per limitare ogni eventuale rischio.  Ovviamente siamo rigidi anche nei controlli verso la clientela e a Natale la Guardia di Finanza ha controllato la presenza nel locale di persone munite di green pass e il 30 dicembre abbiamo avuto il controllo da parte dei NAS e, questo lo sottolineo con forza, se siamo aperti significa che abbiamo operato e operiamo nel rispetto delle regole.  Per quanto riguarda, poi, la presenza di no-vax fra i miei dipendenti, perché anche questa è un’altra voce malevola che circola, facciamo chiarezza.  Io ho la terza dose fissata per il prossimo 21 gennaio e è vero, ho alcuni dipendenti che non hanno intenzione di vaccinarsi, una minoranza e non per questo intendo licenziarli, non amo le discriminazioni di alcun genere.  Non condivido la loro scelte ma le rispetto e, sia chiaro, non vi rinuncio per i comportamenti scorretti perpetrati contro chi non la pensa come me.  Per lavorare fanno tutto quello che è previsto dalla legge, quindi il tampone ogni 48 ore e nel caso in cui il governo dovesse prendere decisioni più drastiche sono pronto, come sempre, a rispettarle.  Magari non le condivido alcune scelte, ma non sta a me giudicare, io devo solo applicarle a tutela mia, dei miei dipendenti e dei clienti che quando entrano al Bar Montanucci devono sentirsi in un luogo sicuro e accogliente.




Pd di Orvieto, “capriole sui rifiuti”

Un nuovo mega inceneritore e la riprofilatura (che suona meglio di ampliamento) di tre discariche, tra cui quella Orvietana. Questo ha partorito, dopo due anni di discussioni, la Giunta Tesei. Questa la prospettiva delineata per la nostra Regione e per il nostro territorio, in cui l’assenza di visione, di programmazione, di lungimiranza e di consapevolezza va tristemente a braccetto con le contraddizioni e le “capriole” dell’Amministrazione cittadina.

Il Sindaco non ha più alibi e ha la grande responsabilità di far valere in Regione, con determinazione e senza cercare scappatoie, le istanze di un territorio che, in materia di rifiuti, ha già dato”. Questo sentenziava dai banchi dell’opposizione l’allora Consigliera, oggi Sindaco, Tardani. E proseguiva, depositando una mozione di sfiducia al Sindaco, motivata dalla considerazione che: “La mancanza di autorevolezza del Sindaco ci ha messo in una condizione di assoluta debolezza nei confronti della Regione“.   Era un’altra Giunta Regionale e un altro Sindaco. Il grande vigore della Consigliera di ieri, spesso urlato agitando striscioni di  protesta, ha lasciato spazio al timido auspicio del Sindaco di oggi per cui sostanzialmente “l’ampliamento della discarica è un’eventualità da evitare”. Tutto qui.

Funamboliche capriole giungono anche dalla Lega, che tra Orvieto e Perugia, riesce ad essere contemporaneamente pro e contro gli inceneritori, che riesce ad essere contemporaneamente pro e contro l’ampliamento della discarica, che riesce ad essere contemporaneamente al governo ed all’opposizione di se stessa. Il dato restituisce oggi tutta la dimensione vuota e strumentale della demagogia di ieri, un esercizio pericoloso quando va a braccetto con la totale assenza di programmazione, essenziale garantire a questo territorio tutele, investimenti e sostenibilità.

Prendiamo tristemente atto che non vi è alcun concreto impegno nella realizzazione del modello di economia circolare coerente con la programmazione europea; nessuna prospettiva di  progressiva dismissione delle discariche e messa al bando di inceneritori che bruciano rifiuti altrimenti riciclabili, nessuna prospettiva di realizzazione della gerarchia virtuosa del ciclo dei rifiuti (riduzione di quantità e pericolosità, riutilizzo, riciclaggio e compostaggio, recupero energetico); nessun investimento funzionale alla realizzazione di una filiera industriale del riciclo per una sana e sostenibile economia circolare; nessun intervento sugli  impianti di trattamento meccanico-biologico funzionali ad un’efficienza e una capacità tale da ridurre al massimo il conferimento in discarica; nessun progetto di potenziamento dei piccoli impianti di smaltimento, isole ecologiche, diffusi centri di recupero e riuso dei RAE e di altri rifiuti altrimenti destinati all’indifferenziata.

Nessun orizzonte per consegnare alle generazioni future un territorio tutelato, sano e stabile dal punto di vista economico. Nulla se non la promessa vuota di importare il modello Copenaghen, famigerato per essersi rivelato un colossale fiasco tecnico e finanziario, un investimento che mina il piano climatico della città e che i cittadini danesi pagheranno per 30 anni con rifiuti importati. Questo ci propone la Giunta Tesei, tra le goffe contraddizioni della sua Lega ed l’imbarazzante placet della Sindaca Tardani.

Partito Democratico di Orvieto – Gruppo Consiliare Partito Democratico Orvieto




Cinquantenario del Liceo Scientifico Ettore Majorana, rinviata l’iniziativa del 14 gennaio

Abbiamo annunciato che nel 2022 corre il cinquantenario dell’autonomia del Liceo Majorana. È certamente un’occasione celebrativa del ruolo importante che questa scuola ha svolto e continuerà a svolgere nel nostro territorio, ma è anche un’occasione per riflettere sia sulle basi culturali e pedagogiche che sulle strategie educative, didattiche e organizzative, al fine di rendere il servizio scolastico il più possibile adeguato alle esigenze formative dei giovani.

Abbiamo per questo elaborato un denso programma di iniziative, di cui abbiamo dato notizia stampa nei giorni scorsi. La prima avrebbe dovuto svolgersi il prossimo venerdì 14 gennaio sul tema “Il pensiero critico, missione formativa e responsabilità civica”, una riflessione sul ruolo della cultura filosofico-scientifica nelle strategie formative di oggi a partire dal libro del prof. Franco Raimondo Barbabella appunto sull’origine e la funzione del pensiero critico.

Abbiamo deciso di rinviare a tempi migliori questo appuntamento in considerazione delle difficoltà che oggettivamente pone la diffusione dell’infezione da Covid-19 per la partecipazione ad una attività di questo tipo. Crediamo che questo sia un atto di responsabilità e di rispetto per le persone invitate e anche l’indicazione di un modo di lavorare attento alla gestione di tutto ciò che è scuola e gira intorno alla scuola.

Perciò, mentre il servizio scolastico va avanti nel più rigoroso rispetto delle condizioni di sicurezza, sospendiamo momentaneamente ciò che può essere fatto in condizioni ottimali in altro momento, certi che i direttamente interessati e la comunità comprenderanno le ragioni di questa decisione.

Il Dirigente Scolastico

Prof.ssa Lorella Monichini